Il futuro del cinema francese si chiama Soko. Sì, in realtà lei si chiama Stéphanie Sokolinski, ha 31 anni ed è nata a Bordeaux. È la promessa più lucente – insieme a Pierre Deladonchamps de Lo sconosciuto del lago – di quella nuova generazioni di attori cresciuti a pane e Fémis, la prestigiosa scuola parigina, o di solida formazione accademica, segnalati in primis dai premi César.
Soko nasce da un’ideuzza in camera da letto rivelatasi il Vello d’Oro: un video fatto col cellulare in cui canta I’ll Kill Her in cui, al momento giusto, svela che la musica arriva da dietro, dove c’è un ragazzo che suona la chitarra. Il successivo First Love Never Dies ha superato i 5 milioni di visualizzazioni: il successo, ça va sans dire.
Noi l’abbiamo scoperta in un piccolo film francese che si chiama Voir du Pays in cui interpreta una soldatessa butch che si ritrova in un resort per depressurizzare dopo una missione in guerra ma non riesce a elaborare un trauma legato all’ambiente militare e a relazionarsi correttamente, in particolare, con una collega: lei è bravissima, il film ignorato.
Adesso Soko è in sala protagonista di un biopic ben fatto e appassionato, Io danzerò di Stephanie Di Giusto, distribuito da I Wonder Pictures. È la storia di una ballerina francese omosessuale, Marie-Louise Fuller detta Loïe, adorata dai fratelli Lumière, da Rodin e Toulouse-Lautrec. Loïe si esibiva con coperte e nastri lunghissimi di seta, inventando balli e coreografie affascinanti attraverso l’ipnotica e celebre ‘serpentine dance’. L’incontro con Isadora Duncan le cambierà la vita (Lily-Rose Depp, figlia di Johnny Depp, è brava ma ha volto ed espressione troppo ‘contemporanee’ per essere credibile). una scena in particolare, che non vi riveliamo, dimostrerebbe un’intimità anche fisica tra le due artiste.
Soko fa parlare di sé soprattutto per una storia d’amore con Kristen Stewart durata però pochi mesi e rilanciata da dichiarazioni d’amore e foto romantiche su Instagram. Lei però è fluida: “L’amore non ha sesso” ha dichiarato a Vanity Fair.
“Loïe Fuller era omosessuale ma ci tenevo a non renderlo il tema principale del film – spiega la regista -. Louis D’Orsay è un personaggio commovente, una sorta di vittima sacrificale. L’ho un po’ ‘tradita’: il mio primo tradimento è stato darle un padre francese: essendo sicura fin dall’inizio di volere Soko nella parte di Loïe, ho pensato che fosse assurdo farle fingere un accento americano, perciò suo padre è diventato un cercatore d’oro, uno dei pionieri francesi che andarono a cercare fortuna in Nevada.
Mi piaceva anche l’idea che Loïe lasciasse gli Stati Uniti per fuggire da una situazione violenta, per cui ho peggiorato la relazione tra lei e la madre, trasformando quest’ultima in un membro del Mothers, un movimento proibizionista che risulta essere anche il primo movimento femminista in America.
Inoltre, mi sono presa la libertà di inventare il personaggio di Louis Dorsay, interpretato da Gaspar Ulliel (Yves Saint Laurent nell’omonimo biopic di Gaspard Ulliel, n.d.r.), per compensare la preponderanza di personaggi femminili”.
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