Anche il cinema rispecchia una realtà ormai assodata: l’outing femminile fa ancora più scandalo e paura di quello maschile. Nell’operina disinvoltamente rock Non pensarci del vignolese Gianni Zanasi, il protagonista Stefano Nardini (Valerio Mastandrea, azzeccatissimo) è un pigro chitarrista che ha avuto in passato un periodo di celebrità ma adesso fatica a farsi produrre il nuovo disco e quando sorprende la fidanzata a letto con un collega si sente improvvisamente smarrito. Decide quindi di andare a trovare la sua famiglia a Rimini, dove vivono, insieme ai genitori, il fratello Alberto (Giuseppe Battiston) che lavora nell’azienda di famiglia specializzata nella produzione di ciliegie sotto spirito, e la sorella Michela (Anita Caprioli), solitaria ammaestratrice di delfini. Non avendola mai vista con un ragazzo e sapendo che vive con una sua amica, Stefano si convince che Michela sia lesbica e lo rivela a mamma e papà: apriti cielo.
Seguono imbarazzi e preoccupazioni, silenzi carichi di apprensione ingiustificata e infine un surreale discorso stracolmo di classici luoghi comuni – ma tragicamente ricorrenti – quali «Per noi sarai sempre la nostra Michela», «Questo non cambia nulla», eccetera. Peccato che la più basita sia proprio lei, eterosessuale convinta, e inferocita col fratello per aver fatto circolare in famiglia questa informazione assolutamente inventata.
Ma i problemi di famiglia sono ben altri, ossia la fabbrica dei Nardini a rischio fallimento, presa di mira da banche e sindacati, triste situazione a rischio di collasso economico da tenere però nascosta a papà Walter (Teco Celio) reduce da infarto.
Altro spunto gay del film, il personaggio dell’amico depresso Luciano detto "Matrix" (Luciano Scarpa), che riserva un’accoglienza estremamente calorosa e sguardi carichi di appassionato fervore nei confronti del ritrovato Stefano.
Non pensarci parte molto bene e ritrae con accuratezza e dialoghi fulminanti la vita di provincia apparentemente serena e ovattata che cova invece un’infinità di magagne, svelate con ironia dal ribelle scafato, ruolo che calza a Mastandrea come un guanto.
Poi, nel secondo tempo, si accumulano i quadretti isolati che rischiano di esaurirsi nell’esiguità dello sketch e non tutti i nodi vengono al pettine (la sottotrama della squillo interpretata da Caterina Murino resta sospesa) rischiando così di affondare nella "carineria" consolatoria gli spunti più graffianti disseminati all’inizio. Ma il cast è ben oliato, la recitazione adeguata e ben scelta risulta la selezione musicale della robusta colonna sonora: tra i più incisivi, il compianto Ivan Graziani con l’immortale "Agnese dolce Agnese", "London Crawling" cantata dai Rialto, "February Lullaby" dei Les Fauves.
Si può vedere.
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