Avete letto l’articolo sul gruppo Marc e Parinya che raccoglie omosessuali che praticano le discipline da combattimento?
Bene. Tra i fondatori del gruppo, dicevamo, c’è Diana, milanese, specialista in psicologia. Diana è transessuale non operata, da uomo a donna, e pratica il pugilato. E’ anche autrice del libricino "Transessualismo e transgender – oltre il pregiudizio" della casa editrice "Il dito e la luna".
Come ti sei avvicinata alla boxe?
Fin dalla prima infanzia sono stata sempre visceralmente appassionata di boxe. Mi attirava il confronto con i pugni sul ring come moderno torneo cavalleresco, mi affascinavano i rituali ed il folclore della boxe, mi attraevano feticisticamente gli accessori (guantoni, calzoncini…) del pugilato. Mi disgustavano per contro la truculenza e la violenza corrente di quello sport. Giunta a Milano, nell’attesa di inziare il percorso transessuale, ho deciso di togliermi la soddisfazione di praticare finalmente a livello amatoriale, questa attività in un contesto da cui fossero bandite violenza, truculenza e danni fisici. L’attesa in realtà fu più lunga del previsto per cui ho boxato a lungo, con assiduità, continuità ed entusiasmo, sotto la guida e l’insegnamento di Franco Festucci, già campione euripeo dei peso gallo ed allora ottimo tecnico ed insegnante. Iniziato il percorso transessuale, ho abbandonato la boxe che, allora, mi appariva inconciliabile con la mia nuova identità. Ho rimosso la cosa e mi sono dedicata al judo, che mi appariva, invece, conciliabile con la mia nuova identità femminile. Sono diventata cintura nera, come donna, malgrado non fossi operata, e da anni ho una mia palestra per sole donne. Solo da poco ho potuto riscoprire l’antica vocazione negata e rimossa, e riprendere ad esercitarmi nella boxe ed a salire sul ring, e questa volta – quando me lo consentono – come donna.
Cosa comporta per una donna esrcitare la boxe?
Recentemente l’introduzione nell’uso di speciali guantoni omologati per donna, voluminosi, leggeri e soffici, che non producono né danno né dolore, ha consentito l’avvio delle donne verso la pratica della boxe, anche e soprattutto nelle palestre più esclusive. Se la boxe tradizionale è uno sport per sottoproletari, la boxe femminile si presenta ora come l’attività top per donne anticonformiste, assertive, propositive. Lo sport per eccellenza per donne in carriera, professioniste, artiste. Si è scoperto che fare a pugni piace non solo agli unomini, ma, a certe condizioni, anche e soprattutto alle donne.
Esitono gare di boxe femminile?
La boxe femminile non esiste in forma agonistica (se non in una formula molto intelligente, la "fit-boxing", particolarmente studiata per la personalità femminile in corso di elaborazione da parte della Federazione Italiana Pugilato) ma solo sotto forma di "esibizioni arbitrate". Non essendo io stata operata mi sono state fatte numerose riserve circa la mia partecipazione a questa attività. Mi ero offerta di partecipare agli Gay Eurogames 2000 di Zurigo ma il comitato (gay) organizzatore mi ha diplomaticamente risposto che avrei partecipato nella categoria corrspondete al genere dei miei documenti. Naturalmente non ho partecipato perchè, lo si vede dalle foto, sarei diventata un caso. Non mi pare proprio che io sia più riproponibile come pugilatore. Arcitrans, di cui sono esponente, voleva aprire con il comitato organizzatore un contenzioso a questo proposito.
E così hai aderito al gruppo Marc e Parinya…
Ho aderito al Gruppo Mark e Parinya dopo la mia scoperta di Nong Toom, quella transessuale thailandese che è stata pugilatore professionista con il nome di Parinya Kiatbusaba e che le ultime volte è salita sul ring ormai come già donna. Come sai sto cercando anche altre transessuali che pratichino il pugilato anche perchè l’argomento mi interessa non solo come pugilatrice ma anche come psicologa ed insegnante di autodifesa femminile. Alcune, che praticano arti marziali, comunque, le ho trovate e siamo divenute amiche.
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