Con 19 sì e 3 no il consiglio comunale di Palermo ha approvato oggi l’istituzione del registro delle unioni civili, aperto anche alle coppie omosessuali. Il testo, presentato da una rappresentanza trasversale dei consiglieri palermitani, è stato osteggiato, tra gli altri, dal vicepresidente del consiglio Oliveri che per convincere i colleghi a votare contro si è appellato alla Bibbia leggendo passi della Genesi in aula. Ma la citazione non è servita a cambiare la posizione degli altri consiglieri che si sono espressi a favore.
Primi firmatari del testo approvato, i consiglieri Stefania Munafò (ex Pdl, ora gruppo misto) e Fabrizio Ferrandelli (Idv) che si sono ispirati ad un altro testo, quello proposto alla Regione da Pino Apprendi (Pd). Alla versione finale del testo hanno contribuito gli emendamenti dei consiglieri Ninni Terminelli (Pd) e Antonella Monastra (Un’Altra Storia, movimento fondato da Rita Borsellino).
"Si tratta di un passo importante – dice Daniela Tomasino, presidente di Arcigay Palermo – , del riconoscimento del fatto che in città esiste una minoranza numerosa che non resta in silenzio, che reclama attenzione e diritti.Otto anni fa una mozione molto simile è stata respinta; ma oggi, anche grazie a due Pride che hanno visto una grandiosa partecipazione, il clima in città e nel Consiglio comunale è molto diverso". "Quello che ci auguriamo, però – continua la nota dell’associazione -, è che questo sia solo un primo passo verso una reale parità di dignità e diritti. La semplice istituzione del registro delle unioni civili, infatti, non è sufficiente, perché non cambia in alcun modo la vita quotidiana delle persone trans, lesbiche, gay e bisessuali della città. Per garantire un cambiamento profondo occorre che associazioni e istituzioni lavorino insieme in maniera più stretta di quanto non abbiano fatto fino ad oggi".
"Serve un centro di accoglienza per le persone trans – conclude Tomasino -, che spesso vengono cacciate da casa e si trovano senza mezzi per strada; servono percorsi contro le discriminazioni e il bullismo; servono percorsi di integrazione; servono, lo ribadiamo con forza, pari diritti e opportunità per tutti, indipendentemente da genere e orientamento sessuale".
Qualche rimostranza, invece, arriva dall’Associazione Articolo Tre, soprattutto per il metodo con cui il testo è nato ed è stato approvato.
Carlo Verri, presidente dell’associazione infatti, se da una parte dice che “fa piacere che qualche rappresentante delle istituzioni si faccia carico di questi ‘problemi’", dall’altra aggiunge che "non conosco il documento e questo fa riflettere. Non posso che essere critico nei confronti di un metodo che ormai sia a livello comunale che regionale, esclude le associazioni Lgbtq dal dialogo e dal confronto su strumenti come questo".
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