Dago, l’eroe macho che non conosce l’omosessualità

Nel suo peregrinare per l'Europa, l'Africa e il Nuovo Mondo ha incontrato personaggi di ogni genere, compresi Michelangelo e Benvenuto Ciellini: tutti sciupafemmine. Colpa del target o degli editori?

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Se siete appassionati di fumetti probabilmente vi sarà capitato di notare quelli di Dago, che in diverse forme sono presenti nelle edicole italiane fin dal 1983. Dago è il soprannome di Cesare Renzi: un nobile veneziano del sedicesimo secolo a cui viene massacrata la famiglia per sete di potere. La sua vita cambia radicalmente e, dopo la schiavitù nell’impero ottomano, impara a sopravvivere come guerriero e avventuriero girovagando in un mondo sempre in guerra, aiutando i più deboli e cercando di riportare la giustizia dove ogni speranza sembra perduta. Le sue avventure spaziano dall’Europa (spesso è in Italia) all’Africa, arrivando anche nel Nuovo Mondo. Questo bel fumetto, con un’ambientazione ricostruita nei minimi dettagli, è stato ideato dallo sceneggiatore paraguayano Robin Wood per il mercato argentino nel 1981, e qualche anno dopo è arrivato in Italia grazie all’Eura Editoriale.

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Nel nostro paese questo personaggio ha avuto un’insolita fortuna: attualmente esce a puntate sulle riviste Lanciostory e Skorpio e ha due serie monografiche che raccolgono le sue avventure, senza contare le ristampe di lusso. Ne parliamo qui perchè gli albi che raccolgono la serie ufficiale di Dago hanno appena superato quota cento, e forse vale la pena analizzare come questo fumetto dai risvolti storici ha affrontato il discorso omosessualità o, per meglio dire, come è stato capace di non affrontarlo. Innanzitutto bisogna precisare che non è un fumetto sessuofobo e castigato: i personaggi hanno una vita sessuale decisamente esplicita, e lo stesso protagonista è alquanto disinibito nei suoi rapporti con le donne. Il punto è che, dal 1981 a oggi, l’approccio di questo fumetto all’omosessualità è stato sempre molto machista e piuttosto opinabile: fin dall’inizio, ad esempio, i personaggi maschili con tratti e atteggiamenti effemminati sono sempre stati viziosi e malvagi, mentre fra gli amici dell’eroe non è mai comparso nessuno con tendenze omosessuali (effemminato o meno).

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La cosa davvero curiosa è che Dago si è imbattuto anche in personaggi storici sulla cui omosessualità ci sono pochi dubbi: dal grande Michelangelo Buonarroti allo scultore Benvenuto Cellini (che venne anche accusato formalmente di sodomia nel 1546), che però in questo fumetto sono stati presentati come grandi amanti del sesso femminile (se non come veri e propri donnaioli). Forse perchè, se si fosse accennato alla cosa, il loro ruolo di amici del protagonista avrebbe fatto sorgere dei dubbi sulla sua virilità? Certo è che in tante peregrinazioni per tutto il mondo del sedicesimo secolo Dago non si è mai imbattuto in relazioni omosessuali, nemmeno quando si è trovato per lungo tempo in ambienti esclusivamente maschili. Inoltre, altro dato non proprio irrilevante, nessun maschio si è mai fatto avanti con lui, nonostante sia un bellissimo uomo e nonostante in diverse occasioni sarebbe stato possibile approfittarsi di lui.

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In poche parole ci troviamo di fronte a un fumetto che, nonostante la sua grande qualità, non si è mai fatto problemi a sacrificare la verosimiglianza storica in nome di una buona dose di machismo latino, cosa peraltro comprensibile se si considera che era concepito per il mercato argentino. La cosa ironica è che, dopo la crisi economica del 2001, l’editore che pubblicava Dago in Argentina ha chiuso i battenti e gli autori hanno proseguito le sue avventure in esclusiva per il mercato italiano! Il che significa che tutte le recenti aperture dell’Argentina nei confronti dell’omosessualità (matrimonio gay compreso) non si rifletteranno certo nelle pagine di Dago, visto che ora è concepito in funzione di un paese (l’Italia) in cui il clima generale è quello che è, e in cui gli editori dei fumetti da edicola (come l’Editoriale Aurea, che pubblica Dago oggi) stanno ben attenti a non toccare troppo certi temi. Un vero peccato, anche perchè Dago si muove in un contesto storico che offrirebbe molti spunti interessanti in questo senso, e potrebbe contribuire anche a diffondere una certa cultura storica sull’argomento. D’altra parte sperare in qualche bella sorpresa, magari entro i prossimi cento numeri, non costa nulla.

di Valeriano Elfodiluce

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