I politici italiani sono i più omofobi d’Europa, lo dice l’UE

Un sondaggio svolto dall'Unione Europea rivela che l'Italia è maglia nera in omofobia.

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I nostri politici sono i più omofobi d’Europa e l’Italia è, insieme alla Grecia, il paese meno friendly del nucleo storico dei paesi fondatori dell’UE. A dirlo non sono le associazioni lgbt italiane (che pure avrebbero tutti gli elementi per farlo), ma un sondaggio svolto dall’Unione Europea su un campione di 93 mila persone lgbt maggiorenni residenti nei paesi membri e pubblicato oggi da L’Espresso.
Il quadro che ne viene fuori è tanto desolante quanto prevedibile, per il Bel Paese, rimasto fanalino di coda sotto ogni punto di vista se si parla di diritti civili. (selezionando le diverse opzioni di ogni tabella è possible vedere le percentuali specifiche)

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I dati del sondaggio evidenziano quello che la comunità lgbt denuncia da tempo e che è il tema caldo del momento: le prime discriminazioni, quelle che rischiano di segnare per sempre la vita delle persone, iniziano a scuola. Il 75% dei ragazzi omosessuali maschi nasconde il proprio orientamento sessuale a tutti, durante il periodo della scuola, solo il 22% lo vive apertamente con persone selezionate e solo il 3% non ne fa mistero con nessuno.
Superano l’Italia (ovvero contano percentuali più alte di ragazzi che si nascondono del tutto), la Lituania, la Lettonia, la Grecia, la Romania, la Bulgaria e Cipro. Sono solo le persone transi, invece, che in Italia vivono più apertamente che nel resto d’Europa. Le cose vanno un po’ meglio per le ragazze tra le quali la percentuale di chi si nasconde del tutto scende al 55%, mentre quella di chi si dichiara con qualcuno arriva al 39% e si arriva al 6% tra le lesbiche in età scolare che manifestano apertamente l’orientamento sessuale.
In totale, comunque, solo il 5% dei giovani lgbt europei vive apertamente il proprio orientamento sessuale e la propria identità di genere.
Il quadro cambia se si analizzano i dati sul mondo del lavoro. In questo caso, il 46% dei gay italiani parla del proprio orientamento con una parte delle persone che conosce, mentre il 18% lo rivela a tutti e il 36% non ne parla con nessuno. Le percentuali sono simili (ma migliori) per le lesbiche tra le quali il 51% rivela la propria omosessualità ad alcune persone e il 14% a tutti, mentre sono il 35% quelle che lo tengono nascosto. L’elenco dei paesi che superano l’Italia nella percentuale di coloro che si nascondo da tutti, è lo stesso di prima.

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Ma è sull’omofobia della classe politica che l’Italia conquista il peggior primato possibile, seconda solo alla Lituania. Il 91% degli intervistati, infatti, dichiara che i politici di casa nostra usi parole discriminatorie e omofobe abitualmente nel proprio linguaggio, contro il 44% della media europea. Anche in questo caso, le percentuali si abbassano vertiginosamente nei paesi occidentali fino al 9% di Olanda e Danimarca, mentre restano alte (non come in Italia) tra i paesi dell’Est.
Un discorso analogo vale per il linguaggio omofobo usato mediamente dalla popolazione. Secondo il 79% del campione intervistato, infatti, le persone usano in pubblico espressioni di odio e avversione contro le persone lgbt, contro una media UE del 59%, mentre per il 96% sono frequenti le battute allusive nella vita quotidiana (media UE dell’82%) e il 69% parla di aggressioni e molestie (media UE del 38%).

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L’Italia, inoltre, si piazza al primo posto nella classifica dei paesi che discriminano di più. Per il 53% delle persone nel nostro paese c’è una discriminazione molto diffusa contro l’orientamento sessuale, mentre il 39% ritiene che sia abbastanza diffusa, solo il 7% molto rara e appena l’1% molto rara. Le percentuali scendono se si parla di identità di genere (rispettivamente 18%, 46%, 25% e 6%).

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Il timore di aggressioni e minacce, infine, influenza molto il modo di comportarsi in pubblico delle persone lgbt.
Tra i 18 e i 24 anni, il 72% degli italiani evita di tenersi per mano, il 49% di frequentare luoghi pubblici e il 43% di parlare del proprio orientamento sessuale in alcuni luoghi, percentuali che variano di poco con l’aumentare dell’età.

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In ultimo, vale la pena riportare anche la mappa contenuta nei risultati del sondaggio condotto dall’UE che fa il quadro dell’evoluzione dell’Europa nei diritti delle persone lgbt dal 1998 ad oggi, soprattutto per quanto riguarda matrimonio, unioni civili e adozioni.
Nell’anno preso come inizio del percorso, solo la Spagna, la Francia, il Belgio, l’Olanda, la Danimarca e la Svezia prevedevano le unioni civili per le persone dello stesso sesso, senza adozioni. Nel corso degli ultimi quattordici anni le cose sono cambiate. Adesso, com’è noto, non solo questi paesi prevedono la possibilità per gay e lesbiche di sposarsi e adottare bambini, ma ad essi si sono aggiunti altri stati. Niente, invece, in un decennio e mezzo è cambiato in Italia e in Grecia, oltre che nei paesi del’ex blocco sovietico dove vige il divieto costituzionale di riconoscere le unioni gay.
Risulta evidente come, sebbene le sole leggi non siano sufficienti a sconfiggere ogni forma di discriminazione, l’odio e l’avversione nei confronti di gay, lesbiche bisessuali e transgender sia molto minore nei paesi in cui negli anni si sono riconosciuti e affermati i diritti delle persone lgbt, dalle unioni, al matrimonio fino alle adozioni, oltre che nei paesi che hanno riconosciuto come un crimine il cosiddetto hate speech (i discorsi di odio) e una specificità nel reato di omofobia.

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