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Egitto, persone LGBT scovate via app, perseguitate e torturate, video shock della BBC – VIDEO

I poliziotti abbordavano via chat persone LGBT per poi arrestarle.

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In Egitto l’omosessualità non è ufficialmente un reato, ma grazie alla legge n. 10 del 1961, detta “legge sulla depravazione”, le persone omosessuali sono perseguibili sulla base di comportamenti ritenuti depravati. Sono previste pene come lavori forzati e carcere fino a 17 anni. Di fatto, le persone omosessuali sono sottoposte a un costante stato di discriminazione all’interno delle famiglie e nella società, subiscono vessazioni e sono frequentemente obbligate a sottoporsi a terapie riparative.

È opinione diffusa presso gli osservatori occidentali che la polizia egiziana dia la caccia online alle persone omosessuali, per “stanarle” mediante il monitoraggio delle app di incontri. In queste ore la rete pubblica britannica BBC News ha rilasciato un video-inchiesta che inchioda le autorità egiziane ad atti di violenza e tortura verso membri della comunità LGBTQIA+ e svela le prove di una vera e propria persecuzione.

“Sono cresciuto in Egitto e conosco la pervasiva omofobia che permea tutta la società egiziana – scrive l’autore dell’inchiesta per BBC, Ahmed Shihab-Eldinora – ma gli amici mi dicono che l’atmosfera è diventata molto più brutale e le tecniche per rintracciare le persone LGBT sono più sofisticate.”

Secondo il giornalista della BBC, la polizia utilizza la “legge sulla depravazione” per criminalizzare le persone LGBT. Gli agenti simulano la ricerca di un incontro online, così da ottenere prove che inchiodino le persone alle proprie “responsabilità”.

L’inchiesta riporta in particolare una conversazione avuta tra un agente di polizia sotto copertura e qualcuno che utilizza il social network e l’app di appuntamenti WhosHere.

Il poliziotto egiziano esplicitamente cerca di convincere una persona a vedersi dal vivo: quella stessa persona è stata successivamente arrestata.

Poliziotto: Hai mai dormito con uomini prima?

Utente: Sì

Poliziotto: Che ne dici di incontrarci?

Utente: ma vivo con mamma e papà

Poliziotto: Dai car*, non essere timid*, possiamo vederci in pubblico e poi andare a casa mia.

È piuttosto complicato per le persone LGBT egiziane incontrarsi in pubblico. Quindi le app di incontri sono vitali per la comunità queer. Ma le dating app, indipendentemente dall’orientamento, sono vietate perché, sulla base della famosa legge sulla depravazione, incitano alla dissolutezza e alla mancanza di moralità.

 

L’inchiesta della BBC ha rivelato che persino gli stranieri che usino Grindr in Egitto possono essere perseguitati. È il caso di Matt (nome di fantasia), straniero che si è ritrovato arrestato dopo essere stato abbordato in una trappola online tesa da un poliziotto. La trascrizione della conversazione tra Matt e il poliziotto riferisce: “Matt ha ammesso la sua perversione, la sua disponibilità a dedicarsi alla dissolutezza gratuitamente e ha inviato foto di se stesso e del suo corpo”.

C’è poi la questione del denaro. Alcune trascrizioni delle conversazioni trappola evidenziano come la polizia abbia forzatamente incluso il denaro nella trattativa per organizzare l’incontro, al fine di avere ulteriori elementi di incriminazione davanti al tribunale.

Ma il peggio mostrato dal documentario è il trattamento riservato alle persone LGBT incriminate. BBC racconta la storia di Laith, omosessuale dichiarato, ballerino, che nell’aprile 2018 fu contattato dal numero di telefono di una amico, che chiedeva di vedersi per bere un drink. Quando Laith si è presentato all’incontro, ha trovato la polizia ad arrestarlo. Laith è finito in prigione, un poliziotto gli ha spento una sigaretta sul braccio. “La polizia ha falsificato le foto” spiega Laith a BBC, quasi a volersi giustificare per le sue foto in atteggiamenti sessuali. Altre tre persone hanno riferito al giornalista Ahmed Shihab-Eldinora che la polizia ha forzato o falsificato le loro confessioni.

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Alcune immagini dell’inchiesta How Egyptian police hunt LGBT people on dating apps di Ahmed Shihab-Eldinora per BBC News

Il tentativo di queste vittime di spiegare a BBC che i poliziotti hanno falsificato foto, confessioni e video spiega molto bene quanto sia interiorizzato il terrore delle persone LGBT egiziane rispetto alla propria sessualità. Laith è stato in prigione per tre mesi e la polizia ha cercato di convincerlo a rivelare i nomi di altre persone gay. Presumibilmente sotto maltrattamenti al limite della tortura, il povero Laith ha pronunciato altri nomi di suoi conoscenti omosessuali. Così la catena della persecuzione va avanti.

L’inchiesta rivela che la stessa tecnica persecutoria viene utilizzata anche da bande criminali, che scovano persone LGBT mediante le app di incontri, quindi le attaccano e minacciano di pubblicare i video online e quindi estorcendo loro denaro. Le vittime, per timore di essere arrestate dalla polizia, finiscono per sottostare alle estorsioni criminali.

“Sono riuscito a rintracciare due persone che chiamiamo Laila e Jamal – racconta il giornalista BBC Ahmed Shihab-Eldinora – e sono vittime di un video diventato virale in Egitto qualche anno fa. Il filmato li vede obbligati a denudarsi e ballare, mentre qualcuno li picchia e maltratta. Con un coltello puntato alla gola, Laila e Jamal si vedono costretti a dichiarare i propri nomi completi e ad ammettere di essere gay”.

In almeno altri 4 video, due ragazzi appartenenti alle bande criminali apparivano nell’atto di estorcere persone LGBT prima che caricassero i video su Whatsapp, YouTube e Facebook. In uno di questi video, Saeed (nome di fantasia) ragazzo gay di 18 anni viene costretto, falsamente, a dire di essere un sex worker. Il giornalista della BBC ha successivamente incontrato il ragazzo, che ha raccontato di come il suo avvocato gli abbia sconsigliato di intraprendere azioni legali, perché la sua sessualità sarebbe stata percepita come un crimine peggiori dell’aggressione subita. Saeed vive ora lontano dalla famiglia, che lo ha ripudiato quando la banda di criminali ha inviato il video nel tentativo di estorcere denaro anche alla famiglia stessa. “Ho sofferto di depressione – spiega Saeed – dopo quello che è successo, con i video che circolano e che tutti i miei amici in Egitto vedono. Ormai non esco più e non ho un telefono.”

L’inchiesta della BBC viola la legge di regolamentazione dei media in Egitto. Nel 2017 infatti il paese emanò una disposizione secondo la quale i media non possono diffondere rappresentazione della comunità LGBT, a meno che non riconoscano contestualmente la loro condotta come inappropriata rispetto alla “legge sulla depravazione”.

(gf)

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