TCHAIKOVSKY GAYO

Musicista solitario, triste e depresso? Macchè: il compositore russo bazzicava taverne gay ed ebbe una love story con un erede dei Romanov. Cronache gay dalla Russia dell'Ottocento.

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Di solito quando si pensa ai compositori dell’800 si immagina una sobrietà, una austera compostezza dovuta alla rigidità sociale dell’epoca che lasciava ben poco spazio per esternazioni di tipo emotivo, figuriamoci poi di stampo sessuale o peggio omosessuale.

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Eppure Tchaikovsky, il grande compositore russo rappresentato dall’iconografia classica come perennemente triste, solo e afflitto da crisi nervose, frequentava con disinvoltura i locali gay di Mosca. Ebbene sì, anche nel secolo scorso c’era un mondo gay che, incredibile a dirsi, nella Russia degli Zar trovava una certa libertà di movimento e di espressione. Vuoi per la lontananza dalla chiesa cattolica, vuoi perchè alcuni gay russi erano i maggiori letterati e artisti dell’epoca, sembra che la vita notturna dei gay delle grandi capitali russe fosse tutt’altro che intellettuale e platonica.

Uno dei pionieri della cultura gay in Russia fu lo scrittore e poeta Mikhail Kuzmin (1872-1936), a cui dobbiamo la prima novella apertamente gay dei tempi moderni, "Ali", pubblicata nel 1906. Facendo un buon uso dei suoi diari, i moderni biografi sono concordi nel dire che all’epoca "una sottocultura gay a S.Pietroburgo esisteva ed anche abbastanza apertamente".

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Certo non esistevano organizzazioni gay o cose del genere, ma c’erano "aree di rimorchio ben conosciute, taverne e ‘cafes’ dove gli omosessuali si frequentavano e socializzavano, e persino bagni e saune specializzate in clientela gay". I bagni pubblici erano abbastanza comuni nelle grandi città, dove molte case erano carenti di servizi igienici propri. Qui la gente poteva farsi il bagno, o essere puliti da un attendente, e fare qualcosa di simile alla sauna finlandese. Alcune di queste saune erano note per essere "gay friendly", e – dietro un sovraprezzo – disponevano anche di attendenti che svolgevano prestazioni sessuali con i clienti gay. Lo slang dell’epoca si riferiva a questi posti con un termine francese, "pays chauds", ossia "posti caldi". Sembra che solo a S. Pietroburgo di tali saune ce ne fossero oltre 25.

Naturalmente c’erano anche veri e propri luoghi d’incontro, come i giardini dietro il palazzo Tavrichesky, dove "era possibile vedere ragazzi dalla professione incerta che facevano l’amore a pagamento". Addirittura esistevano all’epoca veri e propri gay bar e taverne, sia a Pietroburgo che a Mosca, e Tchaikovsky menzionò più volte il fatto di averli visitati spesso.

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Insomma, il nostro buon compositore forse aveva un sacco di problemi esistenziali e si struggeva di dolore puramente ottocentesco, ma tra una crisi e l’altra frequentava bar, caffè e taverne gay e magari si sarà fatto anche qualche sauna nei "posti caldi". Certo, si era sposato nel 1877 con una donna, Antonina Milyukova, una sua fan che avrebbe minacciato per lettera il suicidio pur di incontrarlo, ma probabilmente questo matrimonio nacque più dal suo desiderio di passare per etero e tacciare un pò di "voci" piuttosto che da un vero amore. La cosa non funzionò, anche perchè venne fuori che Antonina era psichicamente instabile, Tchaikovsky si prese un esaurimento nervoso, tornò alla natìa S. Pietroburgo (abitava a Mosca dove insegnava al conservatorio) lasciando sola la moglie, che dopo poco venne internata in manicomio. Se pensate che questo abbia scoraggiato il buon Tchaikovsky vi sbagliate: nel suo libro "My Dear boy" l’autore Rictor Norton parla a lungo di alcune lettere a tematica gay intercorse tra il compositore e un certo Davidov. Anzi, sembra che fosse molto affascinante persino in età avanzata: tra le vittime del suo charme da artista romantico e passionale non appare solo la vedova Nadezhda von Meck, con cui si scrissero per 13 anni incontrandosi solo una volta (una amicizia che gli valse un vitalizio annuo di 6.000 rubli a vita), ma udite udite, anche un rampollo dei Romanov, parente dello Zar, il diciottenne Alexander Vladimirivich, nipote del granduca Stenbok-Fermor.

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Benchè ci sia una iconografia che vorrebbe Tchaikovsky morire non di colera bensì avvelenato per conto dello Zar per far tacer lo scandalo, gli storiografi moderni (come Alexander Poznansky) tendono a screditare questa tesi, sostenendo che all’epoca in Russia c’era una fortissima tolleranza per il mondo e le propensioni gay. Con buona pace di alcune compagnie teatrali, che al Greenwich Village di N.Y. tengono da anni lo spettacolo "Improper Attention", basato sulle più tragiche visioni complottistiche della storia del grande compositore russo. Di sicuro c’è solo il grande amore tra i due, a dispetto dell’età. Sembra addirittura che la sua ultima grande opera, la Pathetique Symphony, fosse ispirata e dedicata a quell’amore scandaloso e impossibile. Ne disse: "Adoro questa sinfonia come non ho mai amato nessuna delle mie creazioni musicali". E solo nove giorni dopo la prima in cui venne eseguita, morì.

di Lily Ayo

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