Il danno e la beffa. E’ proprio il caso di citare il famoso detto per raccontare la vicenda che ha visto protagonista Camilla Seibezzi, consigliera comunale con delegai ai diritti civili del comune di Venezia, che si è vista rifiutare la solidarietà della maggioranza di centrosinistra dopo gli insulti omofobi scritti sul profilo Facebook di un consigliere di Fratelli d’Italia. Ieri, prima di iniziare la commemorazione di Nelson Mandela in consiglio comunale, Seibezzi ha distribuito sugli scranni dell’assemblea le copie di quell’elenco di insulti e quando è arrivato il momento di parlare, ha iniziato a leggeri a voce alta: “Cesso di pseudo donna infame, pettena franxe (lesbica in senso dispregiativo), schifo, camionista, spero che in coda non ci siano troppi zingari prima di me, se arriviamo in consiglio finisce male”.
Ma prima che finisse l’elenco, la consigliera è stata fermata dal presidente del consiglio comunale Turetta. E’ stato a quel punto che Camilla Seibezzi, autrice della proposta di togliere la denominazione “madre” e “padre” dai documenti comunali per passare a “genitore” e per questo minacciata di morte , ha abbandonato l’aula, in segno di protesta, seguita da altri due consiglieri e dall’assessore Bettin. “Questo consiglio deve smettere di voltare la testa quando si trova di fronte alle peggiori nefandezze – ha commentato indignata la consigliera al quotidiano La Nuova Venezia -. E deve decidere che linea vuole tenere”. Ma la maggioranza ora tenta di ricucire lo strappo.
“Siamo nell’inciviltà più deleteria” ha commentato lo stesso presidente del consiglio comunale. “Dietro quell’episodio delle offese, che non conoscevo – ha aggiunto il capogruppo del PD Borghello -, c’è evidente la sensazione della delegata di essere lasciata sola”.
Ed è sempre su Facebook che in queste ore la consigliera Seibezzi sta ricevendo decine e decine di messaggi di solidarietà di cittadini indignati sia per le offese che per come il consiglio comunale ha reagito al tentativo di denuncia della stessa Seibezzi.
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