Metropoli d’Asia: il nome di questa nuova casa editrice, nata in collaborazione con il gruppo Giunti, è una vera e propria dichiarazione d’intenti. Da un lato lo sconfinato, composito e (sempre meno) misterioso continente che negli ultimi anni ha assunto un peso straordinario negli assetti economici e geopolitici del pianeta; dall’altro, la metropoli: storie urbane, contemporanee, ad opera di narratori che vivono nel contesto che raccontano. Ed è proprio in una Bombay immensa e composta da infiniti strati che si dipana la vicenda di Il mio ragazzo, il primo romanzo a tematica apertamente omosessuale edito dalla casa editrice. L’autore è R. Jaj Rao, un docente di letteratura di Bombay noto per essere uno dei principali attivisti per i diritti civili degli omosessuali in un paese che soltanto nel luglio del 2009 ha visto la depenalizzazione dei rapporti sessuali tra adulti consenzienti dello stesso sesso.
Il libro ha la prerogativa di raccontare un mondo davvero poco conosciuto: quello degli omosessuali metropolitani indiani. Yudi, il protagonista, è un giornalista quarantenne che vive tra lavori freelance e frenetici incontri sessuali nei bagni delle stazioni ferroviarie. Un uomo senza qualità: cinico, opportunista, ferocemente disincantato e un po’ patetico. Abituato a muoversi con esasperata diffidenza in un mondo in cui rimorchiare uno sconosciuto, magari appartenente a una casta diversa dalla propria, può portare a ricatti, minacce, violenze. In una delle sue scorribande conosce Milind, un giovanissimo intoccabile che a sua volta si barcamena nella vita a colpi di espedienti. Dopo un inizio accidentato, e dopo essersi persi di vista per quasi un anno, i due prendono a frequentarsi, dapprima con estrema circospezione, e in seguito imbastendo una vera e propria storia d’amore, con tanto di convivenza, destinata tuttavia a sfumare nel mistero con la sparizione di Milind, fuggito appresso a un produttore televisivo e risucchiato dagli angoli bui di una mezza carriera di modello e attore. Sullo sfondo si delinea il quadro storico e sociale dell’India di fine millennio: dai devastanti attentati a Bombay del 1993 alle manifestazioni per la rivendicazione dei diritti dei senza casta, da una scena gay tanto giovane quanto probabilmente – agli occhi smaliziati del lettore occidentale – ingenua nei modi e nei gusti, alle tante facce nascoste della potente industria cinematografica nota come Bollywood.
Se da un lato il libro presenta alcune lungaggini, qualche salto temporale e personaggio non esattamente riuscito, nonché una traduzione purtroppo non sempre efficace (integrata però da un ricco glossario in appendice), il suo punto di forza risiede nella capacità di ritrarre un tipo di alterità a cui il lettore occidentale, specie per quanto riguarda la narrativa a tematica gay, non è abituato. Le dinamiche che reggono la relazione tra i due protagonisti sono antiche: due persone che incontrandosi accostano i propri mondi con tutto il relativo carico di differenze e incomprensioni, ma con in più l’ostacolo di una diversa estrazione sociale in un paese dove questo elemento assume significati di vasta portata, ed è spesso determinante.
“I gay sono uguali ai bhangi. Intoccabili. Allora perché dovrei farmi problemi a mangiare dal tuo piatto?”
“Ma tu sei un brahmano, no?”
“No, sono un omosessuale. Gay per casta. Gay per religione.
Non sarebbe affatto male se, dopo questo primo passo, Metropoli d’Asia continuasse a offrirci storie omosessuali provenienti da Cina, Giappone, Corea…
R. Raj Rao, Il mio ragazzo
Traduzione di Sara Fruner
Metropoli d’Asia, pp. 320
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