Una volta il porno gay in Italia era molto più elitario. Era quello delle videocassette che in Italia si potevano reperire con difficoltà in qualche edicola (magari nelle stazioni delle grandi città) o in costosi sexy shop, magari ordinandole per corrispondenza. Era quello delle riviste che in Italia erano realizzate in modo terribilmente approssimativo e dei performers irraggiungibili e un po’ misteriosi dislocati al di là dell’oceano. Un mondo che, arrivando in Italia dopo essere stato "filtrato" da persone poco interessate a valorizzarlo, aveva perso tutto quell’impatto culturale e quella carica eversiva che negli USA aveva contribuito a delineare una comunità gay più consapevole e determinata. Oggi, soprattutto grazie a internet, la situazione italiana è molto cambiata, e negli ultimi dieci anni il porno gay ha assunto un significato completamente diverso rispetto al passato. Se, ancora negli anni ’90, i gay italiani che conoscevano i nomi di Jeff Stryker o Joe DiStefano erano poche centinaia, oggi Francois Sagat (solo per fare un nome) è conosciuto da tutti (o quasi) i gay italiani che possono usare internet.
Allo stesso modo il fatto che il porno gay, nelle sue varie declinazioni, si stia trasformando in un vero e proprio fenomeno socioculturale, sta facendo aumentare il numero delle Università che in diverse parti del mondo dedicano conferenze all’argomento. L’ultima, ma solo in ordine di tempo, è stata quella sui gay for pay organizzata dalla prestigiosa South California University, alla quale sono stati invitati a relazionare i performers Nicco Sky, Wolf Hudson e Reese Rideout (reduce dal premio come miglior web performer ai Cybersocket Award). In Italia siamo ben lontani da questi traguardi, ma anche da noi la figura del porn performer inizia ad essere percepita in maniera diversa (seppur con le dovute resistenze tipiche di una cultura sessuofoba). Una volta gli italiani che si cimentavano in questo ambito lo facevano perché dalle nostre parti erano sicuri di passare inosservati, o quasi, visto che da noi il porno gay aveva un pubblico limitatissimo. Infatti delle decine di italiani che negli anni hanno partecipato alle produzioni di Cadinot, Bjorn e della tedesca Cazzo Film si sono perse le traccie molto in fretta.
Forse vale anche la pena di ricordare che, nei primi film di Lukas Kazan (girati in Italia a metà anni ’90), alcuni modelli italiani esigevano persino che le loro scene venisssero tagliate dalla versione distribuita in Italia per non correre rischi. Oggi, invece, nelle produzioni di Lucas Kazan la quota di performers italiani è decisamente cresciuta, e a quanto pare nessuno di loro sembra farsi particolari problemi. Allo stesso modo, lentamente quanto inesorabilmente, sta crescendo il numero di gay porn performers italiani che portano avanti una vera e propria carriera con i maggiori Studios internazionali, con tanto di contratti in esclusiva. Dopo Filippo Romano, che nei primi anni del 2000 venne scoperto dalla Cazzo Film per poi essere "adottato" da Chi Chi LaRue (fino al suo ritiro nel 2005), ci sono stati Carlo Masi alla Colt, Alex Baresi alla TitanMedia e Francesco D’Macho che – dopo aver contribuito a lanciare la HotHouse – ha fondato la Staghomme e sta dando un notevole contributo agli ultimi video di Bjorn. Oggi, però, sembra proprio che la lista si sia ulteriormente allungata.
Infatti nell’ultimo video della TitanMedia, “Distraction”, ha debuttato un nuovo gay porn performer venticinquenne e, a quanto pare, italianissimo. Si tratta di Dario Beck, e sicuramente ne sentiremo ancora parlare. Su di lui si hanno ancora poche informazioni, anche se è certo che sta per lavorare ad altri due titoli della TitanMedia e che – a quanto pare – è davvero un bell’esempio di bellezza italica che non ha problemi di "visibilità". Ha senso dire che il suo debutto rappresenta un altro passo avanti? In effetti la pornografia gay e la sua ostentazione dei rapporti omosessuali rappresenta proprio la parte più "fisica" di ciò che rende tale un omosessuale, la stessa parte che la società bigotta condanna e che tanti omosessuali vivono ancora con angoscia, frustrazione e sensi di colpa. Il fatto che ci siano dei ragazzi, magari italiani, che la mettono in piazza senza problemi e inibizioni, in contesti non morbosi e di respiro internazionale, può contribuire in qualche modo a migliorare la situazione e la percezione del desiderio e dell’identità gay da parte dei gay stessi? Negli USA questo processo è in atto dagli anni ’70: staremo a vedere se – grazie a internet – accadrà anche da noi con quei canonici trent’anni di ritardo.
di Valeriano Elfodiluce
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