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ALTRO CHE BINGO GIRL!

È la novità televisiva dell’anno. Dopo le pillole di saggezza meneghina, a Markette, Sabina Negri sgancia le bombe. Palestrati, pubblicità volgari, Letizia Moratti, politici devoti: ce n’è per tutti.

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I filosofi direbbero che è una sintesi di tesi e antitesi. I teologi che è trina. I gioiellieri che è diamantina. Sfaccettata lo è di certo, Sabina Negri. Nel suo libro, Dal mercato a Markette. Diario di una casalinga non qualunque, Harlequin Mondadori, a scrivere sono in tre: l’autrice teatrale, la moglie di un politico e la casalinga disperata.
Bionda, occhi azzurri, pelle abbronzata, gambe da soubrette. Un belvedere che inganna: la poltrona di Chiambretti non se l’è conquistata per quello che mostra ma per quello che dice, con la sua inconfondibile parlata padano-chic. Il suo ex marito, l’ex ministro Calderoli, ha constatato che «la civiltà gay ha trasformato la Padania in un ricettacolo di culattoni». Lei, per contrappasso, riscuote allori nel popolo GLBT, tanto da sedere in giuria all’ultima edizione di Mr.Gay Italia.
Com’è andata?
Benissimo. Ero con i colleghi di Markette, Costantino della Gherardesca e Gennaro Cosmo Parlato. L’atmosfera era giocosa, divertente. Diversa dai concorsi femminili, dove le aspettative sono spesso frustrate o sottoposte a prestazioni che rientrano in una vera e propria legge di mercato. Con il premio il vincitore intende pagarsi gli studi. Non certo farsi una chirurgia plastica. Io tifavo per un ragazzo che era stato espulso da un altro concorso perché gay.
A Markette hai parlato dei maschi con i bicipiti in mostra permanente.
Sono un modello apprezzato, ma non da me. Mi fanno un po’ ridere. Al primo sole devono tirare fuori tutta la fatica che hanno fatto durante l’inverno. Tutti gli integratori che hanno preso. Milano è una città umida, fredda. Forse quando tornano a casa si fanno preparare il bagno caldo e il brodino dalla mamma. Poi con gli anni, arrivano i reumatismi.
Neanche l’uomo in doppio petto fa per te. Non è più il tuo tipo.

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Non lo è mai stato. Più che il doppiopetto, che non giudico come capo d’abbigliamento, non mi piace l’atteggiamento competitivo di certi uomini. Troppo spesso va a parare sulle donne. Si autoincensano più per il numero di donne che si fanno che per le cose che hanno realizzato nella vita. Spesso vedo persone di una certa età inseguire i ritmi di una ventenne con energie, aspettative, ideali di vita e modi di pensare diversi. Le devono accontentare, accompagnare, portare in discoteca. Più alzi il livello economico, più è frequente. E un po’ li prendo anche in giro: che stanchezza, che stress!
Si parla sempre della tua carriera dopo il matrimonio. Eri più vulnerabile da signorina. Sono d’attualità gli scandali tv. Proposte ricevute?
Ho sempre messo i rapporti in chiaro da subito. Sono una persona fin troppo diretta. Li scoraggiavo sul nascere. Quando a vent’anni proponevo i miei copioni, pochi mi consideravano seriamente. Mi hanno anche chiesto di fare la Bingo girl.
E accettasti?
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E accettasti?
Ma no! Fu una pugnalata al cuore. Oggi è divertente raccontarlo. I ricordi sono fatti per abbellire il passato. Risposi a un’inserzione, dove cercavano attori, autori, registi. Mi presentai con tutti i miei copioni. Un agente mi fece parlare a lungo. Promise di leggerli. «Intanto inizio a farti lavorare -disse- c’è bisogno di una Bingo girl in uno spazio televisivo importante». Sai quelle che ballavano e tiravano su la paletta con il voto? Sono rimasta malissimo. Almeno avesse letto!
Oggi si sente di peggio.
Molte ragazze mi raccontano di inviti e pressioni continue. Un po’ di responsabilità ce l’abbiamo anche noi, se ammicchiamo. Bisogna stroncarli sul nascere. Però è vero: se non vai alle feste, se non ammicchi, se la droga non ti interessa, rischi di dover cambiare lavoro. Lo spettacolo è pregno di queste situazioni che in ogni caso sono diffuse ovunque. Ho conosciuto infermiere che per fare tre mesi sostitutivi a medicare le piaghe agli anziani, ricevevano proposte dal presidente. Nello spettacolo forse lo capisci di più: ci si illude di ottenere guadagni alti. Ma la mercificazione della donna ha invaso tutto.
E quella maschile?
Molto meno. L’uomo si difende di più. Attacca. Ha il branco.
Di chiacchiere su bellocci e produttori ce ne sono…
È una realtà che conosco molto meno, perché non frequento questi ragazzi. Sulle donne ne so di più. Ho una rubrica a Radio Montecarlo, Cara Sabina, all’interno di Rush Hour. Ricevo molte lettere, con argomenti seri come i PaCS, le molestie, le sfilate per bambini in America, la pedofilia. Il pubblico ha capito che nella mia ironia, c’è sempre un fondo di serietà. Non è un’ironia sui peti o sulla patatina. Di quella non se ne può più.
Sei diventata paladina delle donne. Molte ti vorrebbero in politica.

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È bello che ci siano tante donne che hanno detto no e che offrono solidarietà umana. La società ci ha cresciuto in competizione e questo ci fa perdere perché, al contrario, gli uomini si sostengono. Se una donna si candida, noi ne vorremmo un’altra. Per motivi superficiali, poi. Mi piacerebbe un movimento monotematico delle donne. Quando i movimenti iniziano a seguire 300 temi creano solo confusione. I Verdi sono un movimento monotematico. Che piacciano o no, si sa cosa vogliono.
Barbara Pollastrini alle Pari Opportunità, ti piace?
Non la conosco ancora molto. Posso solo obiettare che ancora una volta l’hanno scelta gli uomini.
Letizia Moratti, sindaco di Milano?
È molto sicura di sé. La riforma della scuola l’ho seguita solo parzialmente. Una volta l’ho sentita dire che essere precari aguzza l’ingegno. Anch’io sono una precaria e mi sono molto arrabbiata. È una vita che faccio da tanti anni e che mi angoscia. I precari hanno difficoltà a chiedere un mutuo, a crescere i figli. A Milano poi, è insostenibile, esasperante. Non parlo di vizi, scarpe alla moda. Ma dell’abbiccì, pannolone e latte in polvere. Dicono che i giovani devono uscire di casa, sposarsi e fare figli prima. Ma un ragazzo di 25 anni che ha appena finito l’università, cosa fa?
Il precario! Sei favorevole ai Pacs.

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Vorrei una politica diversa, che non debba elemosinare i voti della Chiesa, seguendone i veti. In certi momenti mi viene rabbia e dico: «A questo punto facciamoci governare dai preti, allora avremo le idee chiare su quello che dobbiamo fare!». Ci sono sempre meno matrimoni e più coppie di fatto, etero e gay. Non è giusto svantaggiarle rispetto a chi ha messo una firma in più. Vorrei sapere perché sono a contrari ai PaCS proprio quei politici che convivono o sono divorziati.
Quest’anno il tuo ex marito ha fatto parlare parecchio di sé. So che preferiresti andare oltre. Ma non possiamo. È un pezzo importante della tua vita. Come hai vissuto l’escalation?
Nella vita di coppia quando c’è un confronto alla pari, ci si aiuta, ci si sostiene e uno apre all’altro nuovi orizzonti. Quando c’è isolamento, ognuno dà ragione solo alle proprie idee.
Le polemiche sono arrivate quando non eravate più insieme.
Forse invecchiando si diventa più se stessi, ci si fanno meno scrupoli. Le idee che hai a 10, le porti a 20, a 30, a 50. Quando manca il confronto, è più difficile andare avanti. Da un amico o da un fratello vorrei una mano sulla spalla, quando piango ma anche sentirmi dire che sbaglio, quando succede. La ragione a tutti i costi, non la vorrei da nessuno. Non ti arricchisce. Il rapporto deve essere un arricchimento.
Ti ho vista su Telelombardia. Conducevi Maschi mascalzoni.
Era una serata dedicata alle donne. Ha avuto un buon riscontro di audience e di contatti con il pubblico da casa. Chissà, magari a settembre la riprendiamo!
Sei in tournée teatrale.
Il 22 giugno ha debuttato al festival di Asti il mio spettacolo L’ultima radio, con Tullio Solenghi. Ci siamo confrontati tantissimo, come si dovrebbe fare. Adesso i registi prendono testi preconfezionati di autori classici e li rielaborano. Poveretti, in certi momenti gli autori si rivolterebbero nella tomba! In Italia noi contemporanei siamo penalizzati. Se fai Shakespeare, il tuo pubblico ce l’hai. Se fai Sabina Negri, Edoardo Erba, Giuseppe Manfridi, è un’incognita. È un passaggio che dovrà avvenire. Non potremo tutta la vita rivedere sempre le stesse cose. Alla fine diventa una masturbazione mentale per quattro tromboni che fanno finta di criticare il lavoro del regista. Siamo in una società che brucia, che consuma. Un film lo vedi una volta, al massimo due. Perché uno spettacolo teatrale lo devo vedere 50 volte in una vita. Abbiamo così tanto tempo?
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di Massimo Provera

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