Stonewall: i moti del 1969

Giovedì 5 Maggio esce in Italia l'attesissima pellicola sullo storico evento LGBT. Ecco cosa accadde.

Stonewall: i moti del 1969 - Stonewall Riots June 28 1969 2 - Gay.it
4 min. di lettura

in collaborazione con Stonewall

 

I moti di Stonewall furono una serie di violenti scontri fra gruppi di omosessuali e la polizia a New York. Hanno radicalmente cambiato la percezione dell’omosessualità nella nostra società e hanno fatto sì che, oggi, possiamo essere fieri della nostra identità: le celebrazioni del Gay Pride sono legate proprio alla prima notte degli scontri, che fu il 27 giugno 1969, quando poco dopo l’1:20 di notte la polizia irruppe improvvisamente a “Stonewall Inn“, un bar gay in Christopher Street nel Greenwich Village. È da qui che il movimento LGBT mondiale ha scelto di istituire per il 28 giugno la “Giornata mondiale dell’orgoglio LGBT”, che noi tutti conosciamo per i colorati Pride che in quel periodo si tengono in tutto il globo, volti alla celebrazione della libertà conquistata proprio in questi scontri.

Ripercorriamo ora le tappe che hanno portato a questi scontri. Come è possibile che la polizia fosse autorizzata a entrare e arrestare a caso persone in bar gay solo perché omosessuali? Le incursioni degli agenti erano la normalità per un omosessuale medio di quel periodo: solo durante gli Anni Sessanta queste diventarono meno frequenti, soprattutto in una città come quella di New York che pullulava di omosessuali già all’epoca. Il declino di queste “invasioni di campo” è proprio da attribuire alla crescita progressiva del movimento inizialmente definito “omofilo”, ma che oggi conosciamo come movimento LGBTI.

stonewall_inn

 

È fondamentale, per comprendere la portata di Stonewall, capire come la situazione per gli omosessuali fosse appunto migliorata enormemente tra il 1965 e il 1969: Dick Leitsch divenne presidente della Mattachine Society, l’associazione per i diritti omosessuali che esisteva prima di Stonewall, in quel periodo. Egli era considerato un militante rispetto ai suoi predecessori, e credeva nelle tecniche di azione diretta di protesta: mentre il movimento omofilo precedente a questa data cercava d’integrare gli omosessuali nella società così come essa era, il nuovo movimento rifiutava l’integrazione in una mondo giudicato incapace di accettare le diversità, sostenendo che esso andasse rivoluzionato dalle fondamenta.

Grazie all’operato di Leitsch alla Mattachine, cambiò il modo in cui la polizia trattava gli omosessuali. Il commissario Howard Leary istruì le forze di polizia perché non adescassero i gay per spingerli a infrangere la legge e richiese che ogni poliziotto in borghese avesse un civile come testimone quando veniva arrestato un gay. Ciò pose in sostanza fine al cosiddetto entrapment, la pratica barbarica dell'”adescamento di omosessuali” da parte della polizia statunitense.

Nello stesso anno Leitsch avvisò la stampa e progettò un incontro in un bar con altri due uomini gay (un bar poteva vedersi revocata la sua licenza di vendita dei liquori se serviva da bere volontariamente a un gruppo di tre o più omosessuali) per verificare la politica della Autorità Statale dell’Alcol sulla chiusura dei bar. Quando il barista del posto li mandò via, essi reclamarono davanti alla commissione cittadina per i diritti umani. Dopo l’evento il presidente dell’Autorità dichiarò che il suo dipartimento non proibiva la vendita di liquori agli omosessuali e il numero di bar gay a New York crebbe stabilmente a partire dal 1966.

Perché, allora, è avvenuto quella che più che un tafferuglio è stata una vera e propria guerriglia? Le ipotesi sono varie: dai motivi politici, guidati da interessi legati a campagne di propaganda per le primarie, al complotto della Polizia, che pensava che i numerosi furti avvenuti in quel periodo a Wall Street fossero opera di una “lobby gay”. Dalla parte del movimento omosessuale, questa progressiva liberazione aveva risvegliato gli animi dei gay americani: la situazione era matura per una ribellione.

stonewall_sylvia_rivera

 

I dettagli su come iniziarono le proteste sono vari: simbolicamente, si riconosce nel “lancio della bottiglia” di Sylvia Rivera, la transgender diventata poi simbolo del movimento LGBTI americano morta nel 2002, l’inizio dello scontro. Vennero coinvolte più di 2000 persone contro 400 poliziotti: vennero usati dei parchimetri come arieti contro gli agenti e le drag queen, sfilando coraggiose sulla strada, urlavano:

Siamo le ragazze dello Stonewall / abbiamo i capelli a boccoli / non indossiamo mutande / mostriamo il pelo pubico / e portiamo i nostri jeans sopra i nostri ginocchi da checche!

Vennero arrestate 13 persone, e tantissimi ragazzi vennero picchiati solo perché “effemminati”. La protesta durò tre giorni, il terzo di questi cinque giorni dopo la retata: mille persone si radunarono al bar e protestarono, diffondendo volantini e intonando Via la mafia e gli sbirri dai bar gay”!

 

Gay Liberation Front march on Times Square in New York, N.Y., 1969.

L’impatto fu enorme: nacque, subito dopo la rivolta, il “Gay Liberation Front” (GLF), il primo movimento di liberazione autodefinitosi “gay” e non “omofilo”. Presto in tutto il mondo nacquero associazioni simili, dal Canada all’Australia, passando per tutti i maggiori stati europei (in Italia, il primo movimento arrivò solo nel 1971).

È grazie a questi militanti coraggiosi se oggi siamo quello che siamo. E per questo dobbiamo ringraziarli col cuore e ricordarli per sempre.

in collaborazione con Stonewall

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Pao Lhin 8.5.16 - 22:22

Non ho parole, guarda cosa mi ha risposto una neo associazione

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