The Imitation Game, avvincente biopic da Oscar sul matematico gay Alan Turing
Cinque nominations ai Golden Globes e già una trentina di premi raggranellati in giro per il mondo. L’emozionante “The Imitation Game” del norvegese Morten Tyldum sarà sicuramente uno dei protagonisti ai prossimi Oscar ed è il primo film irrinunciabile del nuovo anno. Ormai saprete che si tratta di un avvincente biopic su Alan Turing (1912-1954), geniale matematico omosessuale che, insieme a un pool di esperti relegati nella tenuta di Bletchley Park, riuscì a decodificare la Macchina Enigma con la quale i tedeschi comunicavano le mosse strategiche durante la Seconda Guerra Mondiale. Sublime interpretazione da Oscar di Benedict Cumberbatch, che restituisce tutte le contraddizioni di un genio supponente e scostante, fragile ma carismatico, a cui fa da contraltare un’umanissima Keira Knightley nel ruolo dell’unica collega donna, Joan Clarke, con cui tra l’altro si fidanzò, per poi rivelarle la propria omosessualità. Magnifica la sofisticata sceneggiatura di Graham Moore, tratta dal romanzo di Andrew Hodges “Alan Turing: The Enigma”.
Curiosità: Turing ebbe tra i docenti del King’s College all’Università di Cambridge un altro celebre matematico gay, Ludwig Wittgenstein; c’è chi sostiene che il simbolo di Apple, la mela morsa, sia un omaggio a Turing che, costretto alla castrazione chimica dopo una condanna per omosessualità, si suicidò mordendo una mela intrisa di cianuro.
Big Eyes, di chi sono quei quadri coi bimbi dagli occhi enormi?
Atteso ritorno di Tim Burton che rinuncia (parzialmente) al suo stile gotico-fantasy per dedicarsi a una curiosa storia vera su un pittore, Walter Keane (Christoph Waltz), che tra il 1960 e il 1970 diventò celebre per i suoi fenomenali ritratti di bambini dagli occhi enormi. In realtà la mano d’artista era della moglie Margaret (Amy Adams) ma Walter fece credere a tutti di essere lui il vero autore dei fortunati quadri. La coppia finì col divorziare e Margaret portò la questione in tribunale per ottenere il riconoscimento della sua opera artistica.
Se è garantito più realismo del solito, a pensarci bene un progetto del genere non poteva non entrare nelle corde del visionario regista di Burbank, poiché molti dei suoi personaggi fantastici hanno proprio pupille gigantesche, dalla Sposa Cadavere a Jack Skeletron. E poi Burton ha conosciuto personalmente, decenni fa, proprio la vera Margaret Keane, a cui commissionò alcune opere.
American Sniper, il cecchino infallibile di Eastwood ha gli occhi angelici di Bradley Cooper
Già si parla benissimo di quest’ultimo lavoro firmato Clint Eastwood (un progetto in realtà passato di mano in mano, da David O. Russell a Steven Spielberg), con Bradley Cooper nel ruolo del texano Chris Kyle, cecchino da guinness delle forze speciali dei Navy Seal, inviato in Irak dove diventa una leggenda di efficienza e precisione (160 colpi, altrettanti bersagli umani abbattuti) al punto che su di lui le milizie irachene mettono una taglia ribattezzandolo ‘Il diavolo’. Ma quando Chris torna a casa da moglie e figli, una nuova e probabilmente più difficile battaglia, quella con la propria coscienza, lo attende al varco. Il grande Eastwood in zone belliche è da sempre una garanzia, e il contrasto fra gli occhi angelici di Bradley Cooper e la spietatezza del suo personaggio possono garantire scintille. Le aspettative sono molto alte. Colpirà al cuore gli spettatori?
Si accettano miracoli, fantasy comedy italiana di e con Alessandro Siani
Se cercate leggerezza e spensieratezza, ecco una commedia italiana easy che probabilmente non avrà grandi pretese – e, speriamo, nessuna volgarità o turpitudine – se non garantire 110 minuti fiabeschi e scacciapensieri. Fulvio (Alessandro Siani) è un tagliatore di teste senza scrupoli per una nota multinazionale ma, quando tocca a lui essere licenziato, ha una reazione scomposta che gli causa la condanna di un mese da scontare nella casa famiglia del fratello Don Germano (Fabio De Luigi), parroco di un borgo isolato nel Sud Italia. Per aiutare la causa, Fulvio s’inventa l’idea di un improbabile miracolo che porterà al villaggio migliaia di devoti. Ma il Vaticano s’insospettisce e invia i suoi messi per verificare l’autenticità dell’evento miracoloso.
“Questo secondo film è stato per me l’occasione per mettere a fuoco ancora meglio quello che mi piace – spiega il regista -. Con “Il principe abusivo” ho scelto di raccontare una favola comica e in quello scenario mi sono trovato bene. Per questo ho deciso di consolidarmi nel genere. Diciamo che potrei definire questo film una ‘fantasy comedy’, che mette insieme gli elementi fantastici tipici delle fiabe, con gli ingredienti classici della comicità: gag, battute e situazioni comiche”.