#CinemaSTop: Julieta e Stella cadente, è il momento del cinema spagnolo

Oltre al nuovo Almodóvar e al bizzarro film barocco-pop di Miñarro escono anche Attraverso lo specchio e l’italiano Fiore

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4 min. di lettura

Julieta 7Julieta di Almodovar, tutto su una madre travolta dai sensi di colpa

Non tra i migliori film di Almodóvar ma decisamente meglio dell’ultimo, grossolano Gli amanti passeggeri, Julieta è l’adattamento di tre racconti del premio Nobel canadese Alice Munro (Fatalità, Fra poco e Silenzio, contenuti nella raccolta In fuga) che però funzionano meglio sulla carta. Pedrito torna all’universo che gli è più congeniale, quello femminile, ma evitando il melò fiammeggiante e solidale per privilegiare una dimensione intima di accorato struggimento in una cupa storia di abbandoni famigliari intrisa di tragedie e senso di colpa – non tutto quadra, e alcuni passaggi sono troppo sbrigativi. Julieta è un’insegnante di greco sulla cinquantina in procinto di lasciare Madrid per il Portogallo col suo compagno. Ma quando incontra per caso un’amica della figlia Antia che non vede da tredici anni e scopre da lei di essere nonna tre volte, decide di rimanere a Madrid e scriverle una lunga lettera per tentare un riavvicinamento. Costruito come un thriller dei sentimenti attraverso lunghi flashback (Julieta è interpretata da due attrici, Adriana Ugarte da giovane ed Emma Suarez, oggi: brave senza bucare lo schermo), è privo dei barocchismi tipicamente almodovariani ma anche di ogni minima ironia, e il risultato è sicuramente assai sobrio ma anche un po’ esangue. Fascinoso Daniel Grao nel ruolo del pescatore Xoan, il grande amore di Julieta. La veterana Rossy De Palma interpreta una malevola governante imbruttita che è un chiaro omaggio all’arcigna Mrs Danvers dell’hitchcockiano Rebecca la prima moglie.

Stella cadente 4Originale e bizzarro Stella Cadente col nudo già cult di Lorenzo Balducci

Esce finalmente in Italia grazie a Boudu-Passepartout uno dei film sperimentali più bizzarri e originali degli ultimi tempi, Stella cadente di Luis Miñarro. Il punto di partenza è un reale fatto storico avvenuto nel 1871, l’insediamento sul trono spagnolo del terzogenito di Vittorio Emanuele di Savoia, Amedeo Ferdinando Maria di Savoia (il carismatico attore catalano Àlex Brendemühl), seguito da un tumultuoso regno biennale, di cui si evidenzia la difficoltà a trovare sintonia col proprio popolo e le ostilità interne, soprattutto della nobiltà spagnola, ma anche il profondo legame con la moglie Maria Vittoria dal Pozzo della Cisterna, deceduta poi a soli trent’anni per tubercolosi. Una curiosa operazione pop mascherata da serioso dramma storico, con innesti dissonanti quali canzoni popolari francesi che fan danzare il protagonista o improvvise stranezze visuali (testuggini ricoperte da gemme, pavoni saltabeccanti sul letto), pervasa da un soffuso erotismo quasi tutto al maschile: l’assistente gay Alfredo (un sensuale Lorenzo Balducci) si masturba in giardino con meloni che offre poi in pasto al re – con tanto di primo piano del membro in erezione; bacia appassionatamente un collega che in un’altra scena si depila il pube; si infila nel talamo reale e osserva il sovrano, incurante della moglie; si mostra nudo frontalmente come in una versione al maschile del celebre quadro di Courbet mentre una didascalica voce off recita: “L’origine del mondo”.

Insolito e intrigante, assolutamente da vedere.

Alice attraverso lo specchioTorna il Sottomondo di Lewis Carroll con nuovi personaggi: ecco Alice attraverso lo specchio

Sei anni dopo l’Alice in Wonderland di Tim Burton, 22esimo incasso assoluto nella storia del cinema con qualcosa come un miliardo e 25milioni di dollari, la Disney torna nel Sottomondo di Lewis Carroll col seguito Alice attraverso lo specchio e un nuovo regista, il pressoché sconosciuto James Bobin. Tratto dal seguito del classico di Carroll uscito nel 1871, presenta nuovi personaggi quali il padre conservatore del Cappellaio Matto, Zanik Altocilindro (Rhys Ifans: ve lo ricordate gay e persecutorio ne L’amore fatale?) e Sacha Baron Cohen nei panni dell’implacabile Tempo. Tornano Mia Wasikowska – è la protagonista Alice – e il Cappellaio Matto di Johnny Depp, nonché la ‘maledetta capocciona’ Regina Rossa, ossia Elena Bonham Carter.

Semplificando il romanzo originale che era interamente giocato sul tema degli scacchi, qui Alice deve recuperare la cronosfera per salvare il Cappellaio che lentamente si sta lasciando morire: deve viaggiare nel tempo cercare di cambiare alcuni avvenimenti e salvare la famiglia del suo amico.

La morale è ovvia: che cosa si può imparare dagli errori e dalle esperienze del passato e dare il giusto significato al tempo che passa?

FioreFiore, quell’amore tra adolescenti nato dietro le sbarre di un carcere minorile

 Presentato alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes con buoni riscontri critici, Fiore di Claudio Giovannesi (Alì ha gli occhi azzurri) è un dramma adolescenziale su una giovane detenuta in un carcere minorile che si innamora di un ragazzo anche lui condannato per rapina: ma maschi e femmine non si possono incontrare, e il loro amore si alimenta di brevi conversazioni attraverso le sbarre e lettere clandestine. Protagonisti non professionisti esordienti al cinema, Daphne Scoccia e Josciua Algeri, che conservano i loro nomi di battesimo (Valerio Mastandrea interpreta il padre di Daphne ed è produttore associato del film).

“L’idea del film è nata dal desiderio di raccontare ancora il mondo degli adolescenti – spiega il regista – lontani dalla convenzione che si vede in televisione e che si tende ad avere, cioè di creature rassicuranti. Mi è venuto spontaneo andare a vedere che succede nei carceri minorili. Abbiamo passato con gli sceneggiatori sei mesi dentro al carcere scoprendo queste storie d’amore meravigliose. Abbiamo girato alcune scene nel carcere minorile di Roma ma era impossibile fare tutto il film lì per problemi di orari. Siamo quindi andati nel carcere minorile a L’Aquila, svuotato dopo il terremoto, ristrutturato ma mai riconsegnato”.

 

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