Dalla Russia con orrore: Vladimir vs Vladimir al Togay

Una statua dello zar effeminato a fianco all’ex deputata per un intenso doc di Kazan

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L’incontro è storico: entrambi sono seduti, ma uno dei due ha il rossetto un po’ ‘sbrodolato’. Uno ha lo sguardo fisso e un po’ folle, l’altra è semplicemente Lux: basta la parola. Sono infatti la favolosa e brillante Vladimir Luxuria insieme all’inguardabile e fibrillante Putin, anzi “Pouting” (ossia “col broncio”), convitato di pietra all’Altro Festival, ossia il Torino Gay & Lesbian Film Festival, inaugurato mercoledì sera da un film venezuelano sincero ma un po’ televisivo, “Azul y no tan rosa”.
Ma torniamo al meeting ‘al vertice’ di ieri. Il leader russo ormai celebre per le sue ‘putinate’ antigay non ha proferito parola (lo immaginiamo meditante ripensare al suo mesto teatrino di omofobia repressiva e letti berlusconiani), aveva un atteggiamento vagamente effemminato e davvero una pessima cera: trattasi infatti di un’opera d’arte intitolata “Pouting: Putin fa outing e chiede scusa”, una bella creazione di Annalisa Venturini che è stata invitata a casa di Luca Poma che offre un buffet gratuito ai giurati e vari ospiti del Festival da quando l’omofoba giunta Cota ha negato il patrocinio alla manifestazione.

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L’opera comprende anche una cartolina con le scuse apocrife dello Zar per le sue leggi omofobiche, inviata a vari destinatari istituzionali in giro per il mondo. “Pouting” è stata poi presentata ufficialmente al Cinema Massimo, dove è rimasta per un paio d’ore, in occasione dell’interessante testimonianza di Vladimir Luxuria prima dell’intenso doc “Campaign of Hate: Russia and Gay Propaganda”, intensa videotestimonianza sulla condizione gay e lesbica russa, diretta dall’attore e produttore porno Michael Lucas alias Lucas Kazan e inserita nel focus “Dalla Russia con amore” a cui ha dato un contributo l’imprenditore milanese Francesco Pellegatta.
Un documentario incalzante, quello di Lucas, ricco di informazioni sulla vera condizione di gay e lesbiche “di tutti i giorni”, perché raccontata con partecipazione da loro stessi, e momenti ad alta concentrazione emotiva (l’intervista con l’omofobo che tira in ballo Sodoma, la lesbica che spiega alla figlia spaventata perché dovranno andarsene dalla Russia, l’emigrato a New York che riscopre la gioia di vivere). E con un occhio sensibile a tirar fuori nei momenti giusti la bellezza, interiore ma anche estetica, degli intervistati (l’esperienza nel porno di Kazan ha sicuramente aiutato, eccome).

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Accompagnata da quell’adorabile special guest di Fabio Canino, Vladimir Luxuria ha raccontato la sua spericolata esperienza a Sochi per protestare contro le leggi omofobe di Putin, sulla scia di quanto avevano fatto nell’allora Unione Sovietica, decenni fa, i militanti Angelo Pezzana ed Enzo Francone: “Un ragazzo mi ha raccontato di un adescamento su un sito d’incontri gay, sono reti organizzate: un gruppo di cinque l’ha picchiato in periferia. Di solito ti torturano, ti fanno pipì addosso, a Volgograd un ragazzo ha perso la vita. A questo hanno tolto il cellulare, hanno chiamato la madre: “Stiamo picchiando suo figlio perché è frocio”. E facevano sentire il rumore dei calci e le urla del figlio. Lui non può andare in una trasmissione tv, in una radio, andare in una piazza. Loro poi filmano e mettono in rete. Non ho sentito la distanza geografica ma la vicinanza della comunità. So che cosa significa essere picchiato. A questa incazzatura se n’è aggiunta un’altra: ai giochi di Sochi Letta è andato: è più importante il gas dei diritti civili. Conosco bene l’attivista Nikolay Alexeyev: viene arrestato ogni due o tre mesi”.

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“Forse sono stata un po’ incauta a Sochi – ha continuato Vladimir -. Aprendo un vecchio armadio, tra i vestiti che puzzano di naftalina (mia nonna diceva di non buttare nulla) ne ho scelto uno con i colori della Rainbow. Ho aggiunto la scritta ‘è ok essere gay’. Volevo provocare e fare un po’ di casino. Gli altri due inviati, Pio e Amedeo de “Le Iene”, sono pure andati dietro a una bella donna che stava con un mafioso russo e abbiamo rischiato subito di prenderle”.
“In Russia sono abituati a dare molto credito ai loro premier – prosegue l’ex deputata -. La prima volta sono stata fermata da tre individui in borghese che mi hanno preso la bandiera: io comincio questa specie di tiro alla fune e mi fanno vedere il distintivo. Mi hanno portata in Questura in una stanza da sola con la luce al neon. Sono stata cinque ore. Hanno giustificato il fermo dicendo che stavano aspettando una persona che parlasse inglese. Mi hanno rilasciata dicendo di non portare più la bandiera. Il giorno dopo, peggio di prima.

Mi sono messa un vestito Rainbow, sembravo una matrioska, una fatina: i bambini russi piangevano chiedendo alle mamme di fare la foto con me. Mentre facevo le foto gridavo: “è ok essere gay”. Stavo entrando a vedere una partita di hockey quando spuntano in dieci, mi strappano il pass e mi portano nel parcheggio: ho avuto paura perché la polizia ha allontanato tutte le persone che erano nel parcheggio. Mi hanno messa in macchina, erano molto incazzati e vanno a tutta velocità verso la campagna: pensavo mi portassero in una stazione. Nel mezzo della campagna mi buttano per terra giù dalla vettura. Avevo le mani sulla faccia, speravo che il tulle attutisse i colpi! Sento la macchina che si allontana. Ne arriva un’altra: erano i ragazzi delle Iene. Vaghiamo così conciati per la campagna russa, neanche fosse un film di Fellini o Almodovar. Sono stata definita persona non gradita e sono dovuta partire il giorno dopo. Sono contenta d’averlo fatto: in un locale gay mi hanno fatto salire sul palco e per ringraziarmi mi hanno cantato l’inno russo. Uno dei momenti più belli della mia vita”.

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