La dieta vegana è sostenibile? Dipende

Il dibattito sul veganesimo – negli ultimi anni – è più acceso che mai. È infatti solo negli ultimi trent’anni che questo tipo di dieta ha visto un picco di popolarità, anche e soprattutto come misura preventiva e in contrasto al cambiamento climatico. Le persone sono diventate sempre più consapevoli di ciò che consumano, e in molti credono che la dieta vegana abbia un impatto benefico non solo sulla propria salute e sul benessere degli animali, ma anche sull’ecosistema. Ed effettivamente, tantissimi studi dimostrano che è così: una dieta plant-based è di molto meno impattante sull’ambiente rispetto a una che impiega il consumo di carne e derivati animali. Inoltre, con una buona pianificazione alle spalle, ha anche diversi benefici sulla salute. Tuttavia, bisogna fare attenzione: se, per principio, il veganesimo è un ottimo strumento per ridurre il proprio impatto ambientale, una mancanza di educazione sull’argomento potrebbe invece portare all’effetto diametralmente contrario. In questo articolo, vedremo quali sono i quattro aspetti a cui fare attenzione nell’adottare una dieta vegana, e come evitare di fare danni! 1. Attenzione all’utilizzo di pesticidi e insetticidi Tantissimi agricoltori e multinazionali utilizzano ancora oggi agenti chimici nocivi come pesticidi e insetticidi. Questo tipo di sostanze sono estremamente dannose per l’ambiente, e il loro impiego ha ripercussioni gravissime sull’ecosistema e sulla salute sia umana che animale. Secondo una ricerca di PaleoLeap, la maggior parte delle neurotossine e degli interferenti endocrini che distruggono il sistema nervoso degli insetti – portandoli alla sterilità – potrebbe avere un impatto disastroso prima sull’ambiente, e poi sugli esseri umani. Quindi, nell’adottare una dieta vegana, è importantissimo non abbassare mai la guarda e impegnarsi ad acquistare solo da produttori che evitano di utilizzare agenti chimici dannosi. Domandare è lecito! 2. L’importazione di prodotti non autoctoni danneggia l’ecosistema È innegabile: una dieta vegana richiede un’attenzione maggiore verso ciò che si mangia per poter bilanciare correttamente tutti i nutrienti necessari. Quindi, ci troviamo spesso a consumare alimenti particolari per integrare l’assenza di derivati animali. Tuttavia, anche qui entra in gioco la questione annosa dell’importazione di alimenti non autoctoni, o che vengono coltivati in un ambiente sfavorevole andando di fatto a consumare più risorse. Un esempio piuttosto celebre è quello della soia: la sua produzione in paesi che non dispongono di legislazioni etiche in materia di rispetto dell’ecosistema – come il Brasile, l’Argentina e il Paraguay – ha un impatto diretto e devastante sul cambiamento climatico. Inoltre, l’importazione di prodotti da paesi esteri va spesso a incrementare l’utilizzo di combustibili fossili nella coltivazione, raccolta, processazione, confezionamento e trasporto. Quindi, è importantissimo acquistare il più possibile a KM0, e ove non fosse possibile, assicurarsi che ogni prodotto provenga da agricolture etiche e biologiche certificate. Esiste una app – “Mangio a KM0” – che ti permette di trovare i produttori vicino a te, disponibile sia su Google Play che su App Store. 3. Lo spreco, in una dieta vegana, rimane comunque uno spreco Con quasi 8 miliardi di persone sul pianeta, è oggi impensabile sperare di poter condurre un’esistenza al 100% waste free e sostenibile. Purtroppo, anche per sui più ligi dovranno per forza pesare i costi della deforestazione per far spazio ai terreni agricoli, e alla conseguente distruzione di ecosistemi prima popolati da fauna e flora autoctone. Tuttavia, è possibile limitare il proprio impatto in questo senso acquistando meno e sprecando meno. Una dieta plant-based rimane comunque meno inquinante di una onnivora se si pensa al consumo d’acqua e di risorse impiegate per l’allevamento intensivo di bestiame da macello. 4. Ridurre il consumo di prodotti confezionati Frutta, verdura, cereali, legumi e qualsiasi tipo di alimento oggi viene spesso venduto in confezioni più o meno sostenibili a seconda del materiale. Tuttavia, il problema del confezionamento degli alimenti è alla radice. Sfortunatamente, la maggior parte delle confezioni è sviluppata per l’usa e getta, e la produzione di questi materiali impiega l’utilizzo di diverse risorse tra energia elettrica, acqua, agenti chimici, plastica, minerali, legno e fibre, che inevitabilmente producono emissioni. Per essere il più sostenibile possibile, una dieta vegana dovrebbe limitare il più possibile il consumo di prodotti confezionati, e optare invece per l’acquisto diretto dai produttori o da negozi di prodotti sfusi come SfusItalia o Negozio Leggero.

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Una dieta vegana non è automaticamente sostenibile: ecco a cosa dobbiamo fare attenzione.

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