Donald Trump e quell’abitudine di appropriarsi di brani famosi senza consenso: nel mirino ora Celine Dion e Woodkid

Sono decine gli artisti che, dall'inizio della campagna elettorale del controverso leader repubblicano, hanno denunciato l'uso non autorizzato delle loro canzoni in campagna elettorale.

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Gli Stati Uniti pullulano di artisti pronti a strapparsi le vesti per far sì che una loro canzone diventi l’inno della frangia repubblicana statunitense capitanata da Donald Trump e dal fedele vice JD Vance.

Tra questi, il discutibilissimo rapper e suprematista bianco Tom MacDonald che, a neanche ventiquattro ore dall’attentato alla vita del tycoon del 13 luglio scorso, scodellava il pacchiano brano “You missed” dando la colpa alla sinistra woke, prima che gli inquirenti scoprissero che il ventenne autore dell’attacco era in realtà un fervente repubblicano.

Un omaggio di cui a Trump sembra però importare ben poco, visto che il leader repubblicano non perde occasione per appropriarsi indebitamente di altre canzoni, ben più famose e ascoltabili, da utilizzare nella propria campagna elettorale senza l’esplicito consenso degli autori. 

Un’abitudine che in pochi mesi gli è già costata fior di denunce e quattrini: da Phil Collins a Neil Young, passando per Rihanna, Elton John, Adele, i Rolling Stones, Pharrel Williams e persino i Queen, sono decine e decine i musicisti e cantanti che, venuti a conoscenza dell’utilizzo dei loro brani in eventi ufficiali della campagna elettorale repubblicana, hanno preso le distanze e intimato al tycoon di desistere. Tanto che il fenomeno oggi vanta addirittura una pagina dedicata su Wikipedia.

Recentemente è toccato alla celebre artista canadese Celine Dion, protagonista di un attesissimo ritorno sulle scene durante una suggestiva esibizione il 26 luglio alle Olimpiadi di Parigi 2024.

 

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La cantante si è vista infatti costretta a chiarire pubblicamente la propria posizione attraverso un post su X, dopo aver scoperto che Donald Trump aveva utilizzato il suo brano più iconico, “My Heart Will Go On“, durante un comizio in Montana.

“Celine Dion e la sua etichetta discografica, Sony Music Entertainment Canada Inc., non hanno dato l’autorizzazione e non consentono questo tipo di utilizzo. Ma poi, veramente QUELLA canzone?”.

Una situazione in cui si è trovato anche l’artista queer Yoann Lemoine – in arte Woodkid – con il suo celeberrimo brano “Run Boy Run, protagonista – a insaputa dell’artista – di un video propagandistico diffuso a dicembre dalla piattaforma repubblicana. Il filmato, che dura quasi due minuti ed include immagini di soldati e manifestanti no vax, alternati a frammenti di discorsi dello stesso Trump, è inizialmente passato in sordina, per poi essere recentemente ricondiviso sul social network “Truth” di proprietà del tycoon.

Da qui, l’effetto virale e la conseguente reazione di Lemoine, che – desideroso di dissociarsi completamente da qualsiasi attività promozionale dell’estrema destra repubblicana – ha smentito il suo coinvolgimento nella creazione dei materiali con un post su X. Anche perché, come dichiarato dall’artista stesso, Run Boy Run è un inno alla comunità LGBTQIA+ e al coming out, valori che sono in totale contrasto con le retoriche divisive e discriminatorie che caratterizzano l’agenda ideologica di Trump.

“Ancora una volta, non ho mai dato il mio permesso a Donald Trump di utilizzare la mia musica per la sua campagna elettorale. Run Boy Run è paradossalmente un inno LGBTQIA+ scritto da me, orgogliosissimo musicista parte della comunità LGBTQIA+. Che ironia. Chiedo a Universal Music France di non essere complice in tutto questo e di reagire”.

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