L’Antico Egitto vi evoca sfingi, faraoni, piramidi e mummie? Sta bene ma, secondo voi, gli appartenenti a quell’antica civiltà avevano un sesso?
Stando ai miei ricordi di scolaro gli egizi non avevano sesso un po’ come gli angeli. Vediamo, allora, di fare un poco di chiarezza sulla loro sessualità. Incominciamo dall’eterosessualità.
Per gli antichi egizi non doveva essere molto ‘diversa’ [foto 1 e 6] da come la conosciamo in altri luoghi e per altri tempi. È probabile che avessero un’idea molto chiara del ruolo dello sperma nel rapporto sessuale anche per lo stretto contatto con il bestiame.
A testimonianza di questo la rappresentazione del Dio Min [foto 2] con il pene in erezione che zampilla sperma. Queste rappresentazioni sono comuni nell’arte antica di rappresentazioni e sono legate al culto della fertilità [Fig. 3]. Alcuni papiri medici aggiungono a quanto sappiamo che secondo gli egizi il maschio nella riproduzione dava al nascituro le parti dure del corpo mentre la donna quelle molli.
Negli stessi papiri è molto chiaro lo studio della conformazione degli organi genitali e numerosi brani spiegano come curare la sterilità femminile che era considerata una vera e propria maledizione con medicamenti a base erbe.
Altre testimonianze attestano, sempre in ambito sessuale, che i giovani maschi dovevano sottoporsi alla circoncisione [foto 4] per entrare nel mondo degli adulti.
Questa pratica era molto comune nell’antichità ed esiste tutt’oggi nel mondo sia con il ruolo di rito di passaggio che come precauzione igienica. Dopo questo rito ai giovani era permesso di amare e gli antichi egizi hanno lasciato traccia dei loro amori con poesie molto tenere che ricordano sentimenti antichissimi ma attuali ove il desiderio erotico è espresso in termini casti e delicati. Infine, in questa disamina per forza di cose generica, dobbiamo aggiungere che quell’antica civiltà conosceva la prostituzione femminile.
Lo testimonia un papiro conservato presso il Museo Egizio di Torino [foto 5] [1].
A questo punto abbiamo aperto uno scorcio sulla sessualità degli egizi ma osiamo l’inosabile e cerchiamo testimonianze sull’omosessualità nell’antico Egitto. Impossibile?
No anche se il tentativo è irto di difficoltà sia per la carenza di fonti sia per la difficoltà nell’interpretazione delle stesse. Ad esempio Eugen Strouhal [2], un egittologo dell’Università di Praga, in un libro ricco di immagini afferma che l’omosessualità è evocata nei testi degli antichi e che “era tollerata un po’ ovunque tranne a Menfi”. Oltre a questo aggiunge che la sodomia era molto rappresentata nell’arte egizia. Di fatto però l’egittologo non pubblica nessuna immagine relativa alla sodomia e non cita alcuna fonte a sostegno della sua affermazione.
Un altro studioso Hans Goedicke in un articolo [3] cita la massima 32 del papiro dell’Istruzione di Ptahhotep e la interpreta come l’ammonizione ad astenersi dagli “assalti dei pederasti”. Ma questo è veramente troppo poco per dire qualcosa sull’omosessualità degli antichi.
Nemmeno i siti gay non ci aiutano molto. Secondo un sito il faraone Pepi II (circa 2254 – 2160 a.C.) ebbe una relazione gay con il suo generale Sissine ma non è indicato alcun riferimento ai documenti. Altri siti parlano di Akhenaten, che regnò dal 1372 al 1354 a.C. e che è sovente rappresentato con fianchi larghi e seno femminile ed è anche dipinto mentre accarezza suo genero Smenkhare. Gay? Alcuni lo sostengono mentre per altri l’aspetto femminile del faraone va interpretato considerando che il re dio univa sia maschilità che femminilità. Una interpretazioni arguisce che Akhenaten avesse un disordine ghiandolare… Siamo alla fantastoria e anche in questo caso, purtroppo, non abbiamo nessun riferimento a documenti storici. Proseguendo con la ricerca ecco, finalmente, due riferimenti all’omosessualità nell’antico Egitto interessanti.
Il papiro Chester Beatty [4], che ha un contenuto mitologico-religioso e si fa risalire al regno di Ramsete V (circa 1160-1154 a.C.), racconta il conflitto tra il Dio Horus e Seth, rispettivamente figlio e fratello di Osiride, che vengono giudicati dal tribunale dell’Enneade. Ecco uno dei motivi del contendere: “Horus andò nella casa di Seth. Durante la sera, mentre Horus giaceva a letto, Seth andò da lui e posizionò il suo membro duro tra le cosce di Horus. Ma Horus mise le sue mani fra le sue cosce e prese il seme di Seth. Horus si recò da sua madre e le mostrò il seme sulla sua mano. Osiride urlò, prese un coltello e tagliò le mani di Horus, gettandole nell’acqua e dando a lui nuove mani”. La fonte di ardua interpretazione come in genere mitologia e credo religioso egizio attesta comunque che l’omosessualità fosse conosciuta anche all’epoca.
Altra scoperta sbalorditiva si presentò agli occhi dall’archeologo Ahmed Moussa nel 1964 con una tomba del vecchio regno scoperta, nell’antica necropoli di Saqqara,. Immaginatevi il suo stupore nel trovarsi di fronte ad una serie di pitture murali che rappresentava due uomini abbracciati teneramente e nell’atto di avvicinare il naso che corrisponderebbe al nostro bacio. Successivi studi datano questa tomba alla V dinastia (circa 2400 a.C.) e i due uomini ritratti sono Khnumhotep e Niankhkhnum entrambi caposquadra “manicure” del Re Niuserre della Quinta Dinastia. Un iscrizione all’entrata della tomba è interpretata come un gioco di parole con il significato di “uniti nella vita e uniti nella morte”. Gli storici si sono sbizzarriti nell’interpretare il senso di questa tomba unica nel suo genere. Che i due fossero amici, gemelli [Tesi di Lauer vedi nota 5], fratelli [sostenuta da Moussa lo scopritore della tomba] o amanti [tesi di Wiesbaden vedi nota 5]? Difficile dirlo anche se questa tomba è considerata tra le principali testimonianze dell’omosessualità nell’antico Egitto. [5]
Solo con maggiori studi si farà più chiarezza sull’omosessualità all’ombra delle piramidi. Purtroppo nello studio della storia dell’antichità dobbiamo affidarci a studiosi specializzati molti dei quali pensano ancora che di ‘certe’ cose sia meglio non parlare. Noi abbiamo almeno tentato un accenno.
Note e approfondimenti
[1] Tutte queste notizie sono tratte dal testo Eugen Strouhal, Vivres au temps des pharaons [Atlas, Paris 1992.
[2] Ibidem, p. 49.
[3] Hans Goedicke , Unrecognised sportings, in “Journal of the American Research Center in Egypt”, 6 1967, pp. 97-102.
[4] Per la traduzione completa del papiro si veda Alan Gardiner, The Library of A. Chester Beatty. Description of a Hieratic Papyrus with a Mythological Story, Love-songs and other Miscellaneous Texts. The Chester Beatty Papyri No. 1, Privately printed by John Johnson at The Oxford University Press and published by Emery Walker, Ltd., London 1931. [Nota: il papiro è attualmente in The Chester Beatty Library, Dublin] e dello stesso autore Hieratic Papyri in the British Museum. Third Series: Chester Beatty Gift, British Museum, London 1935.
[5] Si veda in italiano Carlo Marcandalli, Insieme per sempre, in “Babilonia”, n° 2, febbraio 1983, p. 26 che riporta la seguente bibliografia: A.M. Moussa – H. Atenmueller, Das Grab des Nianchchnumund Chnumhotep, in “Archaologishe Verofen – linchungen des Deutschen Archaologischen Instituts, Abteilung Kairo”, n° 21, von Zabern, Mainz, am Rhein 1977; J. Lauer, Lee pyramides de Saakkarah, Imperie de l’I.F.A.O., Le Caire 1977, pp. 21 – 22; W. Helk – W. Westendorf, Lexikonder Aegyptologie, Harrassowitz, Wiesbaden 1977, voll. II, col 1273. Sulla tomba esiste anche questo saggio che mi ha segnalato Giovanni Dall’Orto: Altenmüller Hartwig, Gräber unter der Prozessions-strasse. Neue Entdeckungen in Saqqara (Ägypten), “Antike Welt”, n. 2/1974, pp. 20-34.
di Stefano Bolognini
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