Ammettere che il rapporto tra gay e lesbiche non sempre vada a gonfie vele, non significa dimenticarsi dei casi in cui quest* si amano profondamente o, addirittura, si sposano, fanno figli e vivono insieme. Significa piuttosto parlare di un limite del mondo LGBTQI che sarebbe bello superare un giorno.
Trattiamo un attimo le “categorie” come compartimenti stagni e generalizziamo per semplificare: i gay (Kinsey 6) sono uomini a cui piacciono gli uomini, attratti profondamente dal corpo, dal fallo e dalla forma mentis maschile, che non di rado preferiscono la mascolinità alla femminilità. Le lesbiche “dure e pure” (ancora Kinsey 6) sono donne che s’innamorano di donne, attratte da donne, dalla femminilità e tendenzialmente non attratte dagli uomini e dal testosterone. La domande sorge spontanea: cosa dovrebbero avere a che fare gli uni con le altre?
Svariate lesbiche hanno più affinità con gli uomini etero che con i gay, si vedano i preziosi consigli che gli uomini etero chiedono alle amiche lesbiche, o il migliore amico gay di molte etero col quale condividere la voglia di un “vero uomo”, andare a fare shopping e molto altro. Visto che siamo nel paese delle canzoni d’amore, questo è di fatto uno dei punti centrali delle nostre vite e, soprattutto, dei nostri discorsi!
Un uomo eterosessuale ama le donne, diverse per educazione da lui e spesso per lui incomprensibili, quindi dovrebbe essere interessato a imparare a capirle e amarle. In altre parole, un uomo etero può voler sapere amare le donne nel corso della propria vita per amor proprio, se vogliamo, per egoismo perché ne è attratto. Un gay, al contrario, che interesse dovrebbe avere a capire le donne, amarle e rispettarle come la società spesso non fa, se non ne è affatto attratto? Perché dovrebbe esserne incuriosito o sentirsi solidale con loro, mettiamo caso, contro il sessismo della società? Come dicevamo qualche settimana fa, molti gay italiani hanno purtroppo interiorizzato il patriarcato, nocivo anche per il rapporto dei gay tra loro e con i bisessuali.
Ripetendo la “solita solfa”: viviamo in una società maschilista e patriarcale dove l’omosessualità, per non parlare della transessualità, è uno stigma sociale che connota in modo negativo le persone “diverse” sessualmente, viste come mancanti in qualcosa: dal non poter aver figli insieme, al non poter sposarsi, al non dover “ostentare” il loro modo di essere.
Da questo scaturisce che gay, lesbiche e queer in generale, siano legat* tra loro in reti di solidarietà reciproca in cui si possano sostenere a vicenda contro la vera malattia sociale, l’omofobia. Da questo, probabilmente, a caduta i discorsi omofobi su lobby gay o lesbica che si aiutano tra loro, preferendosi agli etero. Quanta omosessualità e bisessualità represse e interiorizzate!
Sarebbe ipocrita del resto negare che la rete esiste, fatta di associazioni, collettivi, locali, ritrovi, festival… o più semplicemente persone LGBTQI che hanno amici e amiche sparse in tutto il mondo, o che tra di “noi” ci conosciamo tutte e tutti etc. Ciò nonostante, entrando in contatto con il mondo LGBT saltano agli occhi anche altri aspetti come l’indifferenza reciproca, che appare ad esempio nella separazione spontanea per sesso/gusto che avviene all’interno delle feste LGBTQI tra uomini e donne, in quella tra locali/saune a frequentazione gay e bar/locali per lesbiche (che sono sempre misti); e questa tensione tra gay e lesbiche, forse amplificata dall’assenza di interesse sessuale reciproco.
L’attrazione è dunque il motore del mondo? O il sessismo è trasversale a tutti i mondi?
Molte associazioni, si veda la storia stessa di Arcigay e Arcilesbica, sono nate come associazioni miste per poi dividersi in due in seguito a discussioni interne tra gay e lesbiche. Che le istanze gay siano state percepite, specie in passato, come diverse da quelle lesbiche?
Questa estremizzazione dei gusti e dei bisogni, dove l’uomo e la donna continuano a essere vist* come entità totalmente distinte, spesso forse allontana gay e lesbiche con le loro lotte su universi che sembrano agli antipodi e che non hanno alcun interesse a comunicare o compenetrarsi tra loro. Eppure i “diritti” sono per tutte e tutti!
Ma la storia è in movimento e il futuro potrebbe avere ben altre sorprese per il mondo queer specie se questo, oltre a combattere l’omotransfobia, affiancherà a questa battaglia qualsiasi lotta contro le discriminazioni, il sessismo e lo sfruttamento di chi lucra sulla condizione di vulnerabilità altrui. E sulle nostre vite.
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A quanto noto io il problema laddove c'è sta più che altro nelle lesbiche. Le lesbiche di questo Paese talvolta ancora si segregano, si estremizzano, si scagliano contro sacrosante battaglie di eguaglianza e civiltà; tanto per fare un esempio ho potuto notare che sono state piuttosto recalcitranti a condividere la sacrosanta battaglia per il matrimonio egualitario, e che oggi sono recalcitranti su altri fronti, vedasi le divisioni quando si parla della sacrosanta gestazione per altri. Il problema è che non di rado ancora aderiscono a forme vecchie e distorte di femminismo e di anticapitalismo d'accatto, in cui la donna è incapace di gestirsi e decidere per se stessa, dev'essere quindi sempre e comunque vittima di chissà quale immondo sopruso, perciò da mettere sotto tutela, con proibizioni imposte dall'alto, in cui l'uomo non è tanto visto come un amico ma come un pericolo, un nemico, in cui la libertà di gestire il proprio corpo, quindi anche il proprio utero, come si vuole va bene ma solo finché non fa storcere il naso a qualcuno, in cui i soldi sono una sorta di sterco del diavolo capace solo di portare sfruttamenti e cose disumane. Tendono insomma a essere ottuse, preistoriche e liberticide. Andando perfettamente a braccetto coi bigotti. E io con elementi del genere non voglio avere proprio nulla a che fare. Si evolvano, una buona volta. Poi, ovvio, ci sono anche quelle consapevoli e contente di vivere nel ventunesimo secolo, senza alcuna paranoia di stampo medievale; con quelle nessunissimo problema, anzi.