"Ryan Gosling è il mio alter ego preferito". Così l’emergente regista danese Nicolas Winding Refn, con uno schiocco sulla bocca che suggellò la grande amicizia e infiammò i fotografi, definì a Cannes il suo adorato protagonista di Drive, magnifico noir rarefatto che gli valse il meritato premio per la miglior regia. Un riconoscimento fortemente caldeggiato dal presidente di giuria Robert De Niro secondo il quale Drive "è il migliore film dark che abbia mai visto". E detto dal "taxi driver" per eccellenza, certo, non è cosuccia da poco.
È davvero una bella sorpresa questa ballata urbana quasi zen che stupisce e avvince a partire dai bizzarri titoli di testa fucsia, sterza poi verso il melò, quindi frena davanti al pulp con i giusti fuori campo – occhio ai ralenti "pneumatici" che anticipano le esplosioni di violenza – senza capottare mai. Una messa in scena da maestro, riuscita sintesi dell’action americano anni ’70 e dell’autorialità europea, dove gli inseguimenti spettacolari sono sempre funzionali a un meccanismo narrativo perfetto in cui l’emotività dei personaggi risulta sempre in primo piano e mai stereotipata. L’hanno definito il "Tarantino europeo", eppure in Winding Refn – che giustamente detesta questa etichetta – la rappresentazione della violenza non è mai compiaciuta o gratuita e, per impressionante iperrealismo, non degenera mai nel grottesco/pulp ("l’arte stessa è un atto violento" sostiene il regista danese).
Ma se al volante non ci fosse stato il canadese Ryan Gosling in un ruolo da eroe solitario che sarebbe piaciuto a Sergio Leone, mai così sexy e irresistibile col suo stuzzicadenti a metà, perfetto grazie al volto da bravo ragazzo che cela rabbia implosa pronta ad emergere, corazzato dal giubbotto chiaro con scorpione cucito sulla schiena, non sarebbe potuto concretizzarsi un sodalizio così stretto e proficuo tra regista e attore. Il suo anonimo "driver" losangelino dalla doppia anima, meccanico e figurante stunt di giorno, autista a noleggio per colpi grossi notturni, si innamora della vicina Irene (la delicata Carey Mulligan di ‘An Education’) rimasta sola col figlioletto mentre il marito è recluso in carcere. Quando costui viene rilasciato, il protagonista accetta il coinvolgimento in una rapina che potrebbe permettere all’ex galeotto di saldare un debito con la malavita, ma i piani andranno a rotoli.
Come sempre in Winding Refn, la macchina da presa contempla con sensualità i corpi maschili – notare l’esotica bellezza di Oscar Isaac, attore guatemalteco scelto per il ruolo del coniuge di Irene – mentre le donne sono sempre in secondo piano e spesso accessorie (in questo caso, con Gosling, si tratta di vera e propria adorazione feticistica del suo volto, mentre mancano i nudi muscolosi del suo capolavoro, il magmatico Bronson).
Non c’è un attimo di distrazione, in questo notevole adattamento di un romanzo firmato da James Sallis, e la regia asciutta rende al meglio una Los Angeles livida di carrozzerie e cemento, dove un amore platonico diventa fonte di riscatto per un uomo senza passato desideroso di cambiare marcia al proprio destino. La passione tra Nicolas e Ryan, sebbene solo artistica, continua: saranno insieme anche nel prossimo progetto del regista danese, Only God Forgives (Solo Dio perdona) ambientato nel mondo della thai boxe a Bangkok (ci sarà anche Kristin Scott Thomas). L’uscita prevista è per Natale 2012.
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