Intersessualità: il regista Alec Butler racconta com’è

"Avevo la barba e il ciclo nello stesso momento". Alec Butler spiega l'intersessualità, di cui spesso non si parla

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Si parla molto poco dell’intersessualità, la condizione per la quale i cromosomi sessuali, i genitali e/o i caratteri sessuali secondari non sono definibili come esclusivamente maschili o femminili: eppure, nell’identificare la nostra comunità come LGBTQI, includiamo con l’ultima lettera anche questa “categoria”.

Recentemente Alec Butler, regista e scenografo di successo in ambito alternativo in America, si è aperto riguardo alla sua storia e riguardo ai problemi vissuti per raggiungere la consapevolezza della propria condizione. Queste persone, non sentendosi identificate a pieno né nell’identità maschile né nell’identità femminile, preferiscono essere chiamate col pronome neutro, in inglese reso con “it” o “they”. C’è stato anche un acceso dibattito linguistico, che ha visto partecipi le voci autorevoli di molte università americane, e si è arrivati alla conclusione che l’individuo in questione debba scegliere il pronome che più sente come proprio. “Per quel che riguarda i pronomi uso ‘loro’ e ‘lui’. A volte vengono definito come ‘lei’. Questo non ferisce, ma dipende dal contesto dal quale proviene. Se è detto in modo rude e come un insulto, non mi piace. Nonostante tutto non sono così fissato su queste questioni – è solo un pronome!”.

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Quando Alec è nato, nel 1959, tutti pensavano che fosse una ragazza, ed è così che è stato cresciuto. È all’età di 12 anni che ha iniziato a capire che c’era qualcosa che non andava: “Cominciò a crescermi la barba e avevo il ciclo allo stesso tempo. I miei genitori erano spaventati, mi portarono da dei dottori: nessuno sapeva cosa fosse l’intersessualità nella piccola cittadina dove sono cresciuto. Dissero che volevano rinchiudermi in un manicomio ma i miei genitori si opposero e mi dissero di essere quello che sentivo. Molti ragazzini intersessuali non hanno questo dono”.

A scuola non è andata così bene e gli episodi di bullismo purtroppo non sono mancati: “Quando hai un corpo come il mio, è un problema. Le persone si arrabbiano. Avevo problemi perché ci piaceva una ragazza, e io piacevo a lei. Ma tutto andò terribilmente male perché ero intersessuale e non esattamente un ragazzo. Ero chiamato lesbica, ‘lella’… e mi urlavano addosso ‘Sei malata! Sei malata!’“.

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“Dopo essermi diplomato mi sono trasferito a Toronto per avere una vita da queer: mi identificavo come una lesbica per avere il supporto di una comunità ben definita e sentirmi accettato. Non conoscevo nessun intersessuale e non sapevo neanche cosa fosse esattamente allora. Le lesbiche mascoline hanno un sacco di odio rivolto verso di loro, anche dalla comunità omosessuale. Una volta a un Gay Pride fui circondato da uomini gay che volevano calarmi giù i pantaloni. È stata molto dura”.

Alec ricorda il momento preciso in cui ha capito di essere intersessuale, a ormai più di 30 anni: “La barba però diventò presto incontrollabile e i miei amici se ne accorsero, così su loro suggerimento iniziai a farla crescere. Fu un periodo assurdo perché nei bar lesbo non andava affatto bene, mi dicevano ‘Cosa ci fai in un locale per lesbiche?’. Io rispondevo: ‘Beh, sono lesbica anch’io e alcune di noi hanno la barba!’. È solo dopo il 1995 che iniziai a capire davvero la mia intersessualità, facendo moltissime ricerche e parlando coi miei amici. Così cambiai il mio nome in Alec e non feci nient’altro, poiché il mio aspetto era già abbastanza mascolino ma femminile allo stesso tempo“.
Alec si concentra su quanto sia difficile, anche per noi che facciamo parte della comunità LGBTQI, comprendere e accettare l’intersessualità, che poco si sposa con i dettami della società moderna in quanto a posizione sociale, lavorativa, pubblica: “Una persona intersessuale ha sicuramente passato un periodo difficile prima di accettarsi. Se sono state alterate chirurgicamente sono forzate a nascondersi, e si vergognano. Molte persone si allineano con un genere o un altro: è più facile vivere così, scegliere se essere un uomo o una donna e farci l’abitudine. Ma oggi ci sono gruppi e associazioni costruiti tra persone intersessuali, ed è molto più facile per le persone nate intersex – la chirurgia non è più importante e i genitori si sono resi conto che è la loro ansia che stanno cercando di aggiustare quando scelgono l’uno o l’altro genere per il proprio piccolo”.

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La questione risale addirittura agli Aborigeni: Alec sta studiando proprio questa cultura all’Università di Toronto, e sta scoprendo moltissime cose: “Nelle comunità native del Canada, prima del colonialismo, le persone transessuali e intersessuali erano viste come doppiamente benedette perché possedevano lo spirito di entrambi uomo e donna. Erano considerate persone dalla doppia spiritualità. È controverso ma erano fortemente importanti: spesso erano guaritori, maestri o svolgevano funzioni religiose, e quasi sempre ricoprivano cariche di prestigio rispetto agli altri. Ho scoperto di avere degli antenati aborigeni e per me significa tanto: identificarmi come una identità a due spiriti vuol dire che posso stare bene e sentirmi un uomo e una donna in un solo corpo. Non sono strano, sono una parte dell’umanità. Altre persone come me esistono e sono sempre esistite, nonostante gli sforzi degli altri di cancellarci via”.

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