Amanti di orsi e prosperosità adipose, segnatevi immediatamente questo titolo: ‘Romance & Cigarettes’, terza regia dell’attore italoamericano John Turturro. Il motivo?
Perché il protagonista è il colosso burroso James Gandolfini, già fascinoso rapitore gay di Julia Roberts in ‘The Mexican’ e ineffabile padrino capomafia nel premiatissimo serial ‘The Sopranos’, maestosa montagna ambulante di carne e pelo addolcita da sguardo coccolone e modi suadenti. Nel dissacrante ‘Romance & Cigarettes’, spassoso ‘musical da doccia’ come l’ha definito il regista stesso (tutti si mettono a cantare come viene, all’improvviso), il nostro James è il pacifico operaio Nick specializzato in ponti e ponteggi, sposato con la fedele e gelosa Kitty (Susan Sarandon, dolce e materna, davvero grande) che gli ha dato tre figliole rockettare.
Ma Nick perde la testa per la scurrile Tula, sboccata commessa rosso fuoco del – vero – negozio di lingerie hard ‘Agent Provocateur’, dai modi spicci e volgari, interpretata da un’eccezionale e scatenata Kate Winslet, che lo trascina lungo gli impervi declivi dell’adulterio (leggasi: torrida storia di sesso). Il fiuto di Kitty non tarda a scoprire la tresca, complice l’intercettazione di una poesiola mal scritta all’amante, e la mogliettina decisa opta per un irresistibile confronto diretto con la focosa rivale “che ce l’ha larga”.
Noi avevamo visto il film in lingua originale a Venezia, dove era in concorso, e, rivedendolo doppiato, dobbiamo riconoscere che il fuoco di fila dei volgarissimi dialoghi, un vero e proprio turpiloquio concentrato, non è stato ammorbidito nella versione italiana: per una volta è un bene, anche perché il senso di ‘Romance & Cigarettes’ sta proprio nella forza liberatoria dell'”insulto proletario”, unita a un’irresistibile anima camp che svirgola nel trash in alcune scene cult come quella in cui Nick è involontario protagonista di un inatteso concerto intestinale per colpa di un’indigestione di liquirizia. «James Gandolfini ha aggiunto un sacco di parole irripetibili» dichiarò Turturro al Lido. «E abbiamo dovuto tagliare alcune scene perché quelle che aggiungeva Kate Winslet, improvvisando, facevano arrossire anche me!». Alcune battute possono comunque entrare di diritto tra le migliori di questa stagione cinematografica: «Quando una donna si piega gli uomini vedono una ciambella alla marmellata» oppure «mio suocero si è fatto più culi di un’asse del cesso!».
Non mancano alcuni tocchi queer: un dialogo sui gay celebri in cui si ipotizza l’omosessualità di Randolph Scott e Cary Grant
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Non mancano alcuni tocchi queer: un dialogo sui gay celebri in cui si ipotizza l’omosessualità di Randolph Scott e Cary Grant nonché un balletto in un motel con marchetta passeggiatrice e una coppia di maschi che si affaccia a una finestra canticchiando. Assolutamente geniale il bizzarro mix-up canoro che unisce perle di Janis Joplin, Tom Jones, James Brown e Bruce Springsteen a un’irresistibile cover di ‘Scapricciatello’ interpretata da un’audacissima Kate Winslet e all’indimenticata ‘Quando mi innamoro’ di Anna Identici che in un lontano Sanremo gorgheggiava a squarciagola: «È dall’amore che nasce la vita e la mia vita la do all’amore!». In ruoli secondari, a coronare un cast di prima grandezza, brillano nomi quali Christophen Walken, Steve Buscemi, Mary Louise-Parker e Barbara Sukowa. Fa invece storcere un po’ il naso il finale che stravolge il tono scanzonato del film, ma è anche comprensibile la buona intenzione di Turturro di rendere più serio il progetto scegliendo un epilogo commovente.
Ma che cosa sappiamo del protagonista James Gandolfini, in Italia non ancora una star? Mettiamoci l’anima in pace: nonostante abiti nel supergay Greenwich Village di New York, è etero e ha divorziato nel 2002 da Marcy Wudarski che gli ha dato un figlio. Qualche mese fa ha chiuso definitivamente una relazione di un anno con Lora Somoza, assistente di Gore Verbinski in ‘The Mexican’. Non ama parlare ai giornalisti della sua vita privata ma nemmeno di quella professionale: «Non capisco perché vi interessiate così a me, non chiedete mica a un camionista del suo lavoro!». Si definisce «un pasticcio di nevrosi, una sorta di Woody Allen da 260 libbre». Prima di darsi alla recitazione, frequentando tra l’altro il prestigioso ‘Actor’s Studio’, Gandolfini ha fatto di tutto: proprio il camionista, per la Gimme Seltzer, ma anche il barista, il buttafuori e il manager di night-club. Ha esordito a Broadway in una fortunata rappresentazione di ‘Un tram che si chiama desiderio’ con Jessica Lange e Alec Baldwin. Lo stesso anno, esordio col botto al cinema in ‘Una estranea tra noi’ di Sidney Lumet con Melanie Griffith. Tra i suoi ruoli, anche quello di un pornografo in ‘8 mm’ di Joel Schumacher , del padre naturale del bimbo di Geena Davis in ‘Angie’ di Martha Coolidge e del vicino alcolizzato che cerca di violentare Robin Wright Penn in ‘She’s So Lovely’ di Nick Cassavetes. Ma i ruoli di mafioso gli si addicono come una seconda pelle, ed eccolo nei panni del viscido Bear (un orso di nome ‘orso’!) in ‘Get Shorty’ di Barry Sonnenfeld e soprattutto nel ruolo di una vita – e di una carriera – quel Tony Soprano che gli ha fatto vincere un Golden Globe nel 2000 e molti altri riconoscimenti facendolo entrare nel cuore degli spettatori di tutto il mondo. La prossima sfida? Indossare nientemeno che i panni di Ernest Hemingway in un film di Barbara Turner ancora senza titolo, incentrato sul conflittuale rapporto amoroso tra lo scrittore e la sua terza moglie, la celebre corrispondente di guerra Martha Gellorn, con cui fu sposato per cinque anni, dal 1940 al 1945: fu lei a chiedere il divorzio, ribadendo di non avere l’intenzione di «essere una postilla nella vita di nessuno».
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