Figlio di un cristiano, Abu Tammam nacque nell’805 (data incerta) a Jasim, piccola località nel sud della Siria. Dopo aver trascorso la giovinezza a Homs da tessitore e venditore d’acqua, debuttò come poeta e filologo in Egitto. Solo in Iraq troverà però la sua fortuna, nella capitale Baghdad alla corte di illustri califfi. Morì a Mosul nell’845 (altra data incerta).
Abu Tammam fu faro della letteratura araba del IX secolo, che nella sua era Abbaside (dal nome della dinastia regnante, la terza del mondo islamico) raggiunse il massimo splendore – rompendo gli schemi lirici tradizionali – dopo la lunga tradizione orale e la codifica della parola di Allah nel Corano. Gli Abbasidi fondarono Baghdad e la elessero a capitale, regnando fino al XIII secolo. Fiorirono in questi secoli anche la filosofia e le scienze.
Tammam deve la sua fama alle Hamasa (in arabo “esortazioni”), una delle più grandi antologie di letteratura araba mai scritte. Molte delle poesie raccolte, caricate di immagini artificiose e retoriche, sono frammenti selezionati da lunghi poemi.
Quando, al colmo dell’ebbrezza, infine
s’addormentò, quando i suoi occhi
misero fine alla ronda notturna,
cedendo a loro volta al sonno,
m’avvicinai a una distanza
conveniente, come s’accosta a un compagno
che sa pienamente il valore
di ciò che s’appresta a saggiare,
per vellicarlo come si vellica
una bellezza sonnolenta,
per sfiorarlo
come si sfiora un effluvio.
La notte trascorse così
con lui sempre addormentato,
finché l’aurora non schiuse
le sue labbra con un sorriso.
In “L’amato dorme” il poeta certifica la rassicurante quotidianità di un amore tra due uomini con parole delicate e una sensibilità quantomai contemporanea. La distanza diventa conveniente, la bellezza sonnolenta, l’aurora schiude le labbra con un sorriso. Il valore di ciò che l’uomo s’appresta a saggiare è cosa nota, ma non per questo meno appagante. L’amore è qui, tra le parole di questa antichissima poesia araba, baciato da una notte come tante.
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