LUI GAY, LEI NO.

Stranamore, tra fisicità e incompatibilità

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3 min. di lettura

Sono una ragazza di 26 anni. Due anni fa ho conosciuto un ragazzo più giovane di me di tre che mi ha subito confidato di essere omosessuale. Si tratta però di un’ omosessualità di fondo non accettata, detta solo a pochi (non ai genitori, ad esempio), e piena di ansie, paure e recriminazioni per il fatto di non essere nato "normale". A parole, le sue idee sono molto chiare: sa da sempre di essere così, non prova attrazione per le donne e cerca qualcuno che gli piaccia sentimentalmente (naturalmente uomo).

Finora non ha mai fatto sesso, anche se si è innamorato di un suo coetaneo. Di fatto, però, tra noi si è instaurato sin da subito un rapporto molto stretto e confidenziale, che col tempo è diventato sempre più intenso. Anche senza mai avere veri e propri rapporti, abbiamo raggiunto una fisicità piuttosto insolita, almeno rispetto ai normali limiti che esistono tra due amici. Un "rapporto strano", fatto di molta confusione da parte mia e di suoi "sprazzi" d’orgoglio per il proprio modo di essere, altalenati a confidenze sul desiderio di avere una "famiglia normale" e magari un figlio.

Quando mi sono accorta di essermi innamorata ho creduto meglio tirarmene fuori. Lui non l’ha presa bene. Ha detto di non essere innamorato di me, ma di volermi bene e di non voler rinunciare a questa "amicizia". Di fatto non ha voluto (o potuto) spiegarmi che razza di sentimento fosse quello che provava per me. Non è finita bene, ma con molte cattiverie dette e fatte. Non ci sentiamo più da tre mesi. Ho provato a richiamarlo ma ha risposto di non avere niente da dirmi: non sono per lui ed è bene che lo lasci in pace. A me manca, ci sto anche male, ma sono pure sollevata, come se mi fossi tolta un peso.

Mi rimane l’impressione di aver vissuto una sorta di "terza via", poco per essere amore, ma troppo per essere amicizia. E il senso di una sorta di rabbia sua nei miei confronti. L’unica mia amica a conoscenza di tutta questa storia mi ha consigliato di non continuare a chiedere spiegazioni che, in questo momento, non mi verrebbero comunque date; a suo giudizio per lui io costituisco, ora, un problema e mi ha suggerito di far trascorrere il tempo. Io vorrei solo provare a capire.

Grazie.

Paola

Ciao Paola,

leggere di queste relazioni mi fanno capire che l’amore non ha limiti e gli intrecci sono così pregnanti al punto che ogni volta mi stupisco, quando la cosiddetta cultura omologante, quella della "Famiglia" (unica, sacra e assoluta, sigh!) vuole restringere e delimitare qualcosa che non è limitabile e spesso inspiegabile, sicuramente complesso.

Se l’amore è crescita, e io credo lo sia, allora la tua storia ha avuto ed ha un senso nel tuo percorso esistenziale e, ovviamente anche in quello del tuo amico.

Di solito mi aspetto sempre una domanda da coloro che scrivono a LEO e tu, in realtà, mi hai raccontato con sintesi e completezza la tua situazione, tanto che mentre ti leggevo pensavo: "però, com’è consapevole questa donna e com’è centrata su se stessa!". Sai, quelle frasi d’apprezzamento che noi psicologi, a volte per deformazione professionale, diciamo anche quando non dovremmo!

Alla fine ti chiedi (e forse mi chiedi) "io vorrei provare a capire".

Capire l’amore, cosa provi tu? Cosa prova l’altro? Capire cosa fare?

Un aspetto emotivo che ho percepito e che mi ha particolarmente toccato è la sensazione della mancanza che provi nel pensarlo, nel ricordarlo. Questa potrebbe essere una tipica costellazione emotiva di chi si trova a dover affrontare un lutto psicologico.

Allora posso rilevare due cose: la prima, che la voglia di raccontare la tua storia ha un senso, che si costruisce e si chiarisce man mano che ne parli. Permette non solo l’autoesplorazione della tua attuale situazione esistenziale, ma anche trovare riferimenti interiori, che secondo me già hai, e che saranno di autosostegno per attraversare e accettare fino in fondo i limiti di questa meravigliosa (?) relazione.

L’altra riguarda la perdita e la sofferenza inevitabile, a volte con tensioni d’ansia d’attaccamento che però, sono gestite da un IO consapevole e responsabile, cioè in grado di valutare i pro e i contro.

Forse, e concludo, non c’è niente da capire se non il fatto che esiste una diversità, che questa non promette una continuità di un certo tipo e, che non è orientata verso una relazione piena (cuore, testa, bacino), ma solo, come sembra, verso un’"amicizia" (le virgolette, come tu hai messo, danno un senso più ampio e complesso alla relazione).

In fondo anche le relazioni eterosessuali comuni (se esistono) possono avere come epilogo situazioni di questo genere!

Infine, prima di capire l’altro non sarebbe meglio, come già stai facendo, capire e ascoltare se stessi? Un ascolto emotivo, attento ai propri bisogni, sentimenti ed emozioni aiuta sempre più e meglio la comprensione di se stesso, sprona all’azione ed evita razionalizzazioni e spiegazioni superflue.

Auguri!

LEO

di Maurizio Palomba

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