La nuova vicenda giudiziaria arriva da Bari. Nella città pugliese vivono due donne, una coppia lesbica. Una delle due è di origine inglese, l’altra italiana, e sono unite civilmente, quindi per la legge italiana sono considerate una coppia. Insieme hanno anche un figlio, che è nato in Inghilterra. Nel paese britannico, la legge stabilisce che il bimbo è figlio di entrambe le donne, le quali volevano fare lo stesso in Italia. E il Comune di Bari così aveva fatto. Un’azione che sta diventando una normalità negli ultimi anni, anche se con qualche ostacolo risolto poi dal tribunale.
Stavolta, invece, a creare problemi è il ministero degli Interni. Il Viminale infatti è intervenuto, bloccando il riconoscimento e ordinando che l’atto venga eliminato. La coppia lesbica, sostenuta dal Comune di Bari, dovrà ora andare a processo contro il ministero degli Interni.
Ministero contro coppia lesbica: l’assurda battaglia
Secondo il Viminale, a impugnare l’atto e impedire la trascrizione dell‘atto di nascita del bambino è stata l’avvocatura di Stato, in una causa portata avanti dalla legale Ines Sisto Monterisi. Secondo la Gazzetta del Mezzogiorno, il ministero ha spiegato che la decisione deriva dal fatto che la “legge italiana relativa alle unioni civili non parla di filiazione“. Senza tener conto delle sentenza già presenti, il ministero ha sancito che “il fatto che le due donne siano unite civilmente anche in Italia è irrilevante“. E conclude, motivando l’opposizione in quanto “non avendo la madre italiana un legame biologico con il minore, il bambino non può avere la cittadinanza che in Italia è solo per diritto di sangue“.
La trascrizione dell’atto ha colto l’attenzione del ministero degli Interni per l’azione della Procura, che prima aveva bloccato l’atto, per poi ripensarci e consentendo al Comune di proseguire. Questa opposizione e la successiva retromarcia aveva fatto insospettire il ministero che ha voluto vederci chiaro.
Ma le sentenze già ci sono
La Corte di Cassazione, però, ha già sancito in passato che il legame biologico non deve essere vincolante per il riconoscimento di un atto di nascita. La discendenza biologica, spiega la sentenza 19599 pubblicata nel 2016 dalla Corte, “non è considerata requisito essenziale alla filiazione“. Anche per quanto riguarda le coppie composte da persone dello stesso sesso. Un’altra sentenza molto simile c’è stata nel 2017 (la sentenza 14878). E anche in quell’occasione vedeva una coppia lesbica che lottava per essere riconosciuta come famiglia anche dallo Stato italiano. Infine, recentemente è toccato alla Corte d’Appello di Perugia, quando il comune non intendeva riconoscere lo stato civile di un bambino.
Per quest’ultimo caso, invece, le due mamme dovranno andare davanti a un giudice. A sostenerle ci saranno Avvocatura per i diritti Lgbt – Rete Lenford e il Comune di Bari. Questo caso è un po’ diverso, però, perché è già presente un atto di nascita che indica le due donne come madri del bimbo.
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