‘Non è peccato – La Quinceañera’ di Richard Glatzer e Wash Westmoreland (i registi dello sfizioso The Fluffer) è stata la sorpresa d’essai di quest’anno, un film indipendente ammirato dalla critica capace di sbaragliare gli avversari al Sundance vincendo i due massimi premi, il Gran Premio e il Premio del Pubblico.
Si tratta di una commedia etnica ambientata nella comunità latinoamericana di Los Angeles in cui si intrecciano le storie di due adolescenti cacciati di casa dai genitori: Madgalena (la debuttante Emily Rios), figlia di immigrati messicani, viene ripudiata dal padre bigotto alla vigilia del quindicesimo compleanno perché incinta e così non riesce a festeggiare la Quinceañera, celebrazione tradizionale molto sentita che rappresenta una sorta di rito di passaggio all’età adulta. Così è costretta ad andare a vivere dallo zio Tomas (Chalo Gonzales), venditore ambulante di champurrado, una specie di cioccolata calda messicana.
Magdalena è costretta a convivere col cugino Carlos (Jesse Garcia), a sua volta cacciato di casa perché gay
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Magdalena è costretta a convivere col cugino Carlos (Jesse Garcia), a sua volta cacciato di casa perché gay e che non vede di buon occhio la presenza in casa della ragazzina. Ma i due impareranno a volersi bene, anche perché la casa in affitto è minacciata dalle losche mire di una coppia di omosessuali bianchi, ricchi e senza scrupoli che vuole rivalutare i beni immobiliari di tutto il quartiere ignorando le esigenze di chi ci abita.
Concepito e girato a tempo di record (tre settimane per scrivere la sceneggiatura e diciotto giorni sul set), Non è peccato – La Quinceañera è un esempio di Kitchen Sink Drama, letteralmente “Dramma del lavandino della cucina”, ossia la rivisitazione di quei testi teatrali degli anni ’50-’60 inglesi ispirati allo stile realista di Owen e Wesker con ambientazioni popolari e personaggi spesso emarginati e indigenti.
I due registi hanno voluto girare a due passi da casa utilizzando molti attori non professionisti, nel quartiere ispanico di Echo Park che è a tutt’oggi uno dei vivi e creativi della città, colmo di artisti e adorato dagli omosessuali (il titolo internazionale del film è proprio Echo Park, L.A.). Per realizzare le riprese hanno così coinvolto tutti gli abitanti del quartiere che si sono prodigati prestando vestiti, cucinando per la troupe e fornendo le molte comparse necessarie (più di cento per la sola scena della cerimonia con una sequenza di lotta e apparizioni di mariachis e ballerini di valzer).
Un film curioso e originale, che innesta la tematica gay in una riflessione sulle dinamiche sociali di una minoranza etnica estremamente religiosa e sempre più influente negli Usa (e anche a Hollywood, si pensi a Iñarritu, Cuaron, Del Toro) tra fiumi di tequila e ottima musica reggaeton.
Lo distribuisce in Italia la lungimirante Teodora Film, che con 5 Pezzi Facili aveva già garantito un’uscita nelle sale di due ottimi film a tematica gay, Il tempo che resta e A Soap.
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