«L’innamoramento è sempre un’esperienza estrema: quando ci si innamora, l’altro diventa un’ossessione» sostiene Ian McEwan, celebrato scrittore inglese col gusto del paradosso, dallo stile elaborato e dalle tematiche morbose, autore dell’estremo ‘Il giardino di cemento’ da cui Andrew Birkin trasse un bellissimo film sull’infanzia abbandonata e del gay ‘Cortesie per gli ospiti’ la cui trasposizione cinematografica di Paul Schrader con Rupert Everett fu molto meno riuscita. Da un suo libro del 1997, ‘Enduring Love’, Roger Michell (eclettico regista del leggero ‘Notting Hill’ e della forte sorpresa ‘The Mother’) ha tratto ‘L’amore fatale’, uscito venerdì scorso nelle sale italiane e presentato con interesse a Venezia.
Attacco fulminante: in un prato verde una giovane coppia, Joe e Claire (l’ossuto Daniel Craig e l’intensa Samantha Morton di ‘Minority Report’) sta preparando un picnic quando improvvisamente compare rasoterra una mongolfiera in difficoltà: cinque persone, tra cui Joe, tentano di soccorrere gli occupanti, un anziano e il suo nipotino. Un colpo di vento risolleva improvvisamente il velivolo e i cinque restano attaccati a una cima: quattro riescono a buttarsi in tempo, un medico di mezz’età resta sospeso in volo e precipita poi rovinosamente perdendo la vita. Il bimbo a bordo riesce quindi a far atterrare la mongolfiera a qualche chilometro di distanza.
La tragedia sconvolge la vita di Joe che non riesce a elaborare il senso di colpa (se non avesse mollato la cima l’uomo si sarebbe salvato?) e un altro superstite, Jed, un ragazzo affetto da solipsismo e con l’aspetto di un Nazareno trasandato, dichiara di essere follemente innamorato di lui e inizia a perseguitarlo pedinandolo e sostando fuori casa sua in eterna attesa.
Strano film, questo thriller psicologico che sembra un’’Attrazione fatale’ in chiave gay (e non solo per il titolo) e vorrebbe scavare a fondo il tema dell’ossessione amorosa: «L’amore umano dura? O l’unico amore che dura davvero è quello del matto, di un maniaco o quello del bigotto religioso? L’amore è solo un trucchetto della biologia che serve a farci riprodurre o ha una funzione superiore?» si chiede il regista. In realtà, a parte l’inizio intrigante, ‘L’amore fatale’ è un film freddo e narrativamente troppo diluito che lascia molto perplessi e dell’amore omo non ricambiato non si analizzano altre sfaccettature se non quella patologica dell’ossessione fine a se stessa. Perché l’amore di Jed per Joe non deve trascendere i suoi problemi psicologici?
Se la crisi con la fidanzata Claire può far intuire un’omosessualità latente poi smentita dalla seconda parte del film molto convenzionale (il bacio gay che inizialmente la produzione non voleva girare, al contrario del protagonista Daniel Craig desideroso di fare più ciak non è stato comunque tagliato), in realtà le motivazioni dell’evoluzione emotiva dei personaggi restano nel cervello dei protagonisti e non vengono comunicate agli spettatori a cui non resta che confrontarsi con un’atmosfera un po’ asfittica e caratteri distanti e antipatici.
Rispetto al libro i protagonisti cambiano professione (Joe non è divulgatore scientifico ma insegnante e guarda caso parla agli allievi sempre di amore, Claire è una scultrice e non una studiosa di poesia romantica) e manca tutta la parte sull’analisi clinica della patologia di Jed che viene diagnosticata come sindrome di De Clérambault, una forma ossessiva di delusione amorosa che può portare alla violenza.
Recitato bene e con sofferta partecipazione da tutti gli attori, lascia però un fastidioso retrogusto di operazione intellettualoide un po’ supponente.
Avvertenza: se andate a vederlo rimanete fino alla fine dei titoli di coda per conoscere la sorte del povero Jed.
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