Papa Giovanni Paolo II: 25 anni di omofobia e guerra ai diritti civili di Karol Wojtyla

Papa Giovanni Paolo II è stato il 264º papa della Chiesa cattolica e vescovo di Roma, 6º sovrano dello Stato della Città del Vaticano, primo papa non italiano dopo 455 anni, eletto pontefice il 16 ottobre 1978 e rimasto papa fino alla sua morte, avvenuta il 2 aprile 2005. Nel 2011 beatificato dal suo successore papa Benedetto XVI e nel 2014 proclamato santo da papa Francesco, Karol Józef Wojtyła è stato il primo pontefice polacco della storia nonché il primo proveniente da un Paese di lingua slava. Il suo pontificato è durato 26 anni, 5 mesi e 17 giorni, diventando così il terzo pontificato più lungo in assoluto, dopo quelli di Pio IX e tradizionalmente attribuito a Pietro apostolo. 26 anni, 5 mesi e 17 giorni contraddistinti anche da discusse e discutibili dichiarazioni in relazione ai diritti, tra omosessualità, divorzio e aborto, come troppo spesso dimenticato. Andiamo a rileggerne alcune. Giovanni Paolo II, 25 anni di pontificato omofobo firmati Karol Wojtyła Omosessualità disordinata e cattiva Nel 1986 la Congregazione per la dottrina della fede emanò un documento intitolato Cura pastorale delle persone omosessuali (De pastorali personarum homosexualium cura), in cui si affermava: "Occorre invece precisare che la particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l'inclinazione stessa dev'essere considerata come oggettivamente disordinata". Il documento portava la firma dell'allora prefetto della Congregazione, il cardinale Joseph Ratzinger, poi successore di Wojtyla. L'Angelus omofobo del 1994 Il 20 febbraio del 1994, durante un Angelus, Giovanni Paolo II parlò così della risoluzione approvata dal Parlamento Europeo. "In essa non si sono semplicemente prese le difese delle persone con tendenze omosessuali, rifiutando ingiuste discriminazioni nei loro confronti. Su questo anche la Chiesa è d'accordo, anzi lo approva, lo fa suo, giacché ogni persona umana è degna di rispetto. Ciò che non è moralmente ammissibile è l'approvazione giuridica della pratica omosessuale. Essere comprensivi verso chi pecca, verso chi non è in grado di liberarsi da questa tendenza, non equivale, infatti, a sminuire le esigenze della norma morale. Cristo ha perdonato la donna adultera salvandola dalla lapidazione, ma le ha detto al tempo stesso: "Va' e d'ora in poi non peccare più". "Questo dico con grande tristezza, perché tutti abbiamo grande rispetto della Comunità Europea, del Parlamento Europeo; conosciamo i tanti meriti di questa istituzione. Ma si deve dire che con la risoluzione del Parlamento Europeo si è chiesto di legittimare un disordine morale. Il Parlamento ha conferito indebitamente un valore istituzionale a comportamenti devianti, non conformi al piano di Dio: ci sono le debolezze - noi lo sappiamo - ma il Parlamento facendo questo ha assecondato le debolezze dell'uomo". A detta di Giovanni Paolo II le persone omosessuali dovevano vivere in castità. L'attacco al World Pride Dopo aver provato in tutti i modi a fermare l'annunciato primo storico World Pride del 2000, che si tenne a Roma contemporaneamente al Giubileo, durante l'Angelus e davanti a 30.000 fedeli Papa Giovanni Paolo II espresse dalla finestra di piazza San Pietro "amarezza per l'affronto recato al grande Giubileo dell'anno Duemila e per l'offesa ai valori cristiani di una città che è tanto cara al cuore dei cattolici di tutto il mondo". Non parlò mai esplicitamente del Pride, ma fu evidente a tutti a cosa si riferisse. La dismissione del prete che benediva matrimoni gay Il 25 gennaio 2003, con un decreto della Congregazione per la dottrina della fede, Giovanni Paolo II ordinò la dimissione dallo stato clericale di Franco Barbero, della Comunità ecclesiale di base di Pinerolo che aveva simbolicamente benedetto alcuni matrimoni omosessuali. L'attacco alle unioni gay https://www.youtube.com/watch?vRi6XBR9_sUE Il 28 marzo 2003, nell'Udienza concessa a Joseph Ratzinger, Giovanni Paolo II attaccò frontalmente le unioni tra persone dello stesso sesso. "La Chiesa insegna che il rispetto verso le persone omosessuali non può portare in nessun modo all'approvazione del comportamento omosessuale oppure al riconoscimento legale delle unioni omosessuali. Il bene comune esige che le leggi riconoscano, favoriscano e proteggano l'unione matrimoniale come base della famiglia, cellula primaria della società. Riconoscere legalmente le unioni omosessuali oppure equipararle al matrimonio, significherebbe non soltanto approvare un comportamento deviante, con la conseguenza di renderlo un modello nella società attuale, ma anche offuscare valori fondamentali che appartengono al patrimonio comune dell'umanità. La Chiesa non può non difendere tali valori, per il bene degli uomini e di tutta la società". Contro l'aborto e l'eutanasia Nell'enciclica Evangelium vitae del 25 marzo 1995, Papa Giovanni Paolo II definì «democrazie totalitarie» gli Stati democratici che consentono l'interruzione volontaria di gravidanza. Nel 1998, attaccando la legge 194, disse che in Italia "negli ultimi vent'anni ben tre milioni e mezzo di bambini sono stati soppressi con il favore della legge, oltre a quelli eliminati in modo clandestino". Il pontefice definì inoltre l'eutanasia "una grave violazione della Legge di Dio, in quanto uccisione deliberata moralmente inaccettabile di una persona umana". Contro il divorzio Giovanni Paolo II ribadì in più occasioni la posizione contraria della Chiesa all'ammissione di cattolici divorziati risposati o conviventi con altri, al sacramento dell'eucaristia. Il no al sacerdozio delle donne Giovanni Paolo II si è più volte espresso contro l'ordinazione al sacerdozio delle donne. Nel 1979 disse ad una suora: "la fedeltà a Cristo, soprattutto nella vita religiosa, non può essere mai separata dalla fedeltà alla Chiesa, non è da sottovalutare il fatto che la vostra consacrazione a Dio deve manifestarsi nel segno esteriore permanente di un semplice e idoneo abito religioso". Concetto ribadito nel 1988 e nel 1994, quando disse che "la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l'ordinazione sacerdotale, e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli". Nel 1999 la sua ultima parola sull'argomento: "l'insegnamento sul sacerdozio riservato agli uomini riveste il carattere di quella infallibilità che è legata al Magistero ordinario e universale della Chiesa". Il rifiuto del preservativo dinanzi all'epidemia di hiv Karol Wojtyla è da molti considerato uno dei responsabili della diffusione dell'aids in Africa, avendo ampiamente e più volte condannato l'utilizzo di quei preservativi che avrebbero potuto evitare il contagio a centinaia di migliaia di persone, compresi tantissimi bambini.

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Per non dimenticare l'odio a lungo esplicitato da Karol Wojtyła, secondo cui l'omosessualità era un inammissibile disordine morale.

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