Il più antico pub gay di Amsterdam, lo Spijker Bar, è stato rinominato IKEA per aumentare la consapevolezza delle difficoltà finanziarie affrontate dal settore della ristorazione nel pieno della pandemia, con lockdown a ripetizione, mentre i centri commerciali e le grandi catene hanno potuto continuare a lavorare. Almeno in Olanda.
I proprietari Steven Koudijs e Tomas Adamer hanno avuto la sfortuna di entrare in qualità di gestori dello Spijker Bar il 1 marzo del 2020. Due settimane è arrivato il primo lockdown da Coronavirus. Intervistati da PinkNews, hanno sottolineato come “il governo olandese ha deciso ieri (21 gennaio) che ci sarà una sorta di compensazione dell’affitto e dei costi del personale, da richiedere a partire da maggio 2021, compensando da gennaio 2021 in poi. È abbastanza tardi, siamo già chiusi da metà ottobre 2020. Siamo fiduciosi, tuttavia, che con l’aiuto della nostra comunità, saremo presto in grado di festeggiare”.
A causa della data in cui hanno assunto la proprietà del locale, non sono stati in grado di fornire al governo olandese dati relativi al fatturato del 2019, in modo da ottenere aiuti economici. Per sopravvivere hanno dato vita ad una raccolta fondi on line, con 16.000 euro ad oggi incassati e un obiettivo finale di 60.000 euro. Dovessero superarlo, doneranno i fondi rimanenti a un ente di beneficenza per l’AIDS.
I proprietari definiscono il bar come un “posto pazzo, accogliente e speciale“, e si augurano che possa “rimanere il posto speciale che è sempre stato, dal 1978“, anno della sua fondazione. Koudijs non ha un problema specifico con IKEA, ma quell’insegna è nata come pura e semplice provocazione. “Quando abbiamo messo il cartello, solo il settore dell’ospitalità era chiuso. Erano aperti grandi negozi come IKEA, con numerosi clienti senza alcuna distanza. Se un lockdown funziona, deve essere applicato a tutti.”
Lo Spijker Bar ha riaperto da giugno a ottobre 2020, ma con una capacità ridotta di soli 20 a 25 ospiti. Il comune di Amsterdam ha autorizzato il bar ad ampliare la propria terrazza all’aperto per compensare i limiti imposti agli ospiti. Tuttavia, durante questo periodo hanno dovuto assumere anche un buttafuori aggiuntivo per far rispettare le restrizioni. A detta dei proprietari, i costi mensili ammontano a 12.000 euro al mese.
Negli ultimi dodici mesi decine e decine di storici locali LGBT hanno chiuso, fallendo dinanzi ai lockdown da pandemia.
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