Il rimpatrio quando una persona è gay: come si accerta l’orientamento sessuale?

In certi Paesi si ricorrono ai test anali, condannati dalla comunità scientifica.

rimpatrio
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Secondo la Corte di Cassazione, una persona straniera in Italia non può essere rimpatriata se nel suo Paese può essere vittima di persecuzioni. A bloccare il rimpatrio è la sentenza 2907 del 2008, e riguarda per l’appunto l’orientamento sessuale del soggetto. Nel caso specifico che ha portato poi alla sentenza, l’individuo era un extracomunitario che non poteva tornare nel suo Paese poiché omosessuale. Per la legge, sarebbe stato arrestato o comunque perseguitato. Difatti la sentenza prevede la cancellazione del rimpatrio se nel Paese l’omosessualità è penalmente sanzionata.

Ma non è tutto. Non basta che la legge punisca l’orientamento sessuale quando questo “non è etero”. Difatti, si deve anche accertare che lo straniero possa fare ritorno solo in quel Paese (di cui è originario) e che l’omosessualità sia sanzionata come pratica personale e non come “manifestazione esteriore”.

Asilo politico a stranieri omosessuali per evitare il rimpatrio

Sono numerosi i casi in cui l’omosessualità di una persona è  messa in discussione quando si parla di concedere o meno lo status di rifugiato politico. Un caso che ha fatto il giro del mondo è quello di un ragazzo afghano, arrivato in Austria ancora minorenne. A Vienna, il ragazzo è stato inserito nella lista di coloro destinati al rimpatrio, nonostante fosse gay. La motivazione aveva scatenato mille polemiche. Non si comporta come un omosessuale.

Basandosi sugli stereotipi, le autorità che hanno preso in esame il suo caso, hanno appurato che non si vestiva e non si atteggiava come un ragazzo gay, usciva solo con pochi amici e non era estroverso come dovrebbe essere un omosessuale e mostrava “una carica di aggressività che non ci si aspetta” da un ragazzo gay. Altra prova fondamentale: non ha mai baciato un ragazzo. Senza pensare che in Afghanistan questa azione potrebbe costare la vita. Per questo motivo, la sua vita ancora adesso dipende da Vienna.

Un’altra testimonianza arriva dalla Svezia, dove un ragazzo iraniano sta per essere rimpatriato. Le autorità non credono alla sua omosessualità, nonostante la presenza del suo ragazzo (di origine italiana ma che vive in Svezia) che ha testimoniato a suo favore. Il motivo del rifiuto dello status di rifugiato sarebbe da attribuire che il ragazzo non avrebbe parlato subito del suo orientamento, temendo che la sorella (residente anche lei in Svezia e ignara di tutto) lo potesse scoprire.

Arrivando in Italia, è di pochi giorni fa la notizia di un ragazzo marocchino, ora in stato di arresto per spaccio di stupefacenti. Alla fine della pena detentiva (a giugno) scatterà il rimpatrio in Marocco. Per evitare di tornare nel suo Paese, il ragazzo ha affermato di essere gay. Ma niente da fare: i giudici non credono alla sua omosessualità. Non si conosce il destino di questo ragazzo e se sia veramente gay. Ma non sono pochi coloro che si fingono omosessuali proprio per evitare il rimpatrio.

Andando oltre la sentenza, ci si chiede: come fanno le autorità a capire se una persona è gay oppure no?

Come capire se una persona è gay?

Secondo le autorità, una legislazione discriminatoria non è una prova sufficiente per confermare lo status di rifugiato o impedire il rimpatrio. Si richiedono quindi anche altre prove a supporto delle persecuzioni che confermino l’arresto o le violenze fisiche nei confronti delle persone omosessuali da parte dello Stato. In assenza di queste, come confermare l’orientamento sessuale di una persona?

Nei Paesi dove l’omosessualità è vietata per legge, i giudici ordinano i test anali, una pratica che per i danni psico-fisici che crea è paragonata a una tortura e a un’umiliazione che lede per sempre il rapporto medico-paziente. Oltre a essere condannata dagli stessi medici come pratica disumana, non ha alcuna valenza scientifica. Tale test dimostra inoltre una grande ignoranza della comunità LGBT, oltre ai rapporti sessuali, di qualsiasi orientamento. Per quanto riguarda i Paesi più “civilizzati”, la conferma dell’orientamento sessuale si ottiene attraverso le testimonianze di amici e/o familiari con cui la persona abbia fatto coming out. La presenza di un compagno o di una compagna sarà un ulteriore punto a favore. Nessun test fisico è autorizzato. Basteranno gli stereotipi.

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