Serie tv queer e visibilità: quando la comunità è ben raccontata

La rappresentazione queer nelle serie tv ha affrontato momenti di alti e bassi. Alcuni personaggi hanno fatto la storia e sono diventati iconici, altri invece sono stati pesantemente criticati e cancellati per come sono stati scritti e interpretati. Di certo, la visibilità della comunità LGBTQ+ è fondamentale e sta sempre più prendendo i suoi meritati spazi. Ci sono alcuni personaggi, però, che hanno fatto la storia e che hanno segnato dei punti di riferimento nella rappresentazione LGBTQ+. Personaggi lontani dagli stereotipi e che hanno aperto la strada per nuovi discorsi e nuove conversazioni, diventando anche esempi per intere generazioni. Ecco allora alcuni dei personaggi queer più influenti nel mondo delle serie tv. Gigi Ghorbani (The L Word - Generation Q) Iniziamo con uno dei più grandi plot twist delle serie tv nel 2021: Gigi Ghorbani in The L Word – Generation Q. Il reboot della storica serie The L Word, che ha portato un mondo interamente dedicato alle lesbiche sul piccolo schermo già nel 2004, ha debuttato durante l’estate con la sua seconda stagione. Mettiamo un attimo da parte l’iconicità di Better Porter, Alice e Shane, perché Gigi ha letteralmente rubato il cuore del pubblico. Gigi Ghorbani è interpretata da Sepideh Moafi, l’attrice persiana già star di The Deuce. Nella prima stagione il suo personaggio era molto marginale, approfondito invece in questa seconda. Oltre ad essere l’esempio perfetto di come ci si dovrebbe comportare in una relazione sana dove la comunicazione è alla base di tutto, Gigi è un enorme passo avanti per la rappresentazione. Come l’attrice che la interpreta, infatti, anche lei è iraniana. Si può immaginare come, sino ad ora, la rappresentazione per le donne lesbiche in Medio Oriente sia stata carente, per non dire assente in alcuni casi. Non solo, ma nel corso degli episodi la sentiamo anche parlare in farsi, la lingua ufficiale parlata in Iran. Decisamente un personaggio positivo. Elena Alvarez e Syd (One Day at a Time) Le vicende degli Alvarez sono state oggetto di tante risate durante le tre stagioni di One Day at a Time, in cui la famiglia colombiana affronta la vita giorno per giorno, con tutti gli alti e i bassi e le sorprese del caso e anche un cast non da poco, a partire da Justina Machado e Rita Moreno. Si potrebbe stare ore a parlare di tutti i personaggi e della loro simpatia, ma concentriamoci su Elena e, per riflesso, sulla sua dolce metà, Syd. Interpretate da Isabella Gómez e Sheridan Pierce, Elena e Syd sono rispettivamente lesbica e non-binary. Il pregio che va riconosciuto alla serie è quello di non aver trasformato la loro storia in una di quelle commedie adolescenziali piene di stereotipi su teenager e scoperta della sessualità in quegli anni. Elena e Syd sono adorabili perché ci si può facilmente identificare con loro. Quando si incontrano sono timide e impacciate, e anche durante la loro relazione imparano poco a poco a comunicare apertamente. A chi non è mai capitato di incespicare o perdere la parola parlando con la propria crush? Un bel cambio di direzione dai soliti teen drama che siamo abituati a vedere, anche per le coppie queer. Ne servirebbero di più. Taylor Mason (Billions) Restando in tema di personaggi non-binary, non possiamo non parlare di Taylor Mason, uno dei personaggi di Billions. La serie del 2016 ha fatto letteralmente la storia. Perché? Semplice, Taylor è il primo personaggio genderqueer nella storia della serialità televisiva in Nord America. È interpretato da Asia Kate Dillon, a sua volta non-binary che per autodefinirsi usa i pronomi they/them. Asia è stat* anche al centro della polemica nata con gli Emmy Award – e poi estesa a tutti gli altri premi negli ultimi anni – sulla distinzione anatomica e di genere tra attori e attrici nelle categorie dei premi. Tutto è nato proprio nel 2016, quando Asia era candidat* proprio per Billions e Showtime ha chiesto in quale categoria avrebbe preferito appartenere. Inutile dire che sul tema genderqueer c’è ancora molto da fare e da far comprendere a livello sociale, ma la conversazione che è appena iniziata sta dando i primi risultati. Se personaggi come Taylor Mason non sono positivi per la rappresentazione, cosa dovrebbe esserlo? Eric Effiong (Sex Education) Lo abbiamo adorato in Sex Education ed è l’amico pieno di supporto e sarcasmo che tutti vorremmo avere. Eric è uno dei protagonisti della serie di successo ed è interpretato da Ncuti Gatwa. È gay e proviene da una famiglia cristiana molto religiosa nigeriana/ghanese. Ha fatto coming out quando aveva 13 anni, anche se non tutti i membri della sua famiglia lo sanno, e il suo rapporto con la fede ha avuto alti e bassi. Eric è amato principalmente per il suo spirito e alcune sue citazioni sono già iconiche. Ma anche in fatto di stile, non ha paura di essere sé stesso. Il suo abbigliamento e il suo gusto nella moda ricadono in abiti colorati e vivaci, sempre accompagnati dal pesante trucco spesso ispirato al drag. Nella terza stagione lo vediamo anche andare alla scoperta della comunità queer nigeriana, che non si vede spesso sullo schermo e che si ritrova rigorosamente di nascosto, perché in Nigeria l’omosessualità è ancora punita con la prigione. Il rapporto con la sua famiglia è particolare ma là fuori, nel mondo, non si nasconde, motivo per cui è diventato un esempio per tanti uomini gay alle prese con la propria sessualità. Eric è veramente orgoglioso di chi è: non tradisce la sua identità per compiacere gli altri e nemmeno se ne vergogna. Potremmo imparare qualcosa da lui. Nomi Marks (Sense8) Sense8 è stata una delle serie più inclusive e queer di sempre. Forse è anche questo il motivo per cui, quando Netflix ha pensato bene di cancellarla il primo giorno del Pride Month nel 2018, è scoppiata una vera e propria rivolta sui social. In quanto a inclusività, un gruppo con poteri psichici, connessi mentalmente in ogni parte del globo, capaci di sentire e provare ciò che provano e sentono gli altri è quanto di meglio si possa chiedere. Tra i tanti personaggi di cui potremmo parlare, Nomi Marks è sicuramente uno di quelli che ha lasciato più un impatto, sempre in coppia con l’amata Amanita (Freema Agyeman). Nomi è una hacker transessuale ed è interpretata da Jamie Clayton, l’attrice anch’essa trans che abbiamo visto anche in The L Word – Generation Q. A lei viene lasciato anche il compito di dare voce al messaggio di fondo della serie, diventato un mantra anche nella vita reale: «Oggi cammino per ricordare che non sono solo un me. Sono anche un noi. E noi marciamo con orgoglio». Nel caso non fosse ancora chiaro, il fatto di avere personaggi queer interpretati da attori queer esattamente come loro ci fa dire «Finalmente!» e piace ai fan. E anche alla comunità. Dorothy Gale (Once Upon a Time) È vero. Once Upon a Time non è esattamente il massimo esempio di rappresentazione queer che si possa trovare, anche perché virtualmente non esistente e per la mancata coppia Emma Swan-Regina Mills che per tanti fan è un lampante esempio di queerbaiting. Ma all’interno dell’universo dello show, ben due coppie lesbiche sono canon. Per chi non fosse familiare con la serie, Once Upon a Time è una rivisitazione delle classiche fiabe Disney, un concept anche molto innovativo che le è valso tutto il successo riscontrato. Ebbene, una delle due coppie è formata da Ruby, una versione al femminile del lupo cattivo, e Dorothy Gale. Esatto, proprio la Dorothy de Il mago di Oz. Nello show non è più la bambina del Kansas, ma una donna adulta e piuttosto avventuriera. Si possono trovare tanti difetti in Once Upon a Time, ma il fatto di aver fatto diventare una delle eroine Disney più famose lesbica, è un passo non indifferente. Soprattutto se contiamo che la serie andava in onda sul canale dedicato alle famiglie della rete ABC. Chissà che non sia stato uno spunto per spingere la casa di Walt Disney ad essere più inclusiva con i suoi personaggi. Kurt Hummel (Glee) Glee è stata una delle prime iconiche serie tv con personaggi apertamente queer tra adolescenti. Ed è stata anche un’ancora per tanti giovani che la guardavano, alle prese con la propria sessualità e in cerca di una rappresentazione che desse loro validità. Oggi viene considerata un po’ trash, ma nel 2009, quando andò in onda il primo episodio, era rivoluzionaria. Uno dei primi personaggi dichiaratamente gay che incontriamo è Kurt Hummel, interpretato da Chris Colfer. Una sorta di Eric Effiong ante-litteram, anche Kurt non ha mai nascosto sé stesso e ha sempre espresso la sua personalità attraverso la moda. C’è da dire che Glee mostrava la scoperta della sessualità nell’adolescenza anche nei suoi lati più bui e negativi, tra bullismo e prese in giro, evitando quell’ideale – un po’ stereotipato nelle commedie – della vita dei teenager queer come rose e fiori. Oggi possiamo anche prendere un po’ in giro quella serie/musical a tratti surreale, ma è innegabile come il Glee Club abbia davvero aiutato una grossa parte della generazione a scendere a patti con sé stessi. Catra e Adora (She-Ra e le Principesse Guerriere) Nel 2018 Netflix e Dreamworks hanno unito le forze per un reboot di una delle serie animate più famose degli anni Ottanta. È arrivata così She-Ra e le Principesse Guerriere, e dire che la serie ha cambiato completamente le carte in tavola per la rappresentazione queer è riduttivo. L’intero mondo di She-Ra è assolutamente inclusivo della realtà LGBTQ+, non viene nemmeno menzionato nei dialoghi da tanto è normale e irrilevante da sottolineare. Le coppie queer esistono e basta. Una su tutte è quella formata dalle protagoniste ed è questa che fa del messaggio della serie un’innovazione importante. Catra e Adora erano amiche, vengono divise dalla guerra e alla fine si riuniscono, dichiarano il loro amore e si scambiano persino un bacio. Non solo, ma è proprio l’onestà sui sentimenti che permette loro di salvare l’universo. Avere un’eroina che riesce a tenere la sua amata e a salvare il mondo alla fine della giornata è già una novità, se teniamo conto di come vanno questi cliché. Ma il punto è che She-Ra è una serie animata per bambini, e vedere l’omosessualità delle protagoniste trattata in modo così naturale al suo interno è qualcosa di sorprendente e inaspettato, almeno per i tempi che corrono. È un momento simbolico per la visibilità queer non solo nei media, ma anche nei programmi dedicati ai bambini. Se intere generazioni hanno dovuto sopportare storie su storie con sottotoni solo vagamente queer, ora loro non devono più farlo. Rosa Diaz (Brooklyn 99) Non è semplice creare una sitcom ambientata in un commissariato di polizia, perché di solito si presta a storie più drammatiche. Brooklyn 99 però ci è riuscito, e non è l’unico traguardo che ha raggiunto. La Rosa Diaz interpretata da Stephanie Beatriz è diventata un’icona non solo per il suo carattere, misteriosa e sarcastica e anche molto badass, ma anche per la sua bisessualità. Rosa fa coming out nella quinta stagione della serie, prima con uno dei suoi colleghi e poi con il resto della squadra. Sulla rappresentazione Brooklyn 99 ci aveva già pensato con Raymond Holt, il primo capitano della polizia di colore e dichiaratamente gay. Ma con Rosa il territorio era più delicato. La bisessualità porta ancora con sé tanti pregiudizi, nella società quanto all’interno della stessa comunità. La serie è invece riuscita a trattare il coming out di Rosa magnificamente e a sviluppare la sua sessualità senza cadere nello stereotipo dell’indecisione. Non è un caso se viene definita un’icona bisessuale.

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Capita spesso di trovare personaggi LGBTQ+ messi lì per fare numero, scritti senza pensare al loro ruolo nella rappresentazione. Ma le cose stanno cambiando, ecco come.

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