Le scene di sesso lesbico del capolavoro La vita di Adele? Roba per ninfette. Preparatevi a campanelli sonanti che sbucano proprio lì, palline maliziose, spanking duro, kamasutra in sospensione bondage, tribadismo geometrico, soggettive vaginali di cunnilingus. Stiamo parlando di Mademoiselle, affascinante thriller erotico coreano diretto da quel maestro post-tarantiniano che è Park Chan-Wook (Old Boy), qui contenuto nelle scene di violenza che si limitano a qualche dito segato e un’evirazione evitata sul più bello.
Al Festival di Cannes aveva fatto un certo scalpore ma era uscito ingiustamente a mani vuote (meritava l’ex aequo come miglior regia insieme al rumeno Mungiu di Baccalaureat, andato invece senza merito al pessimo Personal Shopper diretto da Olivier Assayas). Sì, perché le due ore e mezzo di Mademoiselle filano via senza un attimo di noia in tre sontuosi capitoli ambientati durante l’occupazione giapponese nella Corea degli anni ’30. In realtà è ispirato al romanzo Ladra della gallese Sarah Waters edito in Italia da Ponte alle Grazie, la cui storia era però ambientata nella Londra vittoriana del 1862.
Una giovane coreana, Sookee (l’esordiente Kim Tae-Ri, studentessa di giornalismo 26enne) viene assunta come cameriera di una ricca giapponese, Lady Hideko (Kim Min-Hee), reclusa in un immenso maniero con uno zio tirannico appassionato di libri erotici che affollano la sua sterminata biblioteca. In realtà Sookee è una spia inviata da un truffatore che si spaccia per un conte giapponese intenzionato a sedurre Hideko. Ma tra le due donne nasce un’inattesa complicità che si trasforma in fiammeggiante attrazione sessuale e i machiavellici piani criminali del conte saranno tutti da riconsiderare.
La narrazione non è in realtà lineare, e in ogni capitolo (con qualche difficoltà di comprensione da parte dello spettatore) si approfondisce un episodio del passato dal punto di vista di uno dei protagonisti. Nonostante qualche lambiccamento di troppo, Mademoiselle conquista, grazie a una regia sinuosa che rende al meglio i continui ribaltamenti narrativi, dove la dinamica serva-padrona alla Genet diventa spunto di riflessione per un discorso sul senso del potere nel confronto tra classi sociali.
Noir gotico pullulante di vibrazioni erotiche dalle parti de L’impero dei sensi (magnifica la scena sadiana in cui un’elegantissima Hideko legge i libri erotici a un manipolo di riccastri erotomani), tra fantasmi di zie impiccate e un tocco gender con tanto di travestimento maschile di una delle pulzelle in fuga, utilizza il sesso lesbico come puro voyeurismo eterosessuale, patinato e softcore, come se volesse riprodurre in tre dimensioni le illustrazioni hard dei libri della fornitissima biblioteca (inizialmente Park Chan-Wook voleva realizzarlo in 3D ma poi ha rinunciato per problemi di budget).
Siamo quindi dalla parte opposta rispetto al naturalismo de La vita di Adele, e chissà se le ragazze apprezzeranno, visto che già per il bellissimo film di Kechiche molte lesbiche si erano trovate a disagio proprio per le scene decisamente esplicite.
“Ho scelto questa storia – ha dichiarato il regista – perché le due donne al centro del racconto sembravano molto reali. La prima ha un passato cupo e l’altra un presente disperato ma comunque si sprigiona dalle due una forte individualità e molto charme”.
Mademoiselle verrà distribuito prossimamente in Italia da Microcinema.