UN COLT MAN DI NOME CARLO

Sexy, muscoloso e ammiccante. Il bodybuilder romano Carlo Masi è la star della prestigiosa casa di hard gay californiana. E tutto grazie a un contatto su internet. La storia e le foto.

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7 min. di lettura

ROMA – Trovarselo davanti è una vera emozione: bello, muscoloso, affascinante, con l’aria furbetta di chi sa di piacere. Si vede subito che il COLT Man Exclusive Carlo Masi, romanissimo body builder dal fascino mediterraneo, ha le carte in regola per diventare un mito nel mondo del cinema hard. Se poi lo si vede all’opera, si capisce perché la COLT, una delle case di produzione di video gay più prestigiose al mondo lo abbia scelto. Cioè, per intenderci, quella che ha reso immortali nomi come Carl Hardwick, Karim, Pete Kuzak… Maschi dai grossi muscoli, l’appeal virile e una grande capacità di divertirsi e far divertire facendo sesso.

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Questo è il COLT Man Carlo Masi: 26 anni, 178 centimetri per 100 chili, una laurea in ingegneria informatica e, al momento, tre film già pubblicati e uno in arrivo. Una carriera perfetta: un primo video senza scene hard; il secondo, “BuckleRoos“, una premium collector edition da 150 dollari per tre dischi dvd destinati a un pubblico selezionato; e infine il terzo, “Muscle Up“, uscito un mese fa, in cui la sua immagine appare sulla copertina da gran protagonista. E a coronare questo sfolgorante inizio di carriera è arrivata anche la nomination per la miglior scena di sesso ai Gay VN Awards 2005, gli “oscar” del porno gay, la cui cerimonia conclusiva si è svolta meno di un mese fa.

Come è cominciato tutto questo, Carlo?

Fin da giovane ho curato il mio corpo in palestra e ho frequentato locali in cui mi esibivo come animatore. Qualche spogliarello, un po’ di spettacoli, giusto per tirare su i soldi per la pizza. Ogni tanto mi proponevano di fare il modello, mi presentavano qualche fotografo o li conoscevo per altre vie. Ho fatto delle foto per riviste di tutto il mondo, le più prestigiose pubblicazioni australiane, olandesi, americane, italiane. Ma non speravo di poterci campare.

Come è diventato un lavoro?

Facevo l’Università e il personal trainer in palestra, quando ho avuto una storia con uno dei California Dream Men, quelli veri non i Centocelle italiani… Eravamo ospiti al Maurizio Costanzo Show (Costanzo era molto interessato a qualunque tipo di spogliarellista), ci siamo guardati e ci siamo piaciuti.

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Io come spogliarellista cominciavo a prendere 400mila lire a serata, che per un ragazzetto di 22 e 23 anni non sono poche. Ma quando ho visto lui che lavorava nel mondo dei teatri, con le rose che gli arrivavano in camerino, mi sono detto: ok, era questo che avevo in mente. Forse a livello di soldi prendevo più di lui, ma io mi cambiavo nei cessi del locale, lui era nei migliori alberghi. Lì ho deciso che volevo dare una svolta al mio lavoro.

A quel punto c’è stato il colpo di fortuna…

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Sì. Avevo un profilo su internet e un giorno mi arriva una mail da uno che dice di essere un talent scout della COLT. Io sono fan della COLT da sempre. Mi ricordo ancora di un giorno a 19-20 anni in cui ero al bagno con la rivista COLT aperta davanti allo specchio: guardavo me e guardavo loro e ho pianto pensando ‘non sarò mai niente del genere’. E invece improvvisamente a novembre dell’anno scorso ecco che mi arriva questa mail in cui mi chiedono altre foto per poter giudicare. La prima cosa che ho pensato è stata: guarda ‘sti froci che s’inventano per farsi mandare due foto in più. Ma non ho mai avuto problemi a mandare foto in giro, sono sempre stato gay dichiarato e militante; all’università facevo volantinaggio con i miei professori per invitarli alle manifestazioni gay. E così ho risposto alla mail.

E la cosa era fatta.

Macché! Mica ci credevo. Sono andato su internet, ho cercato i contatti sul sito della COLT e ho scritto chiedendo se era tutto vero; mi ha risposto John Rutherford, presidente della COLT, ex presidente della Falcon, e mi ha confermato tutto. Mi ha detto che aveva già visto le mie foto e non vedeva l’ora di incontrarmi per girare la prima scena. Allora parto, arrivo a Los Angeles, emozionatissimo. E scopro che come partner nella scena, che ora è nel dvd Big ‘n’ Plenty, avevo proprio Karim, uno dei COLT Men di cui sono un grande ammiratore. Da anni conservavo una rivista con Karim in copertina; ed è stato bello scoprire che oltre che bello è una della persone più dolci e meravigliose che esistano. Anche se siamo amici, rimane una persona di cui io sono un fan.

Così ti sei ritrovato nel fantastico mondo del porno.

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In realtà all’inizio con COLT feci un accordo per girare una scena soft in cui non avremmo fatto sesso. Io non sono mai stato in sauna, mai stato in dark, o in cruising place. Per carità, non sono un prete, magari conoscevo qualcuno in discoteca e me lo portavo a casa senza nemmeno conoscersi troppo; ma non ho nemmeno mai fatto sesso in tre, figuriamoci davanti a una cinepresa.

In effetti nella scena con Karim non c’è penetrazione, anche se il livello erotico è altissimo, tanto che ti è valsa la nomination ai Gay VN Awards…

Sì, la cosa mi era piaciuta. Volevo continuare. Ma non ero certo che la cosa sarebbe andata in porto. Dopo le riprese John mi ha confermato la proposta: rappresentare la COLT in Europa firmando una esclusiva con loro. Ma c’era il problema del porno. Allora sono tornato in Italia per rifletterci senza le luci abbaglianti della California.

Cosa ti ha spinto ad accettare?

I soldi, i viaggi, la fama, l’ambiente. La parte sessuale è l’ultima delle cose, se sei carino ti basta andare in un qualsiasi locale per rimorchiare. Io non ho mai avuto una lira in vita mia. Adesso mi posso permettere tutti gli sfizi che mi vengono in mente, e questo non mi era mai successo.

I tuoi ‘colleghi’ italiani hanno una situazione diversa; chi fa questo lavoro qui non lo fa certo solo per soldi, il guadagno è bassissimo…

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La situazione qui in Italia non l’avrei mai presa in considerazione. Sono un ingegnere, la mia carriera da ingegnere la posso fare tranquillamente, solo che facendo questa vita molto ma molto di più dei 2300 puliti al mese che prendevo come ingegnere. Devi vedere come hanno cambiato atteggiamento in banca da quando ho iniziato a risparmiare qualcosa. Perché all’inizio di soldi ne spendevo veramente tanti. I primi sei o sette mesi ho sperimentato i grandi alberghi, i ristoranti chic, i viaggi, gli abiti. E’ anche un modo per rendere chiaro che sono un professionista di livello, non uno che fa il COLT Man per sopravvivere. Insomma, sono la nuova faccia della COLT, e non è poco.

Pensi di trasferirti in USA?

No, per adesso è impossibile, anche perché con questo tipo di lavoro non prendi il visto. E poi, ho visto l’ambiente scintillante della California, ne sono anche stato abbagliato, ma dopo esser tornato in Europa si capisce che la vera eleganza sta qui da noi. E a me piacciono le cose belle.

Immagino che tu abbia progetti a lungo termine.

No, no. Come fai ad avere progetti a lungo termine? In questo lavoro è difficilissimo durare tanto, sono poche le persone che durano. Una parte starà nell’intelligenza di smettere di spendere e mettere un po’ di soldi da parte, e vedere poi di riuscire a farci qualche cosa.

Sogni nel cassetto?

Continuare a fare quello che faccio ora.

Come passi le tue giornate?

Quando non sono impegnato sul set o per presentazioni, tengo i contatti con i fan attraverso il mio sito internet www.carlomasi.com. E’ una parte importantissima del mio lavoro, e ci tengo che chi mi scrive abbia sempre una risposta. Partecipo al forum, aggiungo le date degli appuntamenti, faccio degli spettacoli tramite webcam su richiesta dei fan che si collegano. Sono molto presente. E’ importante per me essere presente sul sito, e mi accorgo che gli utenti lo apprezzano, ho un’ottima risposta da parte loro.

Un’ultima domanda: sul bicipite destro hai un tatuaggio che è impossibile non notare. C’è scritto “Giuseppe”. Un grande amore?

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Non è il mio fidanzato, se è questo che intendi. Più che altro è la mia famiglia, il mio miglior amico, mio fratello, la persona con cui passo Natale e Capodanno. E’ stato uno dei miei primissimi ragazzi quando avevo 17 anni. Siamo stati insieme pochi mesi ma il sesso tra noi non funzionava. Ci siamo detti: ci amiamo alla follia, ma sessualmente non c’entriamo niente, siamo fratelli, piuttosto che fare cose a tre o quattro, meglio prendere la cosa così com’è, e se c’è affetto sopravvivrà. E infatti ora sono dieci anni che ci ammazziamo tutti i giorni ma non ci perdiamo di vista un attimo. Quando ho fatto il mio primo tentativo di andare a vivere all’estero a 23 anni e sono partito per il Canada, ho desiderato portare con me la cosa più importante che avevo, e ho deciso di tatuarmi il suo nome sul braccio.

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