«Cattura è piacere, stimola l’interesse degli altri o per gli altri, convincere mettere in atto il riscatto, un’intuizione, una sfida formidabile, catturare o lasciarsi catturare. Almeno una volta nella vita, senza condizioni, senza imposizioni, senza prigionieri, senza danni. Non alterando né ignorando le regole, con gentilezza, tolleranza, rispetto, guardandosi bene dalle insidiose propagande, eleggendo il proprio domicilio dovunque, promuovendo i propri colori, difendendo la coscienza dagli inchiostri facili, dai messaggi subliminali, dai comizi ruffiani, dalla discriminazione razziale, ideologica, epidermica, sessuale e dall’isolamento di classe. Catturami come hai sempre fatto ed io non smetterò di esercitarmi per poter vivere oltre le canzoni, ben oltre l’artificio delle luci e di quei suoni. Facciamo bene noi a desiderarci, facciamo bene a non stancarci mai…»
Così recita Renato Zero nel nuovo manifesto musicale racchiuso, o meglio catturato, nel nuovo lavoro “Cattura” presentato alla stampa ed a pochi eletti fans, ieri al teatro Eliseo di Roma. La scelta di un piccolo teatro non è casuale, «poche tavole – ha detto Renato – un’immensa magia», difatti, esattamente trent’anni fa, nel 1973, fu proprio in un teatro, il Centrale, che presentò al mondo il suo primo lavoro “No! Mamma, no!”. Atmosfera quasi sacrale, in scena tre grandi maschere del suo volto, come ritratto sulla nuova copertina, abito scuro, in gran forma fisica e vocale, Renato canta le nuove canzoni, accompagnato dalle basi, e quattro classici del repertorio zeriano, “Amico”, “Inventi”, “Vivo” e “Qualcuno mi renda l’anima” eseguiti con l’accompagnamento del pianoforte. In prima fila presente Walter Veltroni, sindaco di Roma, al quale Zero chiede ancora una volta di concedergli il permesso della realizzazione della sua “Fonopoli”.
Adesso che è diventato padre, avendo da poco ultimato i documenti per l’adozione del suo Robertino, affronta il tema dei figli e delle adozioni in uno dei brani più sentiti dell’album, “Figlio“: «talvolta i figli adottivi sono più felici – ha dichiarato – perché frutto di una scelta e non di una fuga di spermatozoi» e suona come un appello contro leggi e morale che rendono così difficili le adozioni. Zero ha dato un esempio molto significativo compiendo un gesto di grande impatto contro una morale assurda, il fatto che proprio uno come lui, single e gay, sia riuscito a coronare il sogno della paternità. Durante la conferenza ha presentato ufficialmente Robertino, che si sposerà il prossimo giugno. Chissà se tra breve dopo uno Zero padre, non avremo anche uno Zero nonno?!
Ancora una volta affronta il tema dei diversi, delle minoranze e dell’omosessualità nel brano “L’Altra Sponda” dove invita a presentarsi per quello che si è, a fare coming out, senza aver paura di niente e di nessuno: «Ci siamo mascherati per troppi secoli, adesso è arrivato il momento di essere riconoscibili, tirare fuori la nostra identità, mettendo a rischio anche le amicizie, o il posto di lavoro altrimenti – spiega – faremo la figura di esuli che aspettano di essere raccolti».
«Fino a poco tempo fa c’era il confino per gli omosessuali, l’isolamento forzato nei lager nazisti – continua – C’erano soluzioni assurde per chi era diverso, per chi professava un’altra religione». Zero tocca il tema della discriminazione e dell’integrazione delle minoranze allacciandosi anche al tema del crocefisso nelle scuole che i credenti fanno bene ad attaccare, ma dovrebbero anche rispettare i non credenti se volessero dipingere le pareti di rosso. Con la sua ironia e il suo modo romanesco e pungente di esprimersi, non risparmia battute sulla crociata antidroga condotta da Gianfranco Fini, anche se non ha firmato l’appello lanciato dai colleghi perché ritiene che l’argomento sia idiota all’origine poiché ai giovani va data una coscienza non delle regole. Parla ancora ai giovani nel brano “I miei miti” incitandoli a realizzare i propri sogni coltivando le inclinazioni artistiche per superare il disagio: «Smettiamola di dare tutti questi soldi agli analisti, girano tutti con la Porche! Se io avessi sposato il lettino dell’analista invece di una chitarra probabilmente sarei un frustrato qualunque e non vi avrei mai incontrato!». L’intero album è, infatti, dedicato ai giovani, ai “ragazzi d’Italia” con la speranza che si “riaccendano di musica”. Il singolo “A Braccia Aperte” che ha anticipato il lavoro era in realtà un po’ deludente, sembrava presagire un album banale e povero di contenuti. Invece Zero ieri sera ha veramente stupito presentando dei pezzi stupendi, ben arrangiati e ben suonati, tornando con coraggio a toccare i temi tanto cari delle sue origini, sempre con il suo inconfondibile stile. “Prova a prendermi“, “Come mi vorresti” dove con sfumature diverse tocca ancora il tema dell’accettarsi e farsi accettare per ciò che si è. “Magari” è una struggente canzone d’amore dove canta: “Magari toccasse a me un po’ di quella felicità, saprò aspettare te domani e poi domani…Non mi spaventa niente tranne competere con l’amore, ma questa volta dovrò riuscirci”. In “La Vie” brano dalle atmosfere dei grandi chansonnier, Renato canta per la prima volta in francese. Con grande autoironia allude, gridando più volte “Grandiii”, alla sua imitazione fatta da Panariello, dove sarà ospite d’onore il prossimo sabato.
A lungo abbiamo dibattuto sul comportamento di Zero, col suo giocare con l’omosessualità, senza mai dichiarare né smentire, anche se, a mio parere, sarebbe stato come dichiarare ciò che era ed è più che evidente. Ancora una volta ha saputo stupirci, non con le piume ma con molto di più: un grande disco e un grande gesto di maturità umana ed artistica. Caro Renato, viene proprio da gridarti, al modo di Panariello: “Grandeeee!”.
di Francesco Belais
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