Sono conosciute come le quattro giornate di Napoli. Un pezzo di storia della resistenza italiana contro l’occupazione nazista. Partigiani insieme ai femminielli per la libertà.
“Quando scoppiarono le insurrezioni, i femminielli scesero in strada sparando al fianco di noialtri“. Questo il ricordo del partigiano Antonio Amoretti, che il 27 settembre di 75 anni fa scese in strada, armato, a fianco dei femminielli di Napoli per liberare la città. Era il periodo della ribellione contro i tedeschi, verso la fine della Seconda Guerra Mondiale, e tutti contribuivano. Non solo i partigiani, ma anche le donne e i figli più piccoli. E i femminielli. Ragazzi omosessuali travestiti da donne, con le armi in pugno. Marciavano insieme a chiunque fosse stanco dell’occupazione nazista.
Non avevano nulla da perdere, aveva spiegato Amoretti. Difatti, erano ripudiati dalle famiglie che non li accettava, erano malvisti dalla società. Non avevano quindi una famiglia da mantenere, tantomeno figli a cui badare. Anche per questo motivo, scelsero di stare in prima linea in quella storica giornata, a San Giovanniello. “Abituati a fronteggiare la polizia e il potere, i femminielli non si tirarono indietro davanti all’occupazione nazista“ spiega ancora il partigiano, che ricorda bene quelle giornate. I giovani omosessuali napoletani potevano anche decidere di starsene da parte. Osservare quei cittadini che non li accettavano totalmente andare in guerra. E magari non tornare. Invece, hanno preso le armi e si sono uniti. Una vera e propria alleanza.
Una resistenza arcobaleno tra partigiani e femminielli
Le parole di Antonio Amoretti sono state riportate in un articolo del 2017 pubblicato ne L’Espresso scritto da Luigi Mastrodonato, e ci fanno riscoprire momenti storici di grande rilievo. Sia per la storia dell’Italia che della comunità LGBT+. Si parla degli Anni ’40: “l’esistenza degli omosessuali” era cosa certa, ma dichiararsi apertamente gay equivaleva ad essere visto come un malato, un motivo di vergogna per la famiglia.
Storie sconosciute per lo più, ma che dimostrano un senso di appartenenza all’Italia di allora e la voglia di vivere liberamente. In tutti i sensi.
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