Da quando è stato aperto, diciannove anni fa, ha attratto sempre più persone. Nel 1997 a Reykjavik è stato inaugurato il Phallological Museum e va alla grande: alla fine di quest’anno raggiungerà probabilmente i 50 mila visitatori. Recentemente il magazine dell’Economist, 1843, ha raccontato la sua storia, la storia di un’azienda familiare diventata, nel giro di pochi anni, un vero polo di attrazione turistica.
Nel 1974, un preside di scuole medie, Sigurður Hjartarson, si vide recapitato in dono il pene di un toro, pensato per essere utilizzato come una frusta. Da quel momento pare che amici e conoscenti iniziarono a fargli regali del genere. In breve Hjartarson iniziò a collezionare peni di balena, e nel 1997 decise di aprire un piccolo museo: “Faceva fatica a buttare via le cose”, ha detto Hjörtur Gísli Sigurðsson, figlio del fondatore e attuale curatore del museo, nel quale lavorano anche la moglie e il figlio.
Nel 2012 è uscito il documentario The Final Member, realizzato da Jonah Bekhor e Zach Math, che si concentra sul desiderio di Sigurðsson di aggiungere un pene umano alla sua collezione. L’anno prima, infatti, il museo ne aveva ricevuto uno dal donatore islandese Pall Arason, che nella lettera allegata alla donazione, evidentemente ritenendosi un grande amante, si è definito come “degno discepolo di Don Giovanni e altri rinomati geni della storia”. Con gli anni, poi, si sono aggiunti quelli di un tedesco, un inglese e un americano.
La collezione al momento comprende ben 286 esemplari: balene, foche, topi, capre. Animali islandesi ma non solo: sono presenti anche i peni di trentacinque mammiferi non autoctoni, tra i quali gli organi riproduttivi del “malvagio fantasma di Snaefiall”, e dell’elfo islandese o “uomo nascosto”, che consiste in una teca vuota. Questi due esemplari sono nel museo per omaggiare la ricca cultura mitologica islandese.
Il museo, che nel 2011 aveva raggiunto i 14 mila visitatori, è cresciuto grazie alla sua collocazione al centro della capitale islandese, alla curiosità dei turisti, al passaparola, ma anche ai suoi fini educativi.
Grazie al successo degli ultimi anni, il gestore sta pensando di espandersi, utilizzando il seminterrato per raddoppiare lo spazio espositivo. La notorietà del museo ormai cresce sempre più, anche grazie agli scambi con altre istituzioni e collezioni europei. Ad esempio, a dicembre, spedirà in Norvegia il pene di un cavallo, l’ultimo di una serie di scambi e prestiti internazionali.
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