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Milano Pride: “Siamo le manifestazioni più partecipate d’Italia, Paese e politica devono raggiungere la società”

A pochi giorni dalla piazza di sabato, abbiamo intervistato Alice Redaelli, portavoce nonché presidente di CIG Arcigay Milano.

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Sabato pomeriggio Milano scenderà in strada per partecipare all’attesissimo Pride cittadino, con concentramento alle ore 15.00 in via Vittor Pisani, davanti a Piazza Duca d’Aosta di fronte alla Stazione Centrale. Il corteo partirà da piazza Repubblica alle 16:00 per continuare lungo via della Liberazione connettersi a via Melchiorre Gioia e raggiungere piazza XXV Aprile, i Bastioni di Porta Volta e viale Elvezia, fino a giungere di fronte all’Arena, continuare lungo viale Byron, viale Melzi d’Eril, corso Sempione e concludere all’Arco della Pace.

Dopo aver annunciato tutti gli ospiti musicali che intratterranno i presenti una volta arrivati al palco conclusivo della manifestazione, e svelato il ricco programma delle Pride Square, abbiamo oggi intervistato Alice Redaelli, portavoce nonché presidente di CIG Arcigay Milano, l’associazione che organizza il Milano Pride.

Milano Pride: "Siamo le manifestazioni più partecipate d'Italia, Paese e politica devono raggiungere la società" - Milano Pride foto di Roberta Gianfrancesco - Gay.it

Anche quest’anno la regione Lombardia ha negato il proprio patrocinio, negando anche la partecipazione di un qualunque esponente della giunta. Che rapporto c’è tra la Regione Lombardia e il Milano Pride?

“Noi ogni anno facciamo richiesta di patrocinio alla regione Lombardia perché riteniamo che i patrocini delle istituzioni hanno un forte significato politico. Il diniego non è stato inaspettato, ma sono azioni che vanno fatte. Perché il Pride è una manifestazione pubblica di cittadini e cittadine che abitano questi territori, che li vivono, li popolano, e come tali vanno tutelati, hanno diritti che vanno garantiti. Il rapporto con chi è ai vertici di Regione Lombardia non è che non ci sia ma non c’è un dialogo, pur essendoci invece il dialogo con alcuni esponenti del consiglio della regione al momento in opposizione. Il dialogo forte, il rapporto forte c’è però con la cittadinanza della regione Lombardia. Siamo una regione che ha la grossa fortuna di essere attraversata da una decina di Pride, questo dice molto su quanto questa regione sia pronta a scendere in piazza sul fronte dei diritti, pur senza l’accompagnamento delle istituzioni regionali”.

Tutt’altro discorso con il Comune. Sapete se il sindaco Beppe Sala sarà al Pride anche quest’anno?

“Il sindaco ci ha comunicato che per motivi personali quest’anno non potrà essere fisicamente presente alla manifestazione. Ma lancerà un messaggio di supporto, ci sarà la rappresentanza del comune e nei prossimi giorni ha organizzato un incontro con le associazioni del Pride per parlare di diritti LGBTQIA+ sul fronte cittadino”.

Parliamo di rainbow washing: moltissimi gli sponsor e questo è un bene. Come selezionate le aziende? E tu che sensazione hai rispetto all’affacciarsi di tanti brand?

“È interessante vedere tante aziende affacciarsi a questo tipo di manifestazioni. Non dobbiamo avere paura del rainbow washing, dobbiamo vigilare sulle nostre tematiche. Per il Milano Pride queste aziende, oltre a permetterci di rendere la manifestazione accessibile a tutta la cittadinanza, ci permettono di finanziare diversi progetti sociali e culturali di solidarietà a 360°, andando anche oltre la nostra comunità, per creare un valore aggiunto per la città e per il Paese. Si nota l’interesse dell’azienda che va oltre la propria visibilità nel sostenere progetti concreti che possano lavorare per un cambio effettivo all’interno della società. Negli ultimi anni ci sono stati progetti come i festival culturali o il sostegno delle spese legali per le vittime di omobitransfobia, una casa per donne senza tetto, le emergenze degli attivisti lgbtqia+ ucraini. Tutto questo viene creato anche grazie al fundraising del Milano Pride”.

Sul “come” selezionare le aziende che vogliono invece partecipare al Pride?

“Noi abbiamo un team che lavora sulle richieste ricevute. C’è sempre un rapporto diretto con le varie attività di diversity inclusion delle tante aziende, per creare momenti di scambio all’interno di queste aziende per approfondire e creare momenti formativi e di inclusione all’interno dei loro programmi”.

Pride alternativi: Marciona a Milano, Priot Pride a Roma, Rivolta Pride non solo a Bologna, un Pride alternativo anche nelle Marche e il Laguna Pride a Venezia: sempre più pride che possiamo definire “off”, un bene ma anche – secondo te – il segnale di qualcosa?

“Tutti i Pride partono dal basso, al di là della partecipazione o della constesualizzazione in grandi o piccole città. Il Pride, nel senso politico, è una manifestazione pubblica. Anche il Pride di Milano è attraversabile nelle sue differenze e diverse istanze. Il fatto che ci siano tante persone che vogliono scendere in strada portando la loro voce è un arricchimento del dialogo e del dibattito. Il Pride è di tutti e per tutti. Ci sono città o contesti che possono essere più caratterizzati da un certo tipo di istanza, ma questo è vero per tutti i Pride, Milano Pride compreso”.

Non la vedi quindi come una sorta di risposta “alternativa” a tutti quei Pride che sono  forse diventati un po’ troppo pop, aprendosi esageratamente alle grandi aziende?

“Non conoscendone la genesi, non saprei esprimermi”.

Al Pride di Vienna dello scorso weekend sono stati arrestati tre giovani, che pianificavano un attentato: che tu sappia ci sono allarmi ulteriori su cui le forze dell’ordine stanno lavorando?

Al momento no, quanto è successo ha inquietato tutti. Non ci sono allarmi, noi garantiamo il dispiegamento della nostra security, come ogni anno ci sarà anche la polizia locale, per manifestare in sicurezza e in totale libertà. Ad oggi non ci sono allarmi“.

Avete anche voi la sensazione che molti artisti, soprattutto cantanti, partecipino con più entusiasmo e più numerosi di un tempo?

Sicuramente sì. Chi ha fatto i Pride più vecchi si ricorderà quando l’artista era uno, al massimo due. Adesso c’è stato un cambio di passo. Al di là della celebrazione del Pride con un po’ di musica, credo sia importante vedere così tanti personaggi pubblici esporsi, che scendono in piazza con noi. A Milano ne abbiamo annunciati diversi di artisti, sono moltissimi, che ogni anno a titolo gratuito scelgono di essere con noi, portando la loro arte come contributo. Tutto questo è fondamentale sul piano della partecipazione, non solo della cittadinanza ma anche in relazione a questi personaggi famosi, pubblici, che creano e trasformano l’immaginario di chi li segue. Al di là del sensibilizzare il pubblico del Pride, questi artisti vanno a sensibilizzare anche tutte le persone che li seguono. Così piano piano, goccia dopo goccia, le cose cambiano“.

Pensando al Milano Pride di soli dieci anni fa: sembra stiamo vincendo eppure sui diritti si torna indietro, come per le famiglie omogenitoriali. Il Pride è uno strumento di lotta politica ma sembra non bastare.

Il Pride è l’espressione di una necessità collettiva, quella di celebrare le proprie diversità, viverle con orgoglio, di autodeterminarsi. Questa esplosione di vitalità confligge con le forze reazionarie che trovano consenso in altro, nella sovradeterminazione, nel controllo delle scelte altrui, nella discriminazione nei confronti di chi non è conforme. Il Pride è più che mai un atto politico, una festa di libertà, e forse anche per questo i Pride nell’Italia di oggi sono l’espressione più estesa, genuina, di un movimento che è sempre più ampio e partecipato. Un movimento che fa dei diritti, dell’autodeterminazione, dell’affermazione della cultura delle diversità il proprio punto cardine, che parla il linguaggio dell’intersezionalità. Quello del Pride è il momento più visibile, ma è importante ricordarsi di attivarsi poi con gesti concreti, servizi concreti, che possano rispondere alle esigenze specifiche della comunità LGBTQIA+ anche durante l’anno. Il contesto politico non facilità tutto ciò, ma a maggior ragione è importantissimo che le associazioni continuino a vigilare e a lavorare per rendere il Paese realmente aperto e inclusivo“.

Il messaggio alla politica nazionale da parte del Milano Pride?

Ho sempre impressa nella mia testa l’immagine del mio primo Pride a Milano. Ero una volontaria, esattamente come lo sono adesso, ero sotto il palco e non è che ti godi la serata perché sei lì a lavorare, e ricordo questa immagine di questa fiumana di gente che non finiva più. Questo è il senso del Pride, che nel suo essere un atto politico è la manifestazione più partecipata d’Italia. Abbraccia generazioni, trovi chiunque. Questo parla molto del Paese, con la sua partecipazione, ribadendo come la società stia andando verso quella direzione, con il Paese che prima o poi dovrà raggiungerla”. “E con il Paese la politica tutta“.

Federico Boni e Giuliano Federico

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