She’s The Man è ancora un (inconsapevole) classico queer del cinema

In maniera completamente sbagliata, nel 2006 il teen movie con Amanda Bynes disseminava fluidità di genere e pansessualità dentro al cinema mainstream.

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amanda Bynes in she's the man
amanda Bynes in she's the man
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Sono una persona semplice: se mi citate La Bisbetica Domata di William Shakespeare, io penso a 10 cose che odio di te con Julia Stiles. Se mi leggete Emma di Jane Austen, io mi riguardo Ragazze a Beverly Hills. E se mi nominate La dodicesima notte, io vi rispondo di guardare She’s The Man.

Nel primo atto di La Dodicesima Notte, la giovane Viola crede di aver perso il fratello, Sebastian, in un naufragio. Interrogata dal capitano del bastimento, si traveste da ragazzo e diventa paggio presso la corte del Duca Orsino, innamorato a sua volta di Olivia, gentildonna in lutto, che ha scelto di non concedersi a nessuno per almeno sette anni.

Nel film di Andy Fickman, invece, Viola è un’adolescente interpretata da Amanda Bynes, che al ballo delle debuttanti, preferisce giocare a calcio. Suo fratello Sebastian non muore in un naufragio, ma se la svigna a Londra per suonare con la propria band. A queste punto lei si finge lui per unirsi alla squadra di football maschile, e dimostrare che anche le ragazze possono fare quello che fanno i maschi.

Il Duca di Orsino si chiama Duke, un giovanissimo Channing Tatum che passa tre quarti del tempo senza maglietta, e stravede per un’Olivia interpretata da Laura Ramsey, troppo intelligente per pensare ad un atleta con scarse doti comunicative.

In entrambi i casi, Olivia si innamora di Sebastian (in realtà Viola) che si innamora di Duke che però è innamorato di Olivia (Laura Ramsey), e via così fino al lieto fine che prevedete dal primo minuto.

Se la commedia di Shakespeare è uscita nel 1623, She’s The Man è approdato nei cinema americani nel 2006: un’epoca in cui parole come ‘identità di genere’ o ‘fluidità’ non andavano di moda come oggi, e nei film potevi permetterti di fare e dire tutto quello che volevi senza ripercussioni di alcun tipo. Nel bene e nel male.

Si portò a casa $57 milioni in tutto il mondo e la critica lo bastonò duramente, ma oggi non è solo considerato un cult, ma anche un ‘gay awakening (parolina per quando sei giovanissimo e qualcosa che guardi in televisione inizia a risvegliare inconsapevolmente la tua omosessualità) per un’ampia fetta di generazione.

Siamo chiari: non lo fa volontariamente e lo fa anche male. Ma in tempi non sospetti, She’s The Man disseminava i primi elementi per quella rappresentazione queer che in 3/4 delle produzioni Netflix ci sembra all’ordine del giorno.

Quando Viola diventa Sebastian, il genere è per lei letteralmente una performance, un travestimento dove esasperare tutti gli stereotipi più archetipici della mascolinità: dai commenti sessisti alle pacche sul culo, Sebastian/Viola fa tutte le cose sbagliate, e di conseguenza, le ridicolizza e depotenzia.

Per buona parte del pubblico, Amanda Bynes in drag king è stata involontariamente anche uno dei primi rarissimi esempi di lesbica ‘butch‘ (ndr. dall’inglese “maschiaccio”, spesso usato per indicare una donna lesbica con atteggiamenti e abbigliamento prettamente mascolini) in un film mainstream: sempre un anno prima usciva Imagine Me & You, e le donne lesbiche al cinema o non esistevano oppure assomigliavano solo a Piper Perabo e Lena Headey (quindi stereotipicamente ‘femme’ e conformi agli standard di quelle eterosessuali)

In questo film nessuno è davvero gay o transgender, ma le scene dove Laura Ramsey flirta con Bynes en travestì sono bastate per far sognare un’ampia fetta di pubblico che sullo schermo non si riconosceva mai, nemmeno per sbaglio. Oggi non ce ne frega niente che alla fine ognuna finisce con il corrispettivo maschile, e troviamo una valanga di fancam dedicate solo a Viola e Olivia, protagoniste di questa eterna ship.

Perché per quanto sia Andy Fickman che William Shakespeare volevano raccontarci altro, oggi il pubblico è abbastanza consapevole da riconoscere che (almeno nei fatti, e non nelle intenzioni) Olivia non si innamora di Sebastian ma di Viola travestita da Sebastian. Attratta dall’altrə indipendentemente dal suo genere, conscia o (molto probabilmente) meno, Olivia era un baluardo della pansessualità.

In un’epoca dove le difficoltà dellə atletə trans* non erano neanche prese in considerazione come oggi (e pure oggi siamo ancora a caro amico), Viola si ritrovava ad indossare binder, condividere lo spogliatoio con altri uomini e giustificare l’utilizzo degli assorbenti: se She’s The Man uscisse nel 2023, Viola gen Z risponderebbe ai suoi compagni di stanza che sì, pure i maschi hanno le mestruazioni. All’epoca, poteva solo infilarselo su per il naso dichiarando che serve per non farlo sanguinare, tranquillizzandoli: lo fa pure Beckam.

L’inevitabile conferma che She’s The Man è un film figlio del 2006 ce l’abbiamo soprattutto alla fine. Una volta smascherati, Viola e Sebastian confessano chi sono veramente spogliandosi davanti la scuola: lei tira su la maglietta, e lui giù i pantaloni, confermando – per la gioia delle TERF – che bastano due tette e un pisello per dimostrare che sei maschio o femmina.

Come da copione originale, Olivia si mette con il vero Sebastian (dopo averlo baciato per sbaglio una notte e non averci mai scambiato mezza parola), e Viola può presentarsi al ballo delle debuttanti con il suo bel Channing Tatum.

Cosa vi devo dire? Erano altri tempi e non avevamo di meglio.

Ma purtroppo She’s The Man a me fa pisciare sotto dalle risate ancora oggi, e trovo illegale che Amanda Bynes non abbia mai ricevuto una nomination agli Oscar. Al contrario, il film fu l’inizio della sua dipartita: in un servizio del 2018 per Paper, disse che vedersi sullo schermo fu un’esperienza extracorporea, che la portò ad una depressione di oltre 6 mesi, tra uso di stupefacenti, problemi con il suo corpo, e questioni legali. I media l’hanno dipinta come l’ennesima bambina prodigio uscita di testa, ma in She’s The Man era un talento comico impeccabile, con mimica facciale perfetta e un esilarante accento del Sud. Come tante altre donne dello spettacolo, avremmo dovuto trattarla meglio.

Oggi abbiamo più mezzi a disposizione, la coscienza collettiva si sta lentamente evolvendo, e anche la rappresentazione LGBTQIA+ fa passi da gigante rispetto al 2006. Eppure (salvo piccole eccezioni, come Bottoms di Emma Sellingman) al cinema c’è sempre questa sensazione che siamo lì per educare chi  guarda: ogni battuta richiede una spiegazione subito dopo, per dimostrare che stavolta siamo più consapevoli, con quella costante paura che vengano a cancellarci da un momento all’altro. Con tutti i suoi problemi, She’s The Man era irriverente e demenziale senza mai giustificarsi per la sua idiozia: per questo faceva ridere.

Prima o poi vorrei anche questo: raccontare le nostre senza fermarci agli stereotipi, con la libertà di essere stupidə.

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