Padova, Tribunale respinge ricorso della Procura contro le famiglie arcobaleno

Più di 30 tra bambini e bambine che rischiavano di perdere legalmente una delle due mamme, si sono visti garantire oggi il diritto a vedersi riconosciuta la composizione delle proprie famiglie.

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I Tribunali di Bologna e Bari riconoscono due famiglie omogenitoriali
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Il Tribunale di Padova ha dichiarato inammissibili gli oltre trenta ricorsi con i quali la Procura di Padova aveva chiesto al Tribunale di cancellare il nominativo della madre c.d. intenzionale dagli atti di nascita di oltre 30 bambini e bambine. A darne notizia Rete Lenford.

La questione sottoposta al vaglio del Tribunale riguardava la possibilità di riconoscere, come figlie e figli di due madri e non solo della donna partoriente, le bambine e i bambini concepiti all’estero da due donne e poi nati in Italia.

Nel 2023 dopo l’arrivo della cosiddetta “circolare Piantedosi” alcune Procure (tra cui quelle di Padova, Milano, Bergamo e Lucca) avevano deciso di cancellare i riconoscimenti fatti da alcuni Sindaci, che dal 2018 in avanti avevano formato atti di nascita indicando sia la partoriente, sia la compagna (‘madre intenzionale’) che aveva espresso il consenso alla procreazione medicalmente assistita.
Secondo le Procure, la madre intenzionale può soltanto adottare il bambino concepito all’estero dalla propria compagna anche grazie al suo assenso, ma non riconoscerlo direttamente alla nascita.

A giugno 2023, nell’assumere la difesa di tante coppie di madri colpite dal ricorso della Procura, l’associazione di avvocati esperti in materia di diritti LGBTI+ “Rete Lenford” aveva avviato la campagna nazionale “Affermazione Costituzionale”, supportata anche dall’associazione EDGE LGBTI+ Leaders for Change. Rete Lenford, costituendo al suo interno uno specifico team di avvocati, ha sostenuto tutte le spese relative alla difesa in giudizio delle madri e ha patrocinato decine di udienze, chiedendo al Tribunale di Padova, in primo luogo, di dichiarare inammissibili i ricorsi: la Procura avrebbe dovuto agire non con una azione di ‘rettificazione degli atti dello stato civile’, ma tramite una azione c.d. “di stato”, ben più ricca di garanzie sostanziali e processuali, perché i bambini e le bambine, con la registrazione del Sindaco, avevano ormai acquisito lo stato di figli e figlie di due mamme.

In secondo luogo, Rete Lenford aveva chiesto alla Procura di non accogliere quei ricorsi, rimettendo la questione, nel merito, alla Corte costituzionale, considerata la gravissima inerzia del Parlamento nel regolamentare la questione. E la Procura, in occasione delle prime udienze, pur sostenendo l’ammissibilità dei propri ricorsi, aveva aderito alla richiesta di rimessione dei fascicoli alla Corte costituzionale formulata da Rete Lenford.
Oggi, il Tribunale di Padova ha accolto le tesi svolte in via preliminare sulla inammissibilità dei ricorsi, analogamente a quanto avevano deciso nel 2023 il Tribunale di Milano e altre Corti di merito.

L’avv. Vincenzo Miri, presidente di Rete Lenford, commenta: “Le decisioni del Tribunale di Padova confermano che non si possono cancellare i genitori dagli atti di nascita di bambini con una procedura semplificata contraria ai loro interessi. Ringrazio il team di lavoro per lo straordinario e pervicace impegno, autenticamente associativo, di fronte a quella che la stessa Procura di Padova ha definito nei propri atti “una iniziativa eclatante per dimensioni”. La decisione assunta è contraria all’indirizzo finora assunto dalla Corte di cassazione, ma era stata fatta propria anche da altri Corti, reggendosi su un impianto argomentativo solidissimo. Oggi, tantissimi bambini e bambine di Padova restano tutelati davanti alla legge: hanno due mamme e conservano tutti i loro diritti. Difenderemo questa decisione in ogni sede e, in ogni caso, insisteremo sempre affinché la questione di merito sia risolta dal Parlamento o, considerato il perdurante e inaccettabile silenzio, venga decisa tramite l’intervento della Corte costituzionale, anche al fine di eliminare una situazione giurisprudenziale di inaccettabile caos, contrario agli interessi dei più piccoli e al principio di certezza del diritto”.

Alessia Crocini Presidente di Famiglie Arcobaleno, ha commentato:

Un atto di civiltà e di tutela dei minori figli e figlie di coppie di mamme, in un momento in cui l’Italia e questo governo in particolare, hanno deciso di calpestare i loro diritti. Non smetteremo mai di lottare per arrivare a quello che è già garantito in ogni paese occidentale: il diritto dei minori a vedersi riconosciuti legalmente entrambi i genitori dello stesso sesso. Nel mondo soffia un preoccupante vento di omolesbobitransfobia, lo abbiamo visto in Russia e in molti paesi africani, è il momento di decidere da che parte stare. L’Italia decida se vuole prendersi la responsabilità di proteggere i diritti di tutti i minori o continuare a perseguitarli. Ringrazio il Gruppo Legale di Famiglie Arcobaleno per aver creduto fin dal primo momento in questa battaglia di civiltà e per essersi messo al fianco delle mamme di Padova per assisterle e supportarle fino a questo straordinario risultato”.

Sapevamo dall’inizio che la vicenda dell’ impugnazione dei certificati di nascita da parte della Procura di Padova era guidata da un furore tutto ideologico, nemico della Giustizia e del buonsenso. Ora ne abbiamo conferma evidente”: così Gabriele Piazzoni, segretario Generale Arcigay. “Voglio in primo luogo ringraziare tutte le persone che si sono adoperate per questo risultato e mandare un abbraccio commosso e carico di sollievo alle famiglie coinvolte in questa vicenda. Al di là dell’esito favorevole, che mette al sicuro i minori e le loro relazioni di cura, resta il dato politico di una parte politica che imbraccia una guerra ignobile contro dei bambini, fatto che definisce senza ambiguità identità e obiettivi della maggioranza guidata da Giorgia Meloni, ispiratrice di tutta la vicenda, che ancora una volta si ritrova dalla parte sbagliata della Storia”.

Se oggi è stata conseguita una vittoria, domani un’altra Corte potrebbe ribaltare una sentenza analoga, in un’altalena terribile per le famiglie coinvolte”, ha commentato Mario Colamarino, presidente del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli. “È necessario che il tema sia risolto dal Parlamento e non dai giudici: non stiamo parlando di reati da sanzionare ma di garantire a cittadini italiani i diritti di base, peraltro già concessi alle famiglie cosiddette tradizionali. Non ci aspettiamo molto da questo governo, ma di certo non accetteremo mai la discriminazione di Stato istituzionalizzata”.

La battaglia continuerà ora nei tribunali, con le famiglie omogenitoriali rimbalzate da una decisione all’altra: come se noi persone LGBTI+ fossimo oggetti da spostare, “quote latte” da ricalibrare.

Una situazione aberrante, di cui tutto l’arco parlamentare, da destra a sinistra, è responsabile da almeno 20 anni.

 

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