LE FATE GAY DI OZPETEK

Ignoranti ma buone. Una visione del mondo gay finalmente scevra da ogni stereotipo: c’è vera famiglia dove ci sono affetti intimi, segreti condivisi, amori sinceri.

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Che bello avere una famiglia. Questo viene da pensare al termine della visione del bel film di Ferzan Ozpetek, ‘Le fate ignoranti’, una storia intensa e delicata che fa capire con intelligenza e sensibilità che c’è vera famiglia dove ci sono affetti intimi, segreti condivisi, amori sinceri e non dove c’è un nome vicino a un campanello o sopra una porta.

Antonia (Margherita Buy) è un medico generico ed è sposata con Massimo (Andrea Renzi), hanno una bella villa con vista sul fiume e un atteggiamento di coppia in carriera molto upper class. Poi, improvvisamente, la tragedia: Massimo muore per un incidente banale (viene investito da una macchina in mezzo a una strada mentre parla al cellulare) e Antonia sprofonda nel dolore. Ma un giorno, per caso, scopre da una dedica su un quadro che il marito aveva un amante e per di più da sette anni: per lei è come un secondo lutto. Quando però conosce il ragazzo, che vive in un appartamento con una sorta di ‘famiglia allargata’ ad amici e conoscenti, gay e non (un’immigrata turca, un transessuale femminile, un malato di Aids, una giovane coppia) inizia a frequentarlo scoprendo così nuovi affetti e un’inaspettata voglia di ricominciare a vivere.

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Il bravo regista italo-turco Ferzan Ozpetek (già autore dell’apprezzato ‘Il bagno turco’ e di ‘Harem Suarè’) scava nei volti dei protagonisti alla ricerca delle emozioni più profonde con calibratissimi primi piani che valorizzano Margherita Buy in un’interpretazione da premio (mai così intensa, così sfaccettata, così funzionale al suo sguardo smarrito e spalancato) e realizza un’opera toccante che è esemplare per l’azzeccato e sottile equilibrio tra dramma e commedia: evita le facili trappole di un soggetto simile (nessun patetismo, nemmeno per il giovane aidizzato e con sarcoma – un irriconoscibile Gabriel Garko rasato e dolente) senza ricorrere al folclore e al macchiettismo (il trans è umano e realistico), utilizzando personaggi secondari ben tratteggiati (la madre pettegola e curiosa, la colf ‘non del tutto cattolica’) e approfondendo con una regia mai invadente una storia di rinascite sentimentali che vanno ben oltre le consuete definizioni di amore etero e gay.

Alcune cose bellissime: i terrazzi vasti e luminosi di una Roma inedita, solare e magnifica, tra il quartiere Ostiense e i mercati generali; i ragazzi splendidi, mediterranei e calorosi (un turco bisex con pizzetto dallo sguardo seducente, un panettiere bruno e muscoloso, un navigatore virtuale dal capello lungo);

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il pacato risveglio di Antonia nella casa di Michele, una lenta presa di coscienza di una nuova vita, tra lo sguardo furtivo su un corpo addormentato e le polpette appena sfornate, calde e forse con troppa cipolla della fedele Serra, una delle ‘fate’ del nuovo mondo di Antonia. E se sono ‘ignoranti’ (il titolo è preso da un disegno di Magritte) lo sono per troppa vitalità, perché mentono per amore (‘Mento sempre alle persone che amo’ è una battuta del trans), perché litigano se si vogliono davvero bene.

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Ma è proprio la conoscenza, lo scambio culturale tra persone di diversa estrazione che permette di veicolare i veri sentimenti: un quadro, un libro di poesie del poeta turco Ikmet, un altarino votivo fatto dalla cameriera extracomunitaria, un ciondolo prezioso della madre di Antonia permettono finalmente ai personaggi di conoscersi e amarsi.

Il tono della vicenda sa comunque essere anche duro quando serve: il ruolo forse più difficile, quello di Michele, ben interpretato da Stefano Accorsi, è tutt’altro che buonista e consolatorio e a lui tocca la scena di sesso a tre peraltro molto casta che ha fatto sussultare qualche giornalista in vena di gossip al Festival di Berlino dove il film era in concorso – ma a ben guardare la vera scena a tre è paradossalmente quella – splendida – del bacio tra Antonia e Michele, uniti dal ricordo del comune amore defunto.

Il regista riesce inoltre con un semplice sguardo a trattare con profondità persino il tema della ‘coppia aperta’ che riguarda molte unioni omosessuali (il ragazzo che durante la festa osserva con affetto misto a rassegnazione il proprio compagno che seduce uno sconosciuto).

L’importanza di un film come ‘Le fate ignoranti’ sta quindi anche nel proporre a un pubblico eterosessuale una visione del mondo gay finalemente scevra da ogni stereotipo vittimista o da note di colore eccessive, restituendo dignità persino a una manifestazione strumentalizzata in mille modi come il Gay Pride, di cui si vedono immagini semidocumentaristiche con i protagonisti del film nei titoli di coda.

Due curiosità: nella scena in cui il bel Luca Calvani scarica immagini da Internet si vede una foto del regista Ferzan Ozpetek col fidanzato; la canzone che si sente per le scale all’arrivo di Antonia nella casa di Michele è la cultissima ‘Cocktail d’amore’ di Stefania Rotolo.

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