Un commissario romano, il suo amore gay e un serial killer

Un killer seriale inafferrabile, un commissario e la Roma delle questure senza un euro: è in un romanzo italiano il personaggio gay che proprio non ti aspetti.

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L’era delle macchiette, voce fessa, mossette e gesti affettati è terminata anche per il romanzo di intrattenimento italiano.
E’ il caso del gustoso giallo-poliziesco “Il killer delle Maratone” (e/originals 11,5 €), del giornalista del “Corriere della Sera” Paolo Foschi, terzo romanzo della saga dell’eroe-commissario Igor Attila, della sezione crimini sportivi della questura di Roma.
E per avere un termine di paragone, sembrano passati secoli dagli anni ’90 quando l’italianissimo Giorgio Celli si cimentava con scarsi risultati nel giallo con “Come le vespe d’autunno”, proponendo il solito sospettato bisessuale, vizioso e masochista.
Attila, il protagonista assoluto della vicenda, è un maschio sciupato, caparbio, ex pugile, “scazzato” quanto basta, appassionato di moto e reduce da una lunga relazione con Titta. Non la solita bionda tutta curve.

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Titta è l’ex fidanzato del commissario, dopo una storia d’amore di cinque anni naufragata, e la forza di quell’affetto profondo riemerge in un momento drammatico: “Titta nel letto, gli occhi chiusi, immobile, sospeso fra la vita e la morte. Lui nella sala visite, solo con la sua disperazione”.
La sofferenza del commissario, che diventa motivo di costante condivisione con il lettore, è un cruccio che si aggiunge alle insormontabili difficoltà nell’afferrare un killer seriale anomalo. Colpisce maratoneti con frecce micidiali, ma non lascia nessuna traccia.
E mentre i dardi continuano a uccidere innocenti, tra Roma, Cosenza, Genova e Milano, e “la sezione crimini sportivi” della polizia brancola nel buio, Attila, si confronta con le difficoltà dei diritti negati alle coppie omosessuali italiane: “se lei non è un parente, non possiamo dire nulla dello stato del paziente”. Peggio, “se il quadro clinico dovesse peggiorare, potrebbe essere necessario prendere decisioni difficili”, “in questi casi si ascolta il parere dei parenti”.
Nonostante la sofferenza l’uomo, a tratti detestabile a tratti amabile, mostrerà una stoffa senza pari, e con il pensiero a quel letto di ospedale senza diritti, incomincerà a macinare la sua inchiesta. E banali connessioni diventeranno dapprima indizi, poi prove, poi uno straccio di pista, tra mezze verità, false scorciatoie e una procura che sembra mettere i bastoni tra le ruote della caccia al killer, per ragioni squisitamente politiche.

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Attila perderà l’inchiesta, il Governo pretende la cattura immediata del killer. Titta peggiorerà e persino quell’aria da macho strafottente sembra svanire, pagina dopo pagina, insieme alla speranza di catturare il killer e riabbracciare l’amore.
“Il killer delle maratone” convince e diverte: l’azione è vivace, l’indagine serrata, i colpi di scena inattesi e l’umanità di Attila, che di notte ricorrerà ai super alcolici per stordirsi, genuina.
Foschi riesce nel raccontare con schiettezza un’Italia tanto verosimile da sembrare vera. Anzi no, Igor Attila, e l’Italia raccontata è proprio vera. E’ lo stesso Attila che nasconde l’omosessualità in una delle infinite questure di questo paese. E’ lo stesso Paese che nega diritti e brancola nel buio delle burocrazia e nella morsa dei politici. E’ lo stesso Attila che vive la sua omosessualità in un paese che uccide, ruba e odia ma che ha nel DNA la strafottenza dell’ingegno di chi potrebbe persino catturare il più sveglio tra gli assassini. Insomma qualche speranza per il futuro c’è, e anche molta attesa per l’uscita del quarto episodio delle inchieste di Igor Attila.

di Stefano Bolognini

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