LA MEMORIA DEL “TRIANGOLO ROSA”

Vittime gay, lesbiche e transessuali dello sterminio nazista. Approvata dal Consiglio comunale di Roma una mozione per l'edificazione di un monumento a ricordo.

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4 min. di lettura

di Vladimir Luxuria da “Liberazione” del 10 marzo 2005
E’ stata da poco approvata dal Comune di Roma una mozione (tecnicamente la mozione 20 2004) per l’edificazione di un monumento alla Memoria delle vittime gay, lesbiche e transessuali perseguitate durante il nazifascismo. Le prime firmatarie sono state Patrizia Sentinelli e Adriana Spera di Rifondazione Comunista, si sono poi aggiunti altri nomi del centrosinistra come (tra gli altri) Di Francia, Giansanti e anche Lovari di Forza Italia. L’unico monumento già esistente a Roma con il riconoscimento del tributo in sangue umano pagato dalla comunità omosessuale si trova a “Piramide” (di fronte alla fermata della metropolitana) che in realtà è un po’ nascosto e bisogna andarlo proprio a cercare: si tratta di cinque sagome metalliche con le mani incatenate ognuno con il proprio distintivo a rappresentare le diverse categorie internate nei campi di concentramento, quello gay con il triangolo rosa è il primo a sinistra. Il luogo dov’è ubicato era uno di quelli preposto al raduno dei civili prima di essere spediti nei lager e fu una delle piazze più importanti della Resistenza a Roma.
Simbolicamente il World Gay Pride del 2000 partì proprio da questo monumento prima di raggiungere il Colosseo. Ma con questa mozione c’è stato un passo in più, ovvero un singolo monumento da dedicare ai gay, qualcosa di visibile, di fisico che attesta che la città di Roma riconosce la nostra esistenza seppur per un evento tragico (mi auguro che il monumento abbia una degna collocazione). Se l’evento è storico per la capitale in altre città italiane già da tempo esistono simili monumenti: a Bologna la giunta di sinistra del 1989 fece porre presso i Giardini di Villa Cassarini un triangolo di marmo rosa rovesciato sul prato e più recentemente, il 26 gennaio di quest’anno, in occasione della commemorazione della Quinta Giornata della Memoria, all’interno della Risiera di San Sabba il Circolo Arcigay-Arcilesbica “Arcobaleno” di Trieste ha inaugurato una targa di marmo nero con la scritta “Contro tutte le discriminazioni”.
Nel mondo il ricordo più “monumentale” è sicuramente l'”Homomonument” al centro di Amsterdam, poco distante dalla casa di Anna Frank: sul triangolo di marmo sono scolpiti i versi di un poema di Jacob Israel de Haan: “Un infinito desiderio di amicizia”; il luogo è considerato anche un’importante tappa turistica ed è inserito in tutte le guide ufficiali della città. Anche a Sydney, nella molto gay-friendly Australia, c’è un impressionante ricordo delle vittime gay nel giardino prospiciente la Sinagoga e adiacente al Museo Ebraico. Ma è proprio nei campi di concentramento che le targhe apposte esercitano un forte impatto emotivo: in una fredda giornata invernale innevata mi sono commossa davanti alla piccola scultura sotto vetro a Dachau; simili targhe commemorative si trovano nei lager di Auschwitz e a Sachsenhausen con la dicitura “Colpo mortale, l’estremo silenzio delle vittime omosessuali del nazionalsocialismo”. Dal 1993 a Berlino, sulla Motzstrasse presso la metropolitana, si legge “In ricordo di tutti i locali frequentati dagli omosessuali chiusi a causa delle liste rosa”.
Già… ironia del destino, il “rosa”, il colore più “roseo” che dovrebbe essere simbolo di felicità, speranza, ottimismo… bhè, per i gay perseguitati ha avuto un altro significato: morte per suicidio, per gas, per “impalamento”, per impiccagione, per esperimenti medici pseudo-riabilitativi. Ancora oggi il “rosa” spesso si abbina ai gay, a volte in contesti completamente diversi: in inglese il “pink pound”, la “sterlina rosa” è la moneta spesa dai gay, il potere d’acquisto della cosiddetta lobby omosex. Anche il termine “triangolo” oggi lo si usa di più per denotare un “mènage à trois”, un “numero a tre”, augurandoci con Renato Zero che “la geometria non sia un reato”.
Un’altra piaga tragica per la comunità è stata l’Aids, soprattutto negli anni ’80, e, in modo particolare negli Stati Uniti si sono volute ricordare le vittime con gli “Aid Memorial”: il 1° dicembre 1997 (Giornata mondiale della lotta all’Aids) a Key West sul molo della White street è stata inaugurata una lastra in granito con i nomi delle persone gay scomparse, purtroppo aggiornata di anno in anno, su cui amici, parenti o turisti lasciano mazzi di fiori; a New York sulla Christopher street ogni anno durante la “Candlemarch” vengono lasciate candele accese sull’Aids Memorial.
Ciò che accadrà a Roma non è dunque nulla di rivoluzionario: «L’approvazione di questa mozione – afferma Mauro Cioffari di GayRoma. it – costituisce una vittoria del Movimento capitolino e del nuovo percorso politico inaugurato con l’Amministrazione Veltroni fatto di confronto». Esultano anche Arcigay-Arcilesbica, Arcitrans, il Circolo di Cultura Omosessuale “Mario Mieli” e Dì-Gay Project. Il Monumento ci farà sentire una popolazione che vive in una città che rifiuta istituzionalmente l’ostilità, il razzismo, l’esclusione… quei sentimenti che chi li nutre è come se continuasse nel tempo a dare legittimazione ideologica a chi nel nazifascismo pensò come nostra soluzione finale i campi di concentramento o il “confino”, sia quello geografico (che continuò anche dopo il fascismo con il confino della transessuale fiorentina Romina Cecconi a Volturino, in provincia di Foggia) sia quello sociale.
Purtroppo già prefiguro le scontate e banali reazioni di vari gruppetti omofobi che cercheranno di rovinare la festa per l’inaugurazione o (mi auguro di no ma lo temo) di rovinare lo stesso monumento con atti di vandalismo. Una prossima tappa che in futuro potrebbe impegnare in sinergia il Comune di Roma e le associazioni glbt sarebbe la creazione (perché no?) di un Museo Gay dedicato alla storia del movimento, dell’omosessualità in Italia: ce n’è già uno, lo “Schwule-Museum” proprio a Berlino: un luogo che appartenga a tutti, per iniziative culturali, esposizioni, filmati… corro troppo?

di Vladimir Luxuria

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