"Pur essendo un’atleta non avevo mai ricevuto una medaglia della città". Così l’onorevole Anna Paola Concia ha commentato il riconoscimento ricevuto ieri sera dalle mani di Fiorenzo Alfieri, Assessore alla Cultura della Città di Torino, all’inaugurazione del 26° Festival glbt di Torino presso la Sala 6 dell’UGC Cinema del Lingotto, stracolma di un pubblico caloroso e partecipe.
"Un piccolo riconoscimento a nome mio e del Sindaco" ha spiegato Alfieri. "Una medaglia d’argento che riproduce le porte Palatine e la mappa della città".
L’Onorevole è giunta sul palco mano nella mano con la compagna Ricarda Trautmann, come quando sono state insultate per strada non lontano dalla Camera dei Deputati il 20 aprile scorso.
"Sono un po’ emozionata – ha esclamato l’Onorevole Concia – Torino è al primo posto delle nostre battaglie, questo è un risarcimento importante. Qui tra l’altro vive parte della mia famiglia e anche il Festival ne fa parte".
"Ricarda mi ha detto la seguente frase molto significativa: – ha aggiunto il direttore Giovanni Minerba – Trovo meraviglioso ricevere una medaglia per essere se stessi. Su Facebook, invece, impazzava questo commento: ‘Dimmi tu se il 25 aprile dobbiamo chiedere scusa a una tedesca!’".
È iniziata molto patriotticamente, con stacchetti risorgimentali e coccarde tricolore a gogò, la grande festa del Togay, ospitata per l’apertura nella cornice un po’ asettica e supercommercial del Lingotto – da oggi fortunatamente si torna al Cinema Massimo – riscaldata però dall’entusiasmo dei presenti. Il parterre deluxe degno delle grandi occasioni ha visto tra il pubblico Piero Fassino, Luciana Littizzetto e Gianni Vattimo.
Della bandiera nazionale è stato privilegiato il colore rosso evocato dai capelli dell’ospite musicale, una baldanzosa Noemi paragonata da Giampiero Leo alla Milla Jovovich de "Il quinto elemento". "Ho deciso di tingermeli così proprio dopo aver visto l’opera di Besson ma il film che mi ha cambiato la vita è stato "Il Grande Lebowski’" ha spiegato la cantante romana, laureata in cinema con una tesi sulla spersonalizzazione del corpo nel cinema da Roger Rabbit a Cronenberg.
Presenza d’impatto, la sua, molto empatica nel coinvolgere il pubblico a cantare i pezzi della trascinante acoustic session, dalla swingante "Briciole" all’acclamata "Vuoto a perdere" che ha infiammato la platea.
Si è dunque entrati nel vivo del cineparty con un cartoon belga grazioso e un po’ naif, "Au commencement" di Laurent Leprince, su due spermatozoi gay e iperromantici in fase alleniana di lancio ma travolti da frotte di semenza etero, sulla scia del colorato manifesto disegnato dall’autore dei pinguini omo Gus & Waldo, il genovese Massimo Fenati.
Non ha suscitato particolari entusiasmi "Four More Years" (Altri quattro anni), la blanda commediola svedese diretta dalla regista Tova Magnusson scelta per l’apertura, più per il tema attuale che per la qualità complessiva, probabilmente.
Le schermaglie amorose di un liberale, David (Björn Kjellman, adeguato) reduce da una sconfitta politica e improvvisamente innamorato di un rivale socialdemocratico (Eric Ericson, scialbetto), virano infatti troppo verso il melò – semplificato, tra l’altro – e l’interessante spunto narrativo sul rapporto tra l’omosessualità e le dinamiche del potere – questione pubblica o privata per un politico? – non viene purtroppo approfondito (se fossero stati due astronauti o due fiorai sarebbe stata praticamente la stessa storia!). Così, il meglio del film restano alcuni dialoghi brillanti – strepitoso il coming out con la madre che teme la conversione politica del figlio e la presunta "Sodomia trasversale" pubblicata su YouTube – nonché un ritmo piuttosto fluido che lo rendono accettabile.
© Riproduzione Riservata