Tre anni dopo aver conquistato la critica internazionale con il folgorante God’s Own Country, esordio alla regia premiato con decine di premi e nomination in tutto il mondo, il 51enne Francis Lee torna finalmente al cinema con Ammonite, titolo che avrebbe dovuto prendere parte al Concorso di Cannes 2020, se solo il Coronavirus non avesse spazzato via la Croisette. In cartellone alla 15esima Festa del Cinema di Roma, Ammonite è trainato da una strepitosa Kate Winslet e da un’impeccabile Saoirse Ronan, con ambientazione nell’Inghilterra del 1840, dove la celebre paleontologa Mary Anning lavora in solitudine a Lyme Regis, sull’aspra costa meridionale. Archiviati i tempi delle onorificenze e acclamate scoperte, Mary vive ora in povertà quasi assoluta insieme all’anziana mamma malata, vendendo fossili ai turisti. Uno di questi, il ricco Roderick Murchison, si interessa al suo lavoro e le affida sua moglie Charlotte, in lutto dopo la morte del figlio. Incredibilmente diverse, e inizialmente in conflitto, Mary e Charlotte scoprono la piacevolezza della gentilezza e della presenza altrui, dando forma ad una storia d’amore che cambierà le vite di entrambe.
Paleontologa britannica, Mary Anning è realmente esistita, facendo molti importanti ritrovamenti nel campo dei fossili marini dell’epoca giurassica, tra cui i primi scheletri completi di ittiosauro e plesiosauro. Deceduta nel 1847, la donna ha lasciato poche verità sulla propria vita privata, tanto da permettere al regista inglese di spaziare con la fantasia, pennellando i lineamenti della ‘sua’ Mary Anning, costretta a crescere in una società patriarcale, dove le donne potevano unicamente pemettersi di educare i figli e accudire i mariti, tant’è che molte delle sue scoperte scientifiche non vennero inizialmente neanche riconosciute come sue.
Un discendente della famiglia di Mary ha duramente attaccato il regista, parlando di pura e semplice ‘finzione hollywoodiana’ nei confronti della storia d’amore con la giovane, a suo dire mai verificatasi e da Lee dichiaratamente inventata. Una storia d’amore proibita, vissuta lontana da occhi indiscreti, tra due donne agli antipodi. Kate Winslet, straordinariamente contenuta e al tempo stesso potente nella sua interpretazione che fa sua ogni singola inquadratura, è una donna burbera, solitaria, silenziosa, costretta a crescere alla velocità della luce dopo il decesso del padre avvenuto all’età di 11 anni e la morte degli otto fratelli, che si sono lasciati alle spalle un dolore insormontabile da dover sopportare per la povera anziana madre. Una donna socialmente e geograficamente isolata, che ha cancellato dalla propria esistenza ogni traccia di affetto e intimità, piegandosi unicamente alle fatiche del lavoro, della ricerca, del dovere.
Saoirse Ronan è invece una giovane di buona famiglia, moglie di un ricco uomo che la tratta come un soprammobile di sua proprietà. Sopraffatta dal dolore a causa di un profondo lutto, la ragazza vive rinchiusa in una sorta di campana di vetro, trascinandosi a fatica come se fosse un fantasma. L’incontro casuale tra queste due anime perdute andrà a riaccenderle. Lee, qui anche sceneggiatore, si sofferma sul banale quotidiano, sui piccoli particolari, sui silenzi e sui rumori della natura (quasi inesistenti le musiche), così spietata e pericolosa sulla costa del Dorset. La ricostruzione di un’Inghilterra povera, fredda e sporca è impeccabile, così come l’immagine di un mondo maschilista, che semplicemente cancellava i lineamenti femminili quando costoro osavano farsi strada al di fuori delle proprie quattro mura domestiche. Non a caso il regista ‘cancella’ gli uomini, volutamente, lasciandoli completamente in disparte. Il ricco marito e l’affascinante medico (interpretato da Alec Secareanu di God’s Own Country) entrano ed escono dalle scene in un battito di ciglia, lasciando spazio e tempo alle figure femminili, non più fossili su una mensola ma indiscutibili protagoniste.
Romantico ma al tempo stesso decisamente erotico, con una lunga scena di sesso in cui le due attrici si lasciano andare all’amore fisico senza alcun tipo di inibizione, Ammonite paga una mancanza di ritmo (tanto nella scrittura quanto nella regia) che immancabilmente finisce per appesantirlo, limitandone la visione complessiva e il peso stesso della storia. Amare qualcuno, sembra dire Lee, non significa necessariamente capirlo completamente. Si può amare qualcuno anche dopo essere stati profondamente feriti, si può amare qualcuno anche se profondamente legati ad una solitudine che pare inaffondabile. Si può amare qualcuno a tal punto da resettare la propria esistenza, pur di non doverlo abbandonare mai.
Kate Winslet, perenmemente affaticata nei lineamenti, con le mani e le unghie sporche di terra, i capelli in disordine, il volto struccato e abiti spesso luridi, brilla di luce propria nella sua esplosiva compostezza, tanto da far ombra alla solitamente bravissima Saoirse Ronan, qui inevitabilmente costretta a farle da ‘spalla’, seppur in maniera ineccepibile. La sua bella e giovane Charlotte è ingenua e fragile, ma al tempo stesso impulsiva e trascinante. Splendida anche la 77enne Gemma Jones, anziana e malata madre che ogni giorno lava con cura dei cagnolini di ceramica, indelebili ricordi dei figli prematuramente scomparsi. Il rapporto tra mamma e figlia è algido eppure strabordante rispetto, amore incondizionato.
Le ammoniti del titolo sono dei molluschi cefalopodi estinti, lumache di mare vulnerabili e morbide che per proteggersi dai pericoli dell’esterno si nascondevano in un guscio necessariamente molto duro. Esattamente come queste due donne, così vitali e austere in un mondo quasi unicamente pensato per il sesso opposto, un mondo proibito per quell’amore così inaspettato e magnetico, che entrambe faticano a dimenticare, a nascondere sotto la sabbia. Perché una volta dissotterrato, pulito e finalmente rinominato, un amore così si può solo vivere.