“Non assumerei mai gay”, la Corte di Giustizia UE conferma la condanna a Carlo Taormina

L'ex deputato di Berlusconi aveva rilasciato simili dichiarazioni omofobe nel corso di un’intervista radiofonica con La Zanzara.

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2 min. di lettura

Nel 2014 Avvocatura per i diritti LGBTI – Rete Lenford aveva avviato una causa nei confronti di un noto avvocato ed ex parlamentare, che nel corso di un’intervista radiofonica aveva dichiarato che mai avrebbe assunto nel proprio studio legale persone omosessuali. Il signor Carlo Taormina. Sia il Tribunale di Bergamo, che la Corte d’Appello di Brescia avevano riconosciuto che tali dichiarazioni si ponevano in violazione con la Direttiva europea e la legge italiana di attuazione, che vietano la discriminazione per orientamento sessuale in materia di lavoro. L’ex deputato di Forza Italia disse: “Se la tenga lei l’omosessualità non me ne frega niente, l’importante è che non mi stiano intorno (…). Mi danno fastidio. (…) Parlano diversamente, si vestono diversamente, si muovono diversamente, è una cosa assolutamente… eh… assolutamente insopportabile, guardi. È contro natura. Non assumerei mai gay“.

Ebbene la Corte di Giustizia ha emesso oggi una sentenza con la quale ha chiarito l’ambito di operatività della Direttiva 78/2000 recepita in Italia dal D. Lgs 216/2013, avvalorando l’interpretazione datane dall’associazione. Le dichiarazioni omofobe costituiscono una discriminazione in materia di occupazione e di lavoro se pronunciate da chi esercita, o può essere percepito come capace di esercitare, un’influenza determinante sulla politica di assunzioni di un datore di lavoro. La Corte ha ricordato, a tal riguardo, che la libertà d’espressione non è un diritto assoluto e il suo esercizio può incontrare limitazioni, a condizione che queste siano previste per legge e rispettino il contenuto essenziale di tale diritto nonché il principio di proporzionalità.  Punto. Il tribunale del lavoro di Bergamo aveva ordinato a Taormina il risarcimento di 10mila euro a favore dell’associazione Rete Lanford. La Corte di Giustizia ha ora riconosciuto la legittimazione ad agire dell’associazione.

Questo perché la Corte di Cassazione, a cui il soccombente ha presentato ricorso con ordinanza depositata il 20.07.2018, aveva sospeso il procedimento, ritenendo pregiudiziale l’interpretazione del diritto dell’Unione europea da parte della Corte di giustizia. Il rinvio riguardava due punti: 1) se Avvocatura per il Diritti LGBTI – Rete Lenford, in quanto associazione di avvocate e avvocati possa essere considerata ente rappresentativo di interessi collettivi, tale da essere abilitata ad agire in giudizio per vedere tutelati tali interessi; 2) se possa ritenersi sussistente la violazione della direttiva in materia di parità di trattamento in materia di lavoro, quando le dichiarazioni non facciano riferimento ad una procedura di assunzione effettivamente esistente. Infatti, nel caso per cui è causa, l’intervistato aveva dichiarato che mai avrebbe assunto persone omosessuali, ma non aveva in corso una procedura di assunzione.

L’udienza pubblica si è tenuta il 15 luglio 2019 e il 31 ottobre 2019 l’Avvocata Generale Eleanor Sharpston aveva presentato le proprie conclusioni, escludendo che le dichiarazioni rese dall’avvocato potessero ritenersi “scherzose” e non discriminatorie, come sostenuto dalla sua stessa difesa e dallo Stato italiano, e ritenendo Rete Lenford “esattamente il tipo di associazione portatrice di un interesse legittimo ad agire in siffatte circostanze”.

Il principio affermato dalla Corte europea fissa quindi il criterio guida che deve impegnare tutti i soggetti economici a tutela del buon funzionamento del mercato del lavoro che non tollera discriminazioni in ragioni dell’orientamento sessuale. Inoltre, il diritto dell’Unione accoglie positivamente la norma di diritto nazionale la quale prevede che un’associazione sia legittimata ad agire in giudizio per chiedere il risarcimento dei danni, anche se un individuo leso non è identificabile, dal momento che le dichiarazioni realizzano una discriminazione di natura collettiva.

Rete Lenford ringrazia l’avvocato Alberto Guariso per aver rappresentato l’Associazione e aver seguito il caso sin dal giudizio di primo grado insieme alla socia avvocata Caterina Caput e al socio avvocato Francesco Rizzi.

Foto copertina, Instagram

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Renzo Loi 24.4.20 - 18:34

io pensavo che a casa mia potessi far salire solo chi mi piace. ma pare non sia cosi' o almeno non devo dirlo apertamente che non mi piace.ho capito che bisogna dire : no grazie ora sono occupato. ripassi.e cosi faremo.

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mattvilla75outlookit 24.4.20 - 9:59

sono contento per la condanna, mi auguro che la penale economica che auspico il signore Taormina pagherà sia congrua e rilevante,

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