"Io che sono gnorantone non sò che vuol dire ‘battuage’ e ‘mercenari’. A costo di fare una figuraccia potete spiegarmi?": da questa domanda nel forum sono nate numerose segnalazioni e ulteriori richieste di informazioni su luoghi di battuage (non di prostituzione) a Milano, Cuneo, Brescia, in Toscana. Curiosamente solo l’ultima non ha ottenuto risposta, segno che il battuage è ancora un fatto locale, a differenza magari delle saune o delle discoteche.
Tra gli interventi c’è chi definisce il battuage: "l’atto di camminare in zone (spesso appartate) dove si sa o si spera di incontrare qualcuno con cui passare la serata, insomma la versione ‘nascosta e peccaminosa’ dello ‘struscio’ o delle ‘vasche’ che la gente fa per le vie del centro". Oppure: "francesismo che deriva da ‘battere’. Oggi si batte ovunque, anche di giorno, ma le cosiddette zone di battuage o di cruising (che però è un termine corretto inglese) sono identificate come spiagge, parchi, strade, piazzuole autostradali, ecc., insomma tutti i posti vocati agli incontri sessuali".
Non manca il quindicenne moralista di turno ("sì sapevo già cosa significava ma ora sto vomitando…") che nemmeno attende, prima di rimettere, la descrizione più colorita di un altro: "Spesso si assistono a scene – ammettiamolo – pietose: signorotti in berlina di lusso che tornano a casa pisciati dalla testa ai piedi; giovani e meno giovani che utilizzano la strada per pratiche estreme (scat et similia), e quant’altro".
Chissà quali tremende perversioni celerà quel "quant’altro"! Certo è che del battuage si potrebbe dire tutto e il contrario di tutto: un sistema di incontri antico, per gay che si nascondono e cercano un sesso furtivo per poi tornare a casa (con gli ormoni più tiepidi) dalle rispettive famiglie, squallidamente. Oppure: un sistema di incontri eterno, che non riguarda solo persone dalla doppia vita o specifiche categorie sociali (anzi è uno dei maggiori livellatori in tal senso), permette di fare splendide conoscenze, vivere situazioni sempre diverse e non obbliga nessuno a scopare per forza.
Per conto mio, posso aggiungere di aver visto i luoghi più diversi, nella mia città e in trasferta. In una circostanza sono stato rapinato e in altre ho vissuto situazioni sgradevoli, durante o dopo l’incontro. Ma tutto sommato il bilancio è più che positivo e ripensare a quelle notti – notti che si tendono a liquidare con il petulante interrogativo "Cosa ti rimane?" – riporta alla mente periodi della mia vita, amici con cui li ho condivisi, alcuni personaggi bizzarri e molti amanti, che hanno percorso un piccolo (o grande) pezzo di strada con me.
In particolare, la mia seconda giovinezza – quella del sesso vissuto liberamente – rimane legata a Monte Caprino, il più noto cruising all’aperto di Roma. Questa specie di collina del Purgatorio (che poi sarebbe il Campidoglio), dove si continua a peccare invece di espiare, ha vissuto differenti stagioni: da posto pericoloso dove venivano commessi furti e perfino omicidi, a luogo d’incontro pre e post discoteca, con serate estive affollatissime ai piedi dell’altura e sulle scalinate della chiesa. La sua cattiva fama (per quanto non corrispondesse più al vero) lo portò poi a un inesorabile svuotamento, complici l’affermazione prepotente di altri punti d’incontro all’aperto e i numerosi e sistematici interventi del Comune: recinzioni, cancellate, disboscamenti e soprattutto una maggiore illuminazione. Già, perché pare che i gay, quando battono, riescano a lasciarsi andare solo con vegetazione folta e densa penombra.
Ciononostante il Monte non è morto, ma è diventato forse ancora più bello (molti battuage non sono affatto squallidi, indipendentemente da quello che vi si fa) e proprio questa estate si è verificato un palpabile ripopolamento, nonostante l’ennesima chiusura. Certo, la sua importanza storica impone di preservarlo: spiace pensare il cuore della Città Eterna a rischio crolli, ricoperto di fazzoletti e (a volte) preservativi usati. Ma la Storia la fanno gli uomini e il significato di un luogo sta anche in come esso viene vissuto. Nel nostro caso, se ai turisti già spetta un versante della cima, con la piazza Michelangiolesca, i tre Palazzi e l’affaccio sui Fori, a noi omosessuali rimane l’altro versante, alberato e meno illuminato, ma con un panorama altrettanto bello. E non solo sessualmente parlando.
Flavio Mazzini, trentacinquenne giornalista, è autore di Quanti padri di famiglia (Castelvecchi, 2005), reportage sulla prostituzione maschile vista "dall’interno", e di E adesso chi lo dice a mamma? (Castelvecchi, 2006), sul coming out e sull’universo familiare di gay, lesbiche e trans.
Dal 1° gennaio 2006 tiene su Gay.it la rubrica Sesso.
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di Flavio Mazzini
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