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Si può inizialmente pensare che “K19 The Widowmaker” arrivi buon ultimo in una lunga serie di film ambientati a bordo di sottomarini, da “U-Boot 96” a “U-571”. Lo stesso Harrison Ford era stato già a bordo di una di queste trappole mortali subacquee nell’avventuroso “Caccia a Ottobre Rosso”. Davvero quindi c’era bisogno di un altro film simile, in un filone che offre limitate possibilità di variazioni sul tema ? La risposta arriva solo vedendo “K19”, ed e’ decisamente si.
Siamo nel 1961, nel periodo più teso della Guerra Fredda che contrapponeva i due blocchi Americano e Sovietico. I grandi capi del Cremlino vogliono far vedere ai nemici capitalisti che la loro difesa militare dispone di un nuovo, temibile strumento: un sottomarino in grado di lanciare testate nucleari. I tempi stringono e i piani non possono subire ulteriori ritardi. Poco importa se il sottomarino a propulsione nucleare scelto per la missione ancora non e’ pronto e operativo al 100 %. Il Comandante Polenin (Liam Neeson) viene messo agli ordini del nuovo Capitano Vostrikov (Ford). La missione deve essere compiuta nel più beve tempo possibile, non c’e’ spazio ne per ritardi ne tantomeno per errori. Al varo del sottomarino la tradizionale bottiglia lanciata contro lo scafo neanche si rompe, brutto segno. Il K19 già e’ soprannominato ‘il fabbricante di vedove’. Il lancio del missile test dal Mare Artico riesce ma una ben più grave minaccia si manifesta di li a poco: il reattore nucleare che fornisce propulsione al sottomarino ha una falla interna che non può essere riparata in mare aperto. La temperatura del nucleo comincia a salire, velocemente e inesorabilmente, quando il natante e’ al largo delle coste americane, troppo lontano per poter rientrare in tempo. La fusione del nucleo provocherebbe un’esplosione nucleare che certamente verrebbe interpretata dagli USA come un attacco balistico intenzionale: la rappresaglia atomica sarebbe immediata. A bordo del sottomarino l’imperativo e’ impedire che questo accada. A qualunque costo.
La cosa che più fa venire i brividi vedendo questo film e’ che la storia non e’ inventata. Certo ci sono licenze narrative e concessioni allo spettacolo ma il nocciolo della vicenda e’ reale, ed e’ stato reso noto solo dopo la caduta del Muro di Berlino: in quelle drammatiche ore del 1961 il mondo fu davvero incredibilmente vicino al disastro nucleare globale. La regista Kathryn Bigelow (“Strange Days”), donna abituata a muoversi in cine-territori normalmente frequentati dai suoi colleghi maschi, ha costruito su questa storia un film intenso e appassionante, potendo poggiare su una robusta sceneggiatura firmata da Christopher Kyle che, seppur illustrando l’eroismo dei militari coinvolti, non cade mai nella trita retorica del “tutto per la patria”. Anzi, ci porta a bordo del marchingegno mortale facendoci conoscere l’equipaggio e mostrandoci chiaramente che mentre questi Signor Nessuno morivano per le radiazioni e davano la vita cercando di evitare il peggio, i loro superiori se ne stavano al calduccio nei loro palazzi, pensando alla carriera e sperando che le loro responsabilità e incompetenze non venissero a galla. “K19” e’ un onesto, emozionante e ben fatto film di guerra (fredda) realizzato con impegno e passione e sia la regista che il protagonista principale sono coinvolti anche in qualità di produttori, segno evidente che il progetto stava loro a cuore, il che e’ evidente nei risultati.
Impossibile non menzionare anche l’eccellente cast di supporto, da Peter Saarsgard (“Boys don’t cry”) a Christian Camargo, nomi poco noti ma che fanno veramente vivere sullo schermo i loro sfortunati personaggi. Non tutti, ma molti di coloro che erano a bordo di quel sottomarino maledetto persero la vita. Quando il film e’ stato presentato in Russia i veri sopravvissuti, invitati a vederlo in anteprima, hanno pianto, travolti dall’emozione di rivivere ancora una volta il momento più doloroso e allucinante del loro passato. Per loro c’era il peso dei ricordi, per tutti gli altri spettatori – che a bordo non c’erano – c’e’ adesso questo film, ed e’ uno di quei film belli ma non divertenti, che ti rimangono dentro anche dopo la visione, come “A prova di errore”, come “Urla del silenzio”, come “Philadelphia”, come “Schindler’s List”.
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