Billy Elliott ha undici anni, un compagno di scuola che si traveste da donna, gli fa la corte, gli dà bacetti sulle guance, e un’amichetta che per sedurlo gli propone di mostragli la patatina. Ma per lui non è ancora tempo di scelte sessuali, la sua battaglia è un’altra: diventare ballerino. E non è una battaglia da poco visto che il ragazzo è nato e cresciuto in un villaggio minerario della contea di Durham nel nord dell’Inghilterra. Siamo nel 1984, anni di thatcherismo duro. Le miniere non sono più redditizie: si licenzia, si chiude, si ristruttura. Padre e fratello di Billy sono minatori in sciopero, picchettano la miniera, ingaggiano scontri sanguinosi con la polizia. Lui in questo ambiente proletario, che sa di birra e di sudore, viene mandato a lezioni di boxe. Ma di nascosto segue un corso di danza. E quando la famiglia, già incazzata, e affamata, per come stanno andando le cose in fabbrica, scopre il segreto di Billy scoppia un casino nero.
Ma il ragazzino, testa dura, urla in faccia al padre che la danza non è roba da finocchi e che quello sarà il suo futuro: l’avrà vinta.
"Billy Elliot" del regista Stephen Daldry, è da due mesi campione di incassi in Inghilterra, ha uguagliato il successo di "Full Monty", ha incominciato a veleggiare trionfalmente negli Stati Uniti e a gennaio sarà nelle sale italiane. Nei giorni scorsi ha aperto in anteprima, a Roma e a Torino, il nuovissimo festival "Sottodiociotto" dedicato ai ragazzi delle scuole.
E’ un film di cui ci si innamora. Perché la lotta di Billy contro pregiudizio e intolleranza cattura. Perché Jamie Bell, il giovanissimo protagonista, è un attore che ti conquista con la sua faccia testarda con i sorrisi ingenui e maliziosi insieme. Daldry, applaudito regista di teatro, qui al suo primo film, va ad aggiungersi a buon diritto alla nutrita schiera della nuova creatività inglese insieme a Sam Mendes il regista di "American Beauty", Matthew Bourne il coreografo del clamoroso "Lago dei cigni" gay, Irvine Welsh l’autore di "Trainspotting", Peter Cattaneo, il regista di "Full Monty". Sono magistralmente disegnati i caratteri: la nonna svanita, padre e fratello di Billy, due macho proletari tutti miniera, boxe e birra. Le cariche di polizia, gli assalti ai bus dei crumiri hanno un taglio aggressivo e nervoso e insieme un respiro epico. Le case di mattoni rossi, le strade grigie sono accarezzate con uno sguardo affettuoso.
Sorge appena il sospetto che si giochi un po’ troppo con i sentimenti. Quando Billy recita a memoria la lettera che la madre gli ha lasciato prima di morire. Quando il padre sceglie di fare il crumiro perché mancano i soldi per mandare Billy all’audizione a Londra: lo scontro fra padre e fratello sulla grigia spianata della miniera è un po’ troppo melodrammatico. Ma la danza che il ragazzino improvvisa a muso duro davanti al padre per convincerlo è un assolo rabbioso che mescola lo stile classico alla popolare giga celtica di irlandesi e scozzesi. E la danza diventa qui un elemento drammaturgico decisivo.
Lo stesso succede durante l’audizione di fronte ai sussiegosi esaminatori della Royal Ballet School. La commissione resta sconcertata dal suo stile poco ortodosso. Ma quando gli chiedono che cosa prova mentre danza, lui risponde: "Mi sembra che il mio corpo non esista più. Mi sento pura elettricità".
Quindici anni dopo padre e fratello vanno a Londra per assistere al debutto di Billy nel primo ruolo da protagonista. E, sorpresa, siamo alla prima mondiale del "Lago dei cigni" gay di Matthew Bourne. Ma allora è vero che la danza è roba da finocchi? E chi lo sa? Billy da grande è impersonato da Adam Cooper, lo strepitoso cigno del "Lago" di Bourne, quello che fa innamorare il principe e semina seduzione dappertutto. Nella vita reale Adam Cooper è sposatissimo con la ballerina del Royal Ballet Sarah Wildor. Chissà quale sarà stata la scelta di Billy?
di Sergio Trombetta
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