A sei mesi dal primo storico Pride, andato in scena l’8 settembre scorso a Sarajevo, la Bosnia ed Erzegovina ha finalmente compiuto un primo piccolo passo verso il riconoscimento delle relazioni tra persone dello stesso sesso.
Secondo quanto riportato da Balkan Insight, una delle due entità politiche semi-autonome del Paese, la Federazione, elaborerà presto una legislazione per regolare i diritti delle coppie dello stesso sesso. La Federazione ha infatti approvato un gruppo di lavoro interdipartimentale per produrre una legge ad hoc, con Sead Lisak, presidente del gruppo, che ha confermato una prima riunione entro fine aprile. Il gruppo nasce come riposta alle richieste delle coppie LGBT che avevano registrato le proprie unioni all’estero. Come accaduto in Italia, il governo potrebbe aprire alle unioni civili, per poi eventualmente sposare il matrimonio tra persone dello stesso sesso.
Nel luglio del 2016 il Parlamento ha adottato un emendamento di legge per la modifica delle leggi antidiscriminazione esplicitando il divieto di discriminazione basato sull’orientamento sessuale, l’identità di genere e le caratteristiche del sesso. In un sondaggio del 2017, il 13% degli intervistati in Bosnia-Erzegovina era a favore del matrimonio egualitario, mentre l’84% si diceva contrario. Un altro sondaggio effettuato lo stesso anno, ma con le persone LGBT protagoniste, vedeva il 69% degli intervistati preoccupati nel presenziare ad eventi pubblici o stare in spazi pubblici, con il 32% dei gay e il 17% delle lesbiche che aveva confessato di aver subito violenza a causa del proprio orientamento sessuale.
L’anno scorso oltre 1.000 agenti di polizia sono scesi in strada per proteggere il primo storico Pride bosniaco, fortemente criticato dalla destra e da diversi gruppi religiosi. Samra Cosovic-Hajdarevic, deputata del Partito dell’azione democratica (SDA), l’aveva definita un’idea “terribile”, volta a “distruggere il Paese e il suo popolo”. A suo dire le persone LGBT + dovrebbero essere “isolate e allontanate il più possibile dai nostri figli e dalla società”.
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